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Sala: “Sì al nuovo stadio, ma niente regali. San Siro? Parliamone insieme”

Giuseppe Sala, Sindaco di Milano (credits: GETTY Images)

Giuseppe Sala, sindaco della città di Milano, nell'intervista rilasciata alla "Gazzetta dello Sport" ha parlato ovviamente del progetto del nuovo stadio

Salvatore Cantone

NEWS MILAN - Giuseppe Sala, sindaco della città di Milano, ha rilasciato una lunga e interessante intervista alla Gazzetta dello Sport. Ecco le sue parole: "Soddisfatto dell'opinione dei tifosi? Direi di sì, ma certamente non c’è da cantare vittoria. Vittoria sarà quando saranno contente entrambe le parti. Mi pare che cercare una soluzione che permetta a San Siro di non essere abbattuto sia una cosa condivisa dalla maggior parte della cittadinanza. È il più importante risultato del vostro sondaggio".

Milan e Inter si attendevano forse un’accoglienza più entusiastica al progetto...

"Quando mi dicono “Non sei contento? Mettiamo 1,2 miliardi e diamo tanto lavoro”. Io rispondo sì, nella misura in cui si costruiscono cose di cui la città ha bisogno. A oggi sono già stanziati 12-13 miliardi di investimenti immobiliari su Milano e non abbiamo la necessità di prendere tutto ciò che ci si offre. Possiamo dirigere e gestire gli investimenti. E io capisco perfettamente le società che puntano ad aumentare i ricavi da stadio, ma mi resta un dubbio. Si parla di stadio oppure di una operazione immobiliare che va molto al di là dello stadio?".

Primo oggetto del contendere: i volumi delle aree commerciali destinate a finanziare il progetto. La posizione del Comune non è un po’ rigida?

"Io devo trattare le squadre di calcio né meglio né peggio di qualunque altro operatore immobiliare. Il nostro Piano di Governo del Territorio prevede un indice di 0,35 più le funzioni accessorie. Detto ciò, con lo 0,35 offriamo 90 mila metri cubi, a cui si vanno ad aggiungere tutti i volumi ad altra destinazione, come lo spazio auditorium che rientra nella funzione pubblica. Abbiamo altri terreni in zona: oltre al commerciale, che è più utile ai residenti, vogliono un hotel? Si può fare a 400 metri di distanza. La mia fermissima convinzione è che ciò che offriamo non sia per niente poco e permetta di edificare molto".

Secondo punto critico, la “rifunzionalizzazione” del Meazza. Parola un po’ misteriosa...

"Riconosco che il termine rifunzionalizzazione non è chiaro. Di fatto, io chiedo se esiste la possibilità, sostenuta da economics di buon senso, di trasformare l’attuale San Siro in un impianto più piccolo, mantenendo per esempio solo il primo anello. La crescita del calcio femminile, l’attenzione dei tifosi verso le giovanili, possono creare il bisogno di una “arena civica”. Utile alle squadre che oggi sono costrette a giocare fuori città. Quello che non so, e chiedo alle società, è se in termini di investimento sia una follia o sia gestibile. Non l’abbiamo studiato. Il vero punto è: quanti soldi ci vogliono per riportare San Siro a una gestione sostenibile? E’ una domanda a cui forse nemmeno le società sanno rispondere".

Loro sostengono che costi tanto, troppo.

"Ma mi facessero vedere uno studio che dica: ci vogliono 350 milioni. A quel punto io direi “Ho capito, basta”. Verifichiamolo insieme, diamo l’incarico a qualcuno. Non voglio convincere nessuno, ma occorre massima trasparenza".

Sicuramente costerà più che abbatterlo. Già il progetto prevede un impianto da 600-700 milioni. Si può incrementare una spesa così ingente?

"Ecco un altro punto di cui parlare. Il Wanda Metropolitano è costato 270 milioni, il progetto dello stadio della Roma, che mi pare un super-stadio, è da 350. A occhio, quello di Milan-Inter è un impianto con costi mai visti. Mi chiedo se non si possa fare qualcosa di più contenuto, mantenendo una seconda arena dedicata allo sport. A Milano siamo alla ricerca di sviluppo, ma di sviluppo sostenibile, e di cose ben fatte. Il mio è un dubbio. Dico: discutiamone".

Queste condizioni, secondo i suoi critici, rappresentano un “no mascherato”...

"Niente affatto. Se San Siro fosse un quartiere senza problemi potrei farmene meno io. Ma visto che ne ha, non voglio farmi sfuggire l’opportunità di migliorare la zona per chi vive lì. Però questo è un progetto che prenderà tanti anni e le proprietà dei club sono solide ma probabilmente temporanee. Io non lo discuto, arrivo dal mondo delle aziende e so cosa fa un fondo di private equity. Non c’è nulla di male. Ma io sto affidando lo sviluppo di un quartiere a un soggetto che in futuro potrebbe essere “altro”. Si può rendere tutto fattibile, in tempi più brevi, con un investimento minore che faccia felici tutti?".

Non ha paura di passare per quello che ha bloccato il nuovo stadio di Inter e Milan?

"Una minoranza dei tifosi può pensare che li stiamo ostacolando, ma io come amministratore responsabile devo tutelare il patrimonio affidatomi. Oggi con San Siro ho un impianto che è valutato 100 milioni e il Comune incassa, malcontati, una decina di milioni di affitto. In futuro avrei zero di affitto per 30 anni e un impianto che diventerebbe nostro dopo 90 anni, quindi praticamente mai. Passerei a zero di patrimonio e zero di affitto. Se seguo le richieste dei club senza fare una piega sono un buon amministratore? E mi resta il dubbio che verrebbe anche la Corte dei Conti a prendermi per il “coppino”, dicendomi che sto buttando via un patrimonio. Se mi batto non è per vezzo o perché vado a San Siro da quando avevo i pantaloni corti con mio papà, ma per il mio ruolo".

Preoccupato per la prospettiva del piano B, e del trasferimento a Sesto?

"Non posso che pensare che se andassero a Sesto sarebbe qualcosa di estremamente sbagliato, ma poi decidono loro. La proprietà cinese dell’Inter, che ha fatto un investimento a lungo termine, passerebbe alla storia per essere quella che dopo cento anni ha trasferito lo stadio dei nerazzurri a Sesto. Ma se i club mi rispondono che lì gli regalano tutto, c’è poco da fare. Allargherei le braccia di fronte a una decisione che non posso impedire".

Ma a quel punto San Siro diventerebbe un problema serio per il Comune di Milano. Un costoso scatolone vuoto a rischio degrado. Che farebbe?

"Diciamolo: il trasferimento a Sesto sarebbe un guaio per entrambe le parti. Come sindaco rimarrei col “cerino in mano” di San Siro. Ma ci sono soluzioni nell’ambito della legge: allora lancerei io un progetto, non certo speculativo, di riurbanizzazione dell’area. Perché quella è una zona molto interessante, in cui abbiamo fatto investimenti e portato la metropolitana. Questo fa sì che sia un’area di grande valore potenziale".

Prossimi passi? Si aspetta il parere della Soprintendenza?

"Le Belle Arti danno il loro parere quando vedono un progetto. Quello attuale è un parere preliminare difficile da dare senza un progetto definitivo. Prima dobbiamo parlare coi club. Se non vogliono nemmeno considerare l’ipotesi di recuperare il Meazza ce lo dicano. Non sarò contento e mi tengo il problema di San Siro. Ma vediamo insieme un progetto: se è una follia dal punto di vista economico-finanziario io non voglio far fare follie a nessuno. Il primo punto è prendersi un paio di mesi per fare una verifica del genere. Poi tempi successivi si possono abbreviare, tanto più che la mia maggioranza ha già dato segno di seguire la mia linea. Se si passa dal dialogo fra avvocati al dialogo fra tecnici si possono trovare soluzioni".

I tavoli ci sono?

"Non ci sono, ma io vorrei che ci fossero domani mattina. È una questione talmente rilevante che sono disposto a sedermi io stesso al tavolo. Per dialogare non con le lettere, ma guardandosi in faccia".

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