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Milan, Gabbia si racconta: “Maldini il mio idolo. Ibra è un calciatore iconico”

Milan, Gabbia si racconta: “Maldini il mio idolo. Ibra è un calciatore iconico”

Matteo Gabbia, difensore del Milan, ha rilasciato delle belle dichiarazioni: ecco la lunga intervista del calciatore classe 1999

Enrico Ianuario

Intervenuto ai microfoni di 'Cronache di spogliatoio', Matteo Gabbia ha rilasciato una lunga intervista. Queste le parole del difensore del Milan.

Sui ricordi di San Siro da piccolo: “È stata un’emozione fantastica quella di poter entrare allo stadio quando ero piccolo, era il mio sogno vivere la partita da tifoso con i miei nonni e mio cugino. È stato speciale, lo porterò sempre nei miei ricordi. Non ho una partita che mi ricordo perché ero davvero molto piccolo, ma ci sono diversi momenti impressi nella mia mente: la cosa che mi emozionava tantissimo ogni volta era quando passavi i tornelli, iniziavi ad entrare nello stadio e vedevi il campo. Si iniziava a sentire quell’odore di erba del campo, era qualcosa di fantastico e unico”.

La prima partita che ricorda: “È stato un Milan-Fiorentina dove il Milan vinse con diversi gol di scarto, e me lo ricordo perché i tifosi della Fiorentina tirarono delle uova contro il pullman con cui io e i miei nonni andavamo allo stadio, è un ricordo che c’entra poco con la partita, io ero molto piccolo e questa cosa al momento mi ha fatto anche sorridere. È stata una cosa simpatica”.

La prima maglia del Milan: “La prima maglia da bambino la conservo ancora a casa, per me è come un cimelio. Ci sono molto affezionato: me la regalarono i miei genitori, era una maglia di Shevchenko. Ogni volta che era pulita o non troppo sporca la mettevo per giocare nel cortile di casa mia o all’oratorio. Era sempre bello indossare la maglia del Milan”.

In che occasione gli è stata regalata: “Sì, mi è stata regalata per il compleanno. Ero contento. Magari a differenza di altri bambini che volevano un gioco quella maglia mi rese stra felice”.

Se andava allo stadio con i nonni: “Con i miei nonni mi ricordo i pre partita, quando si giocava la sera e quindi io e mio cugino ci ritrovavamo prima a casa dei miei nonni e mangiavamo un toast, poi arrivava il pullman all’incrocio e andavamo a San Siro. Era qualcosa di stupendo, erano tempi diversi: i bambini potevano entrare con molta più facilità, lo stadio era sempre stra pieno e il Milan era tra le squadre più grandi al mondo. Era un sogno poter andare allo stadio e vivere una cosa così bella con la propria famiglia”.

Quale vittoria si ricorda maggiormente: “Mi ricordo bene la finale del 2007, fortunatamente mi ricordo meno quella di Istanbul di due anni prima perché ero piccolo, avevo solo sei anni. Quella di Atene me la ricordo molto bene: eravamo a casa e ci vedemmo la partita tutti insieme e fu davvero molto emozionante. Fu una rivincita, è stato bello. Speriamo che questi momenti possano tornare nel minor tempo possibile”.

Sul calcio nella sua famiglia: “Sono cambiate tante cose, inizialmente parlavamo in maniera molto diversa, da tifosi. Adesso essendo in prima persona in questo ambiente ci sono cose che sono cambiate, ma le cose che dico sono sempre le stesse. Mia nonna mi dà tanti consigli perché mi vuole bene, mi fa da mangiare cose fantastiche sempre perché mi vuole bene (ride, ndr) e io sono contento di andare lì e di passare del tempo con lei, sono immagini e figure molto importanti nella mia vita”.

Cosa vuol dire per Gabbia crescere e giocare nel Milan: “Io penso che per un ragazzo, soprattutto molto giovane come potevo essere io a 14 anni, crescere nel Milan è sia un sogno che una responsabilità. Bisogna avere l’intelligenza di capire che ogni giorno va meritato di essere in una società così gloriosa e prestigiosa. Il fatto di aver fatto le trafile giovanili e di essere ora in Prima Squadra è un motivo di orgoglio per aver fatto ed essere migliorato in tutti gli step. Spero che la mia crescita possa continuare nel miglior modo possibile, con questa maglia sempre addosso e spero che possa essere il più lunga e rosea possibile”.

Cosa gli ha dato il Milan in termini di valori: “Penso che essere in una società come il Milan ti trasmetta molto sia dal punto di vista calcistico, come può essere la costanza, la precisione e la puntualità, ma penso che essere in un ambiente così con persone molto valide come tutti gli allenatori che ci sono nel settore giovanile, penso che ti insegnino molto come condivisione, ti facciano capire che la condivisione è importante e che ognuno è importante. Ci sono dei valori che vanno rispettati e se c’è una cosa che il Milan ti insegna è proprio il rispetto per tutte le persone che ne fanno parte”.

Un aneddoto sulla sua prima convocazione: “Qua al Milan c’è un personaggio che tutti noi chiamiamo Rambo, uno della sicurezza. È simpaticissimo e buonissimo, fa molto ridere. Ma ti mette sempre un po’ in soggezione: era la mia prima partita con la Prima Squadra, ero stato convocato ed ero molto timido, non sapevo come pormi con le persone che avevo di fianco. Inizia il ritrovo per poi partire e andare allo stadio, io mi presento 20 minuti prima. Lui mi guarda e mi fa: “Tu chi sei, cosa ci fai qua? Non devi salire nel pullman” Io tutto preoccupato gli rispondo: “Guarda, oggi sono convocato” e lui: “No tranquillo, stavo scherzando. Oggi puoi andare”. (ride, ndr). In quel momento lì mi ha messo in un imbarazzo incredibile, ma adesso ho un buonissimo rapporto. Mi ha aiutato tanto anche in quest’ultimo periodo in cui sono qua con più continuità. Tutte le persone che lavorano a Milanello sono speciali, penso che il rispetto vada dato a tutti, dai giardinieri al Mister”.

Sui momenti che porterà sempre con sé: “Ho tanti momenti che mi porto dentro, che sicuramente mi hanno aiutato nei momenti in cui ho giocato sia di più che di meno. Ho conosciuto tante persone, Borini, Biglia, Kjaer, Romagnoli, Calabria… Tantissimi giocatori che in molti momenti mi hanno aiutato, mi hanno dato un consiglio, mi hanno detto come affrontare una determinata situazione. Credo che il gruppo in questa squadra sia un qualcosa di fantastico e credo che poi si veda la domenica”.

Sul cambio di ruolo: “È stata una cosa molto utile, ma non nego di aver avuto delle difficoltà. Ero un ragazzo ed accettare il fatto di cambiare ruolo, da centrocampista che a me piaceva molto, a difensore non è stato facile. Ho avuto momenti in cui magari non ero sicuro, infatti alcuni allenatori del Settore Giovanile mi hanno spronato tanto a cambiare ruolo. Con Filippo Galli magari tante volte ho discusso dicendo che non mi piaceva e non ero convinto, ma lui ha sempre creduto in me e mi ha detto: “Guarda, secondo me questo è il tuo futuro”. È stato così, aveva ragione. Sicuramente mi ha aiutato tanto per capire certe situazioni di gioco e per sveltirmi dal punto di vista tecnico. È un percorso che mi ha fatto crescere, sono contento di averlo fatto”.

Sul suo esordio: “È stata una giornata dove avevo molto speranza, ero molto speranzoso. Avevo capito che ci fosse la possibilità di fare i primi minuti in Prima Squadra e quindi ero molto euforico. Mi ricordo che a fine primo tempo Locatelli, che giocava come play davanti alla difesa, mi disse: “Matte stai pronto perché altri 15-20 e poi esco”. In quel momento ho capito che avrei avuto la mia occasione. Quando sono entrato in campo è stato bellissimo, un sogno che si realizzava. Ovviamente mi sarebbe piaciuto fare la prima a San Siro però poi sono stato contento che sia arrivata dopo. In quel momento lì ero un po’ dispiaciuto perché non sai cosa potrebbe succedere, però è stato un momento fantastico. Subito dopo la partita ho chiamato i miei genitori, gli ho fatto vedere che ero felice e che avevo raggiunto il mio sogno”.

Sul debutto contro il Torino: “Non me lo aspettavo minimamente, perché c’era stato quel momento in cui il mister aveva chiamato Musacchio e quindi in teoria sapevo che non sarei dovuto entrare. Poi Mateo ha detto di aver avuto un problema al polpaccio, allora il Mister si è girato e mi ha detto: “Dai Matteo, entra tu”. Era inverno, io ero vestito completamente. In tre secondi ho tolto tutto, ho tolto il giubbotto senza neanche aprirlo (ride, ndr), ho tolto i pantaloni: volevo fare il più veloce possibile per dare una mano alla squadra e non lasciarla con un uomo in meno. Penso che ci fosse un angolo a sfavore, per non lasciarli con un uomo in meno ho cercato di fare il più veloce possibile, era una cosa non tanto dettata dall’emozione ma dal volermi mettere subito in campo per aiutare i miei compagni. È stato fantastico. Poi fortunatamente c’era ancora il pubblico, è stata un’emozione ancora maggiore”.

Se è vero che la nonna ha smesso di guardare le partite: “Sì, me l’ha detto dopo la partita quando sono tornato a casa, lei era ancora sveglia e mi ha detto che non riusciva a dormire. Mi sono messo lì e le ho detto di stare tranquilla e che era andato tutto bene”.

Sul selfie ad Old Trafford davanti la maglia di Ibra: “Eravamo andati ad Old Trafford con la Nazionale U18 per fare due amichevoli in Inghilterra. Abbiamo giocato la prima amichevole, e dopo il mister della nazionale, che era Nicolato, ci disse che saremmo andati a fare una visita all’Old Trafford. Quando siamo andati negli spogliatoi tutti noi ragazzi abbiamo fatto le foto con le maglie, mi ricordo che l’avevo fatta con la maglia di Zlatan perché aveva giocato al Milan e perché comunque è un giocatore iconico, un campione. E la misi su Instagram dopo la partita col Cagliari, il prima e il dopo, mentre ci abbracciavamo. Lui mi ha risposto alla storia dicendomi “Top, sei grande”, qualcosa così”.

Alcuni anedotti su Ibrahimovic: “Zlatan è uno che te ne dà di aneddoti. Posso raccontare di tutte le botte che prendi da lui quando giochi in allenamento e che ti fa piacer prenderle. Perché è bello confrontarsi con lui. Sai che ti fai male ma sai che migliori. E’ speciale giocare contro di lui in partitella perché ti porta ad un livello superiore. E’ una sofferenza necessaria che ti porta a migliorare. Da quando è arrivato, ha fatto sì che tutti noi riuscissimo ad alzare il livello. Lui con il mister ha cambiato molto la mentalità. Quando in campo ti dice qualcosa, ha un valore speciale”

Sul rapporto con i suoi compagni di reparto: “Abbiamo un bellissimo rapporto. Siamo tre ragazzi giovani come me, Tomori e Alessio più Simon che è un ragazzo esperto. Ci vogliamo bene, c’è competizione e ci alleniamo sempre bene. Ci parliamo e ci diamo consigli. Simon spesso quando facciamo le partitelle mi dà alcuni consigli sul posizionamento avendo molta esperienza ma davvero è un bel gruppo di difensori centrali e sono contento di farne parte. Speriamo che questa stagione, dal punto di vista difensivo, ci faccia risaltare”

Cosa significa per Gabbia indossare la maglia del Milan: “Indossare la maglia del Milan è speciale. Quando entri a San Siro e vedi l’affetto dei tifosi, ti fa capire che sei in una società importante e ambiziosa. Da piccolo andare in giro da tifoso con la maglia del Milan era un motivo di orgoglio e di vanto perché era la squadra più titolata al mondo. Io lo facevo spesso”

Come è riuscito ad andare a scuola e fare il calciatore: “È stato molto difficile, I miei genitori sono stati sempre molto esigenti con me sul finire un impegno che era molto importante. Abbiamo cercato di restare concentrati e focalizzati sul finire la scuola anche se le assenze erano tante. Sapevamo che faceva parte del mio futuro e finire le scuole è un motivo di orgoglio. Credo che anche se una persona voglia fare il calciatore, debba avere una giusta istruzione per poter convivere con le persone che ti circondano. Portare la mia esperienza al Liceo mi ha fatto piacere perché si può convivere con i due impegni e avere soddisfazioni anche in ambito scolastico”

Su quando ha capito di essere passato da tifoso a idolo: “C’è stato un momento dopo l’arrivo di mister Pioli in cui ho giocato alcune partite con continuità. Sono andato in Puglia con la mia fidanzata in vacanza ed eravamo in un locale e un paio di tifosi del Milan mi hanno chiesto una foto e un autografo. Da lì si è sparsa la voce ed è arrivata molta più gente e lì ho vissuto un qualcosa che non avevo ancora vissuto. Il mio percorso è ancora lungo e non mi fermo all’idea di essere arrivato. Serve dedizione per arrivare dove voglio”

Sul Milan attivo sul sociale: “È sicuramente bello. Essere in una società che dal punto di vista sociale è attiva, è un motivo di orgoglio. Il Milan è un punto di riferimento per tutte le società di italia e spero che queste iniziative possano essere di buon auspicio per far sì che anche le altre società facciano dei movimenti di questo tipo”

Se si sente il peso di rappresentare un club tifato in tutto il mondo: “Assolutamente. Quello che ha fatto Fondazione Milan con questa seconda maglia è molto importante. Il Milan è conosciuto e tifato in tutto il mondo e esportare questi valori è molto importante”

Se ha avuto dubbi di non farcela: “Sicuramente il percorso non è stato facile. Ho avuto un esperienza in C dopo la Primavera con il Milan che mi ha lasciato molte cose. Sono felicissimo di aver vissuto situazioni che mi porterò dentro tutta la vita. Penso che sia stato l’anno che a livello calcistico e umano mi ha lasciato di più. Mi ha fatto vedere che oltre ai soldi e alla fama ci sono tanti giocatori bravi e che lavorando duramente per raggiungere obbiettivi che non sono riconosciuti come una nostra vittoria o un nostro gol. Ci mettono lo stesso impegno e la stessa dedizione e vivere una categoria come la C, mi ha fatto capire quanto sia importante meritarsi ogni giorno di stare in una società come il Milan. E’ stata la mia prima esperienza fuori da Milano e da un ambiente protetto come quello del settore giovanile e mi ha fatto capire che le cose vanno sudate e meritate. La costanza nella quotidianità è la cosa più importante per avere una carriera ricca di successi”

Un discorso che lo ha colpito: “Un discorso molto bello è stato quello che mister Pioli fece l’anno scorso prima dell’ultima giornata con l’Atalanta. Ci ricordò quanto avevamo corso e faticato, quanto avevamo insistito per vivere questa partita fondamentale per raggiungere il nostro obbiettivo che era la qualificazione in Champions. Ha preso ognuno di noi e ci ha ricordato quanti chilometri avevamo corso e dove saremmo arrivati se fossimo partiti da Milano. Fortunatamente al suo discorso è seguita una bella vittoria che ci fa vivere quest’anno la Champions da protagonisti. Giocare la Champions è il sogno di ogni ragazzo. Penso che ci sarà un po’ d’ansia e emozione ma dobbiamo viverla con la giusta spensieratezza e convinzione. Siamo arrivati con merito ai gironi di Champions e stare tranquilli e affidarci alle nostre qualità”

Sul suo idolo: “Avevo un idolo che era Maldini. Mi è piaciuto moltissimo Thiago Silva ma anche Gattuso e Inzaghi. Quella era una squadra fortissima. Incontrare Maldini è stato emozionante e anche vederlo ora mi dà emozioni molti piacevoli”

Sul momento più bello e più difficile nel settore giovanile: “Il momento più bello è quando sono arrivato. E’ stato un sogno che si realizzava. Ho fatto i primi due allenamenti dove guardavo tutti i vestiti dell’allenamento, che compravo solo un anno prima. Vivere la quotidianità del Vismara è stato bellissimo. Il momento più difficile è stato del prestito in C che ti fa capire che la prima squadra va meritata e che devi vivere certe difficoltà che sono stato fortunato a vivere con il senno di poi. Oggi sono nella squadra che tifo". Intanto il Milan sul calciomercato vuole anticipare l'arrivo di Yacine Adli. Il punto.

 

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