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Van Basten: “Il calcio era la mia vita. Sacchi? Gentile e ottimo allenatore”

Marco van Basten (ex attaccante AC Milan) | AC Milan News (Getty Images)

Van Basten ha rilasciato delle parole sul suo addio al calcio, sul confrontro tra Cruijff e Sacchi e cosa non è andato nella sua carriera da allenatore

Enrico Ianuario

Van Basten: "La caviglia non mi permetteva di fare nulla"

Marco Van Basten, ex attaccante di Ajax e Milan, ha rilasciato un'intervista a 'El Pais' dove ha raccontato alcuni momenti della sua carriera da giocatore. "Giocare a calcio era la mia vita. Ma all'improvviso, dopo un operazione apparentemente semplice, dovetti ritirarmi. Non era solo molto difficile accettare che non avrei giocato, è stato difficile andare avanti con la mia vita. La mia caviglia non mi permetteva di camminare o fare nulla. Sono stati anni molto duri. Sono stato fortunato che un medico abbia avuto l'idea di bloccare la mia articolazione saldandomi le ossa. Non potevo più flettere la caviglia, né potevo correre di nuovo, ma ero in grado di iniziare una nuova vita senza dolore. Gioco a golf e anche a squash, il che mi rende felice".

I problemi alla caviglia e l'accusa a Cruijff

"Il mio problema erano i cattivi dottori. Invece di capire la situazione e migliorarla, l'hanno peggiorata. Il mio peggior nemico non sono mai stati i calci subiti dai difensori avversari. Cruijff sotto accusa? Da un lato voleva che vincessimo titoli. Dall'altro, i medici gli dissero che se avessi giocato la caviglia non mi avrebbe fatto male. Per Johan questo è stato sufficiente e mi ha detto che avrei dovuto giocare. Anche io volevo giocare. Ho pensato che avrei dovuto insistere visto che i dottori mi avevano assicurato che fosse tutto ok. Ma la verità è che mi faceva così male che non potevo giocare o allenarmi bene".

Il suo rapporto con Arrigo Sacchi

"Sacchi era una persona molto gentile e anche un ottimo allenatore. Ma parlava sempre dell'organizzazione, soprattutto in modalità difensiva. Io avevo lavorato con Cruijff all'Ajax, affrontavamo le partite in un modo completamente diverso. Eravamo simili al Barcellona di Guardiola, l'attenzione era sulla palla e sul recupero della stessa. Con Sacchi è stato il contrario. Prima pensavamo a organizzarci per fare pressione sull'avversario che aveva la palla, poi ci occupavamo del resto. Penso che questo abbia dato all'Italia ottimi risultati, eravamo fantastici ma io venivo da un'altra scuola. Con Sacchi è diventato importante l'allenatore, ma sono i calciatori a fare la differenza. Oggi però parliamo solo di allenatori, come se loro facessero la differenza. Questo non è positivo. I giocatori devono assumersi più responsabilità perché sono quelli che hanno più potere di influenzare le partite e le stagioni".

La sua carriera da allenatore

"Ho fatto quello che potevo ma non sono riuscito a fare la differenza come allenatore. Ho capito che questo lavoro non mi dava piacere. Fare l'allenatore è una cosa davvero complicata e devo confessare che non ho capito come essere decisivo da una panchina". Intanto il Milan crede ancora nel sogno Haaland: ecco il prezzo del cartellino.

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