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Gazidis: “Stessi obiettivi con Maldini e Boban. Rangnick? Nessun accordo”

Ivan Gazidis, amministratore delegato AC Milan

Ivan Gazidis, amministratore delegato del Milan, ha rilasciato un'intervista molto importante alla "Gazzetta dello Sport". Ecco cosa ha detto

Salvatore Cantone

NEWS MILAN - Ivan Gazidis, amministratore delegato del Milan, ha un rilasciato un'intervista alla Gazzetta dello Sport in cui ha parlato del presente e del futuro rossonero. Ecco cosa ha detto: "Il Milan è uno solo e con un obiettivo comune. Elliott ha salvato il Milan da una situazione complicatissima, ora c’è tanto da fare, basta guardare al passato. Ho lo stesso sogno dei tifosi del Milan, ma per realizzarlo servono impegno, lavoro e pazienza".

Gazidis, finalmente...

«Lo so, non parlo spesso. Preferisco farlo solo quando è necessario e non in base a una vittoria o a una sconfitta».

Andiamo subito al dunque: è vero che ci sono due anime nel Milan?

«Non è vero, non è vero, non è vero. C’è una sola visione comune: avere un Milan moderno, che competa al vertice del calcio italiano e europeo, che giochi in futuro nel più grande stadio del mondo, con una chiara filosofia calcistica per ottenere i successi sul campo».

L’obiettivo è lo stesso, modi e tempi per arrivarci possono essere diversi...

«Il Milan è uno dei più grandi club di calcio, ma tutti sanno che gli anni passati sono stati difficili. Le perdite enormi. Da quando Elliott è subentrato siamo una delle società che più ha investito al mondo. Ma attenzione: esiste il Financial Fair Play che, specie in questi giorni, stiamo vedendo che è una cosa seria. I confini entro cui agire sono chiari. Il nostro obiettivo sul versante sportivo è quello di far crescere la squadra, ma con un bilancio in linea col FFP. Non vogliamo mai più subire una esclusione dalle coppe. Le sfide che dobbiamo affrontare per tornare in alto sono molteplici, sappiamo di dover fare un passo alla volta, anche con degli inevitabili errori lungo il cammino. Nessun sogno è impossibile, ma tutti i sogni richiedono impegno, fatica e pazienza per essere realizzati».

I tifosi temono che per il Fondo Elliott il Milan sia solo un business.

«Io so, la nostra proprietà sa, che una società di calcio non è un’impresa finanziaria, ma un’istituzione sociale, culturale, pubblica e alla fine è proprietà dei suoi tifosi. Il Milan è dei milanisti. Il miglior business che possiamo fare è creare un club di nuovo al vertice. Non compriamo giocatori per rivenderli, se mai cederemo qualcuno sarà per investire in altri: scelte calcistiche. Elliott non ha intenzione di prelevare valore dalla società, ha un progetto a medio-lungo termine chiaro. Faremo tutto ciò che è necessario per riportare il Milan tra i primi club al mondo. Il giorno che si affaccerà una nuova proprietà dovrà essere solidissima, perché comprerà un top club in tutti i suoi settori».

Una frase ricorrente dei tifosi è: vogliate bene al Milan, rispettatene la storia.

«Conosco la storia del Milan, non ho bisogno di impararla. Ho enorme rispetto per la sua storia. E tutti nel club lavoriamo per riportare il Milan dove deve stare. I tifosi rossoneri sono straordinari, appassionati, unici. Non sono stupidi. Chiedono chiarezza su quello che stiamo facendo, come e perché. E io con il popolo del Milan parlo chiaro. E sono convinto che con la condivisione di un percorso virtuoso e il loro appoggio, possiamo ottenere tutto e, forse, prima del previsto. Il viaggio non è facile, ma la meta è certa. Ci arriveremo. Non è un percorso individuale: non si tratta di me, di Boban, di Maldini o qualsiasi altra persona che lavori per questo club. Noi andiamo e veniamo. È il Milan che sta al di sopra di tutti. Ma serve tempo».

Il calcio italiano però è il più impaziente del mondo...

«È vero, qui cambia tutto in una settimana in base a una vittoria o a una sconfitta. E questo non aiuta a far crescere il sistema. La tentazione spesso è prendere decisioni a breve termine, fare il passo più lungo della gamba. È normale. Chiunque viva il club con passione ha questa tentazione. Io non faccio eccezione. Dopo una sconfitta non dormo. Dopo una vittoria ho 5 minuti di sollievo, forse... È così che vivo questo club, è così che lo vive Paolo Maldini, è così che lo vive Zvone Boban ed è così che lo vivono tutti, compresi i nostri tifosi. Ma il pericolo di prendere decisioni basate su questo, ti porta a perdere di vista dove si vuole andare e dopo due, tre anni rischi di pagarne un prezzo drammatico».

Proviamo a riassumere in quattro punti il Progetto Milan. Partiamo dalla squadra.

«Deve essere un buon mix tra giovani di talento e giocatori esperti che abbiano ancora fame di successi, mentalità vincente e sappiano guidare il gruppo».

Come Ibrahimovic...

«Zlatan ha avuto un impatto enorme, da un punto di vista tecnico, di personalità, di leadership. Non abbiamo mai rifiutato l’idea di giocatori esperti e già di alto livello. Ma puntiamo anche su chi possa diventarlo con la maglia del Milan. Theo Hernandez non è oggi un giocatore top? Bennacer non è un potenziale top? C’è un team di persone che cerca di trovare i giusti equilibri, i giocatori che permettano il mix vincente».

Siamo al secondo punto: il team. Com’è il rapporto con Boban e Maldini?

«Un team di livello è fondamentale per ottenere risultati e noi lo abbiamo. Con Zvone e Paolo ci parliamo tutti i giorni. Domani (oggi, ndr) siamo a Firenze. Torniamo insieme, felici o tristi, dopo ogni partita. Tutto quello che facciamo è insieme. Tutti noi vogliamo la stessa cosa. Ritengo che le decisioni che vengono prese attraverso il dibattito, la discussione e diversi punti di vista, siano le migliori. Non confondiamo il confronto con lo scontro. Il dibattito su chi comanda non conta per me. Chi comanda? Chi è il re? Nessuno. Il re è quello per cui lavoriamo tutti. Il re è il Milan».

Terzo punto: lo stadio.

«Dobbiamo avere un nostro impianto moderno. Io amo San Siro, fa parte della mia mitologia del calcio, quindi capisco e rispetto l’affetto per la storia di questo magnifico stadio. Ma ho anche rispetto per la crescita e lo sviluppo del Milan e delle sue prossime generazioni di tifosi. Un nuovo impianto è indispensabile per un grande Milan. Se riusciremo a farlo a San Siro avrà, oltre alle attività commerciali, un’area verde dove si potranno fare tutte le attività sportive. Sarà un altro passo avanti nello sviluppo di questa città che guarda al futuro. Ma servirà anche al calcio italiano».

Quarto punto, un suo «must»: la modernizzazione del club.

«Questo è un passo necessario. Dobbiamo sviluppare le nostre capacità digitali e di comunicazione con i nostri fan globali così come con la nostra fan base locale. Accrescere la nostra proposta commerciale per generare maggiori ricavi. È un circolo virtuoso che il Milan deve riprendere: il calcio di successo genera i ricavi, i ricavi consentono il successo nel calcio. Non è un processo immediato. Vorrei poter schioccare le dita, ma dobbiamo affrontare la realtà. Però abbiamo preso la strada giusta e inizio a vedere dei germogli verdi...».

Gazidis dica la verità: ha mai contattato Rangnick?

«Sono nel calcio da 26 anni, interagisco con centinaia di persone diverse tra cui almeno 20 allenatori in tutto il mondo. È normale. Ma nessuno ora nel Milan sta pensando a un nuovo allenatore. Pioli è arrivato in una situazione difficile, si è comportato personalmente e professionalmente in modo esemplare. Il suo lavoro è stato di altissimo livello e ora stiamo iniziando a vedere questa squadra crescere, svilupparsi. Essere l’allenatore del Milan è un obiettivo per tanti grandi allenatori. Ma Pioli resta in pole position anche per il futuro: la stagione è ancora aperta. È presto per parlarne adesso».

Ma cosa pensa della filosofia calcistica di Rangnick, le piace?

«Non parlo mai di tesserati di altri club, calciatori, allenatori, dirigenti che siano. Non sarebbe giusto e corretto farlo».

C’è una squadra europea a cui le piacerebbe assomigliasse il Milan nei prossimi anni?

«Il Milan ha la sua storia passata e avrà la sua storia futura senza imitare nessuno. Però il Liverpool ha trascorso 9 anni in una situazione simile a quella del Milan, schiacciato dai costi, ha cercato di farsi strada e c'è riuscito. Con scelte giuste e spesso difficili. Quando Klopp è arrivato ha detto che avrebbe fatto diventare credenti gli scettici; nessuno all’inizio si è fidato, nemmeno i tifosi, ma poi, a piccoli passi... Oggi vediamo cos’è il Liverpool. Presto vedrete cosa sarà il Milan».

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