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Albertini: “Milan? Ogni anno si ricomincia da zero. Su Tonali e la Serie A…”

Demetrio Albertini, ex centrocampista di Milan, Italia e Barcellona (credits: GETTY Images)

Demetrio Albertini, ex centrocampista del Milan e della Nazionale, ha parlato ai microfoni di Sky Sport della più stretta attualità legata al calcio

Salvatore Cantone

NEWS MILAN - Demetrio Albertini, ex centrocampista del Milan, ha rilasciato le seguenti dichiarazioni a CasaSky Sport: "Coronavirus? Sono 45 giorni che siamo in casa. Sono privilegiato perchè abbiamo la famiglia unita a casa e stiamo bene. Come passo le giornate? Con le classiche piattaforme social che ci permettono di stare in contatto con gli amici. Ci si vede, ma ovviamente manca il contatto. Sono quello della famiglia predisposto a fare la spesa".

Sul giocare con Gullit e Van Basten: "E' una fortuna aver giocato con questi campioni, in modo da avere la possibilità di crescere velocemente e soprattutto vincere, perchè senza i fuoriclasse non puoi farlo".

Sulle differenze con il passato: "Precedentemente c'era il mediano e il regista, poi è arrivata la mia generazione in cui i ruoli si sono uniti: dovevi fare sia l'incontrista e sia regista".

Sulla possibilità di concludere la stagione: "Faccio parte del Consiglio Federale, ma non ho la facoltà di decidere cose di questo tipo. Quello che vedo dall'esterno è che fino a oggi si è parlato di quello che non si può fare, forse oggi il calcio ha bisogno di sapere se il 3 di maggio si può ricominciare. Il calcio non è un mondo a parte, soprattutto in una situazione del genere, e dunque non è facile immaginare di riprendere così velocemente. Dobbiamo aspettare le decisioni del Governo, ma quest'ultimo deve dirci se possiamo ricominciare. Il calcio si sta preparando a questa eventualità, ma niente è ancora certo. Il mondo del calcio non può discostarsi dalla salute, che ovviamente è la cosa più importante".

Sempre sul calcio: "L'azienda calcio sta cercando di capire come ripartire, ma il Governo stabilirà se riprendere o meno. Oggi il mondo del calcio sta cercando di confrontarsi sulla ripresa con tutte le componenti senza escludere nessuno. Ci sono difficoltà con dei protocolli anche per riprendere la Serie B e la Serie C in cui giocano professionisti. Noi dipendiamo dalla decisione del Governo e del ministro Spadafora".

Sulla differenza tra la Serie A e gli altri campionati: "Noi abbiamo una situazione differente rispetto a tutti gli altri Paesi: siamo l'unica nazione che ha tre leghe professionistiche, e quindi ognuno deve stabilire se si possa riprendere o meno.. Io credo che bisogna avere sempre sotto controllo quello che è successo e quello che può succedere. Ci sono tanti morti, abbiamo perso tanti amici. Ho sentito collaboratori di diverse società che sono venuti a mancare. Non è semplice, ma bisogna avere il polso della situazione senza perdere di vista quello che sta succedendo. Non si può dimenticare, ma la fase 2 ci deve essere prima o poi. Lo sport del nostro Paese è un veicolo troppo importante e non possiamo trascurarlo".

Sull'esperienza più bella provata in carriera: "La più bella metto la stagione 94 con il Milan: vinco il campionato e la Coppa dei Campioni, anche se perdo la finale Mondiale ai rigori. Ci aggiungo anche la partita d'addio al calcio in cui erano presenti tutti i miei compagni: questo è stato l'attestato più bello per la mia carriera, cosi come l'affetto dei tifosi. La sconfitta più brutta? La finale dell'Europeo 2000 persa contro la Francia, forse più della finale del 94. Averla perso in quel modo lascia ancora un grande rammarico. Semifinale dell'Europeo contro l'Olanda? Devo ricordare una delle battute più belle  che ho sentito negli spogliatoi nella mia carriera. Se non sbaglio Ciro Ferrara disse: "Complimenti ragazzi, li abbiamo chiusi nella loro area e non li abbiamo fatti uscire (ride, ndr)".

Su una partita rimasta nel cuore: "Il 3-3 tra Milan-Barcellona in cui ho fatto una doppietta, e poi la semifinale del 94 del Mondiale a New York. In quella semifinale con la Bulgaria presi anche un palo. Visto i pochi gol in carriera, ricordo anche pali e traverse (ride, ndr)".

Sul Milan: "Milan in alto? Dipenderà molto da cosa vorrà fare la dirigenza. Ci vuole un progetto sportivo e si deve lavorare in sinergia. Visto da fuori sembrerebbe che ogni anno si riparta sempre da zero. Non basta solo il mercato".

Su Tonali: "Ricorda il mio modo di giocare, ma le etichette non sono mai belle. I centrocampisti inoltre sono cambiati rispetto alla mia generazione, ma di sicuro Tonali ha delle caratteristiche simili alle mie".

Sulla carriera dell'allenatore: "Rispondo sempre con una battuta: non ho mai voluto farlo perchè devo avere a che fare con i giocatori. E' una professione difficile, bisogna essere preparati. Un conto è saper fare e un conto saperle far fare ai propri giocatori. Diciamo che ho sempre voluto fare il dirigente e ho avuto subito la possibilità di fare esperienza due mesi dopo che ho smesso di giocare a calcio".

Sul percorso da dirigente: "E' un percorso più difficile rispetto a quello dell'allenatore perchè devi conoscere tante prerogative e devi avere anche una vocazione politica in senso positivo, cioè essere a disposizione della gente".

Sull'Italia di Mancini: "Questa è una squadra giovane e con l'Europeo spostato avremo un anno in più di esperienza. E' una squadra di talento, farà bene all'Europeo. Non so se riuscirà addirittura a vincere, ma ci sono tanti giovani di talento che possono stare per tanti anni in Nazionale. Possono scrivere delle pagine importanti per l'Italia. Me lo auguro".

Sul commissario tecnico a cui era più legato: "Dico sempre che tutti gli allenatori ti lasciano qualcosa. Però è normale che in Nazionale sono stato diversi anni con Sacchi, che è anche quello che mi ha fatto esordire. Ho avuto la fortuna di averlo perchè mi ha insegnato tanto, ma anche la sfortuna, perchè non era facile stare con lui".

Sui derby giocati da Albertini e Bergomi: "Io e Beppe non ci siamo picchiati tanto, perchè lui giocava in difesa e io mi avvicinavo poco all'area. Al massimo calciavo da 40 metri per stare lontano da lui (ride, ndr). La nostra generazione ha vissuto come deve essere vissuto un derby, cioè una partita diversa dalle altre. Per noi è sempre stata una gara speciale".

Sulla top 11 della Nazionale: "Ho avuto grandi difficoltà a fare la squadra nella mia partita d'addio: c'erano ben 8 palloni d'Oro. Ho giocato con portieri importanti: Peruzzi, Buffon, Toldo, già partendo dal portiere è complicato".

Su Messi: "Se mi ero già accorto che era un fenomeno? Quando arrivai al Barcellona andai al campo d'allenamento e arrivò il presidente Laporta insieme a Lionel Messi. Il presidente mi disse: "Demetrio sai chi è questo qui?" Io risposi no. Diciamo che dopo due allenamenti ho capito chi era. Si vedeva che poteva diventare un fenomeno. A Barcellona però ho visto un Ronaldinho incredibile, diverso da quello che ha giocato al Milan. Non è stato comunque continuo come Cristiano Ronaldo".

Sulle differenze tra la Serie A e la Premier League: "Il calcio inglese è molto più veloce del nostro, e penso che il calcio inglese sia cambiato nel momento in cui è cambiata l'organizzazione dei club, formando una lega compatta. Io credo che da quel momento ci sia stato un salto di qualità, incrementando i ricavi, avendo così la possibilità di avere i giocatori più importanti".

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