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Milan con una o due punte? Tre motivi per cui è sbagliato porsi questa domanda

André Silva e Patrick Cutrone, Milan, Getty Images
Ieri il Milan è sceso in campo con il 4-4-2 invocato da molti, ma ancora una volta non è riuscito a battere il portiere avversario

Edoardo Lavezzari

UNA DISCUSSIONE STERILE

Il Milan, in 34 partite di campionato ha segnato solamente 34 reti (nessuno ha fatto peggio tra le prime dieci della classifica) e ha nelle difficoltà di andare a segno uno dei problemi più grandi nella sua complicata stagione. In queste settimane, dunque, addetti ai lavori e tifosi hanno dibattuto molto sul tema e ieri sera, contro il Benevento, Gennaro Gattuso ha deciso di cambiare e proporre, fin dal primo minuto, un 4-4-2 con due attaccanti di ruolo. Una scelta, questa, che non ha pagato e che è stata rinnegata dopo mezz'ora di gioco, quando il "Diavolo" è tornato al 4-3-3. La sensazione, però, è che a fare la differenza più che il modulo, siano gli uomini e soprattutto l'interpretazione data dalla squadra al modulo scelto. Una punta, due punte, tridente: il risultato per il Milan non è mai cambiato più di tanto, a prescindere dagli attaccanti di ruolo impiegati. Altre squadre, invece, più che preoccuparsi di quanti centranti schierare hanno puntato sul gioco, ottenendo risultati straordinari. Un esempio lampante è quello della Lazio che gioca con una sola punta, Ciro Immobile, supportata da un giocatore offensivo come Luis Alberto e soprattutto da un gioco corale di altissimo livello. I biancocelesti hanno segnato 79 gol, quasi il doppio dei rossoneri e con una rosa non di primissimo piano sono in piena lotta per un posto in Champions League.

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TATTICA

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L'esempio della Lazio, squadra rodata negli uomini e nel modulo ormai da diverso tempo non è casuale: per essere incisivi vicino alla porta non serve solo qualità nei singoli, ma un gioco ben organizzato in cui tutti abbiano bene in mente cosa devono fare. Ieri il Milan, tanto con Andrè Silva e Cutrone, quanto con Kalinic al posto di Silva, non è mai riuscito a organizzare la manovra in maniera equilibrata. I due attaccanti, spesso, si sono pestati i piedi andando a fare gli stessi movimenti nelle stesse parti del campo. In particolare nessuno tornava indietro per dare un appoggio al centrocampo, ma entrambi cercavano la profondità nel cuore dell'area di rigore, creando un ingorgo nella zona nevralgica del campo e consentendo ai difensori avversari di stare compatti e di marcare, con relativa facilità, tutto il fronte offensivo rossonero e non è un caso, quindi, che ieri il Milan sia riuscito a produrre la bellezza di 48 cross, ma che solamente il 15% di questi siano stati raccolti da un giocatore con la maglia rossonera.

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MOTIVAZIONI

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Si potrebbe parlare a lungo di questioni tattiche, ma prima ancora di ogni aspetto tattico a pesare sono le motivazioni e l'atteggiamento in campo. Il Milan e quanto lo hanno fatto capire chiaramente nel post partita, contro il Benevento (e ultimamente anche in altre occasioni) non è sceso in campo con la cattiveria e la fame necessarie per fare male all'avversario, ma soprattutto non ha avuto la lucidità di cambiare di cambiare qualcosa una volta preso atto delle difficoltà di sbloccare la situazione seguendo il piano originale. Prima di tutto il Milan deve ritrovare quello spirito che gli ha permesso di fare una grande cavalcata nei mesi centrali della gestione Gattuso perchè senza di quello, ogni altra discussione diventa inutile o quasi e la partita di ieri sera è un esempio lampante.

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