Distanze, quelle che separano Milan ed Alessandria, e quelle che dividono due categorie totalmente differenti, la serie A e la Lega Pro. Un’ora e mezza, quella che ci vorrà ai rosso-neri e i suoi tifosi per arrivare a Torino, dove stasera nel teatro dell’Olimpico le due squadre proveranno a staccare il pass per la finale di Coppa Italia. Leggermente più breve, invece, l’esodo che fra qualche ora un alessandrino su cinque compirà da casa sua verso lo stadio torinese per supportare la grigia; in una cornice nella quale i supporters mandrogni andranno a compensare la mole esigua dei tifosi al seguito del diavolo. Sarà tutta esaurita infatti la curva Maratona. Rischi, quelli nei quali non dovrà cadere il Milan, e quarto miracolo, quello che cercherà di centrate la formazione di Gregucci dopo le imprese con Palermo, Genoa e Spezia.
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AMARCORD – Coppa Italia, quando le piccole diventano giganti
Dopo tanto tempo, una squadra non di Serie A si ritrova nelle fasi finali di Coppa Italia: novità in Italia, ma è la normalità specie in FA Cup e in Francia
Mai giudicare dalla apparenze, infatti per la squadra di Mihajlovic quello di stasera non sarà affatto un piccolo cabotaggio. Il serbo, proprio durante la conferenza della vigilia, ha rimarcato l’intento di considerare l’Alessandria come una collega della massima serie, con l’obbiettivo di troncare il cammino straordinario tracciato dai piemontesi. Il tecnico del Milan, inoltre, ha rivelato di essersi informato riguardo alle squadre cuscinetto che nella storia hanno assaggiato i fasti della gloria nelle proprie competizioni nazionali, appunto per non cadere in cali di concentrazione, quasi una routine quest’anno per la sua rosa.
In Italia, prima dell’Alessandria, per l’ultima grande impresa bisogna tornare indietro di 21 anni, quando nel 1994 l’Ancona, allora stanziata all’ottavo posto in serie B, riuscì a tagliare il traguardo della finale, per poi perdere malamente ai danni della Sampdoria targata capitan Vierchowod.
Se si cambia latitudine, vedasi il Regno Unito, è quasi all’ordine del giorno che una compagine gravitante nelle serie minori riesca ad accedere alle ultime fasi di una coppa a livello nazionale; probabilmente per il maggior blasone che godono le manifestazioni al di fuori del campionato nazionale all’estero. Agli onori della cronaca passò nel 2004 il Milwall. La squadra, undicesima nella serie cadetta inglese, riuscì a sbaragliare la concorrenza rispettivamente di Walsall, TelfordUnited, Burnley, TranmereRovers, superando poi nella semifinale il Sunderland all’OldTrafford, come vuole la tradizione in FACup. In seguito il finale che le si presentò di fronte fu avverso tanto quello dell’Ancona, perdendo con un secco 3-0 contro quelli che un tempo erano i diavoli rossi di CristianoRonaldo e VanNistelrooy.
Quattro anni dopo, sempre nel magico scenario della FACup, si assistette a qualcosa di meraviglioso: dopo numerosi scivoloni delle grandi potenze inglesi, 3 squadre di Championship su 4 si ritrovarono a disputare le semifinali. Tuttavia l’epopea di quello che fu uno strepitoso Cardiff city, però, si concluse senza l’alzata del trofeo in finale contro il Portsmouth del cannoniere Kanu, giocatore dal passato interista.
Esemplari anche i casi riportati nei confini dei cugini francesi: c’era una volta il Calais, compagine di quarta serie, composta da dilettanti e da mestieranti che giocavano a pallone per sbarcare il lunario. La formazione rivelazione arrivò dritta allo Stade de France ad una passo dalla conquista della CoppadiFrancia. La premiazione fu commuovente: infatti il capitano del Nantes, squadra vincitrice del torneo, decise di alzare il trofeo assieme al collega della squadra dilettante, mettendo la firma sua una delle favole più belle del calcio mondiale.
Insomma, il monito di mister Mihajlovic per questa sera è forte e chiaro, vietato sbagliare. Invero, un passo falso sarebbe un terribile colpo psicologico anche in vista del derby di Domenica; adesso però c’è solo la Tim Cup.
EDOARDO COLOMBO
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