Sulla possibilità di andare alla Juventus: "Mi chiamarono i dirigenti Secco, Castagnini e il responsabile Blanc. Mi ricordo che andai a Torino, a cena proprio a casa di Blanc, poi ripartii per tornare a casa, di notte, a Giulianova. Durante il viaggio mi richiamarono per dirmi che al novantanove percento sarei stato l'allenatore dei bianconeri e che serviva soltanto che ratificassi il consiglio di amministrazione o una roba del genere. Andavo a tremila, ma con la testa non in senso di velocità. Capirai, avevo quarant'anni. Chi ci pensava alla Juventus? In cent’anni quanti si siedono su quella panchina? Purtroppo, dopo un paio di giorni, mi dissero che c’erano cose più grandi, che non decidevano solamente loro e presero Ferrara".
Sul soprannome 'Mago': "I maghi non esistono. Nel calcio servono tante cose, si devono allineare anche gli astri, la penso così. A volte basterebbe, si fa per dire, essere al momento giusto, nel posto giusto, nella squadra giusta e con il direttore sportivo giusto e soprattutto devi essere giusto anche tu. La mia è una carriera in altalena. Ma sono contento di poter dire che mi sono sempre rialzato e ho avuto la forza, in diversi momenti, di ricominciare. E non è così semplice".
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