Ecco tutte le parole di Silvio Berlusconi a Rete 4 durante lo speciale dedicato ai suoi 30 anni di presidenza rossonera.
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BERLUSCONI a Rete4: “In Senato seguivo la finale di Champions. Zaccheroni? Andò così…”
Berlusconi ha parlato ai microfoni di Rete4 durante lo speciale sulla sua presidenza
Sugli inizi: "La sicurezza è nata dall'abitudine a fissare traguardi che suscitassero ironia. Tanti dicevano non fossero raggiungibili, ma io li ho raggiunti tutti. Avendo nel cuore il Milan della mia infanzia e la vicinanza con mio padre, anche allo stadio, gioivo e soffrivo molto. Il Milan è sempre stata una questione di cuore. Quando è giunta la possibilità di essere io il presidente del Milan, ho pensato che dovessimo darci traguardi ambiziosi, diventando il numeri uno. Ci siamo applicati, non abbiamo sbagliato la ricerca di giocatori allenatori e staff, raggiungendo quei traguardi infiniti".
Sulla presentazione con l'arrivo in elicottero: "Volevo dare un nuovo stimolo, una nuova speranza a tutti. Scelsi una maniera innovativa di presentare la squadra. Ci furono tante ironie, ma alla fine ho avuto ragione".
Su Sacchi: "Vidi il suo Parma pressare a tutto campo, non solo in difesa. Sacchi fu una scommessa. Fu dura rinunciare a Liedholm. Sacchi arrivò, e alla prima perse con la Fiorentina. ed ecco l'ironia dei giornali. Io invece ero convinto di avere l'uomo giusto, e continuai a sostenerlo e portare avanti la nostra idea di gioco insieme".
Sul primo Scudetto: "Al primo Scudetto vinto mi dissero che c'era una gran folla fuori San Siro. Allora dissi di aprire i cancelli. Non so quanti tifosi mi abbracciarono, ripensandoci mi fa ancora bene al cuore".
Sulla prima Coppa Campioni: "Se chiudo gli occhi ricordo ancora le migliaia di fiammelle per tutto il Camp Nou".
Su Van Basten: "Grande campione in campo e grande uomo nella vita. Fu sfortunato. Per una caviglia che non funzionava dovette lasciare prima il calcio. Quel ricordo mi fa ancora male".
Sul Milan di Capello: "Funzionava tutto. Era un gruppo coeso fuori e dentro al campo. Ero molto vicino ai giocatori, un fratello maggiore. Risolvevo anche problemi familiari, avevo contatti quotidiani con tutti. Io son sempre stato un motivatore, e fare così funzionò".
Su Milan Barcellona 4 a 0: "Ero in Senato, ma collegato in diretta seguivo tutti i gol. Il Barcellona era leggendario. Ascoltavo poco attentamente gli interventi dei senatori, e intanto ascoltavo i gol di Massaro e Savicevic. Fu una serata piena, divenni primo ministro per la prima volta ed ebbi la soddisfazione della vittoria di Atene".
Sullo Scudetto con Zaccheroni: "Sei gare prima della fine chiamai Boban e gli altri e dissi che da quel momento non valevano più le parole dell'allenatore. Dovevano seguire la nostra filosofia di gioco: le vincemmo tutte e 6 e vincemmo lo Scudetto".
Su Ancelotti: "Carlo è una persona di grande umanità e buon senso. Ho un rapporto di stima e affetto".
Sui rigori di Manchester: "Nel calcio qualche volta occorre avere fortuna. Non abbiamo avuto fortuna a volte, ma quella volta ne avemmo. Fu un risultato eccezionale per il calcio italiano. Quella vittoria resterà sempre nella nostra mente e nel nostro cuore".
Sul Milan di Allegri: "C'erano dei grandissimi giocatori. Il trio Ibrahimovic-Pato-Robinho era fortissimo. Curiosità: tutti e tre segnarono 14 gol".
Su Maradona: "Era diventato la bandiera del Napoli, e per me le bandiere non si acquistano. Stesso discorso per Totti, che avrei voluto al Milan. Mi han detto che l'ho fatto con Nesta, ma l'ho fatto solo quando la Lazio lo mise sul mercato. Stava trattando con la Juve e mi sono inserito. Poi è diventato una bandiera del Milan, ed è una grande persona".
Su Kakà: "Era un ragazzo di rigore, una gran persona fuori dal campo. Aveva anche un aspetto fisico accattivante. Un grande in assoluto".
Se ha sbagliato qualcosa nella sua gestione: "Negli ultimi anni avremmo potuto fare meglio, ma non ho avuto il tempo per interessarmi al Milan. C'è stato il mio impegno per il Paese, per non far cadere l'Italia nelle mani dell'ideologia comunista. Nel '94 presi l'impegno politico. Non ho mai staccato l'attenzione dalle cose del Milan, ma per impegni come uomo di governo, tra tutti gli attacchi della magistratura, non ho avuto serenità e calma per seguire nel dettaglio il Milan. Mi è mancato non aver più rapporti personali coi giocatori, per far rendere al meglio la grande e competitiva rosa che il Milan ha sempre avuto".
Su Donnarumma: "Potrebbe ripetere la storia di Maldini, è destinato a questo. E' gran bravo ragazzo, solido nel fisico come nella mente. Può essere un simbolo del Milan del futuro".
Su Inzaghi: "E' follia, è adrenalina. Aveva lo spunto che non ti aspetti. Gli ho dato fiducia come allenatore, ma non era ancora pronto. Il Milan con lui alle spalle non era capace di affrontare gli avversari con comando del gioco. Aspettava gli avversari e ripartiva. Ho provato a stimolarlo, ma doveva ancora maturare".
Sul nuovo ciclo: "Nessuna squadra può vincere sempre. Ci sono i cicli. Noi stiamo ricominciando con una squadra di italiani. Questa cosa mi pesa: le squadre più importanti a volte non hanno nemmeno un italiano in campo. Io vorrei un Milan tutto italiano. Anche la Nazionale soffre dell'invasione nel calcio degli stranieri. Spero di poter creare i grandi attaccanti italiani che al momento in Nazionale non ci sono".
La partita preferita: "La prima Coppa dei Campioni a Barcellona. E' stata la partita che più conservo nel cuore. Il Milan è un affare di cuore. Non è un gioco, non è un fatto di promozione. E' fuori dalle società del mio gruppo e dalla politica. E' solo una questione di cuore, di gran vicinanza tra me e mio padre".
Sul padre: "Dedico dentro di me ogni vittoria a mio padre, che mi ha insegnato tante cose, tra cui l'importanza di avere il sole in tasca: avere un sorriso da dare sempre agli altri, per essere un leader e segnare la storia".
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