Il girone unico era andato bene: Inter promossa con bel piglio sicuro, Atalanta prima delle non elette, Milan e Juve in corsa fino all’ultimo per salire sul treno delle migliori. Ci ha distrutto il playoff, nel quale conta la reattività agli episodi perché le gare in cui tutto gira bene sono rare: l’espulsione di Theo è arrivata in un contesto di netta superiorità del Milan, che però da lì in poi è letteralmente sparito dal campo, come se il pari del Feyenoord a quel punto fosse ineluttabile. E non si capisce perché. Eri anche nel tuo stadio, e gli avversari erano una banda di ragazzini. Secondo appunto: gli osservatori.
Li sguinzagliamo alla ricerca di affari di mercato, siamo sicuri che guardino anche il collettivo oltre che le individualità? L’Atalanta ha dato l’impressione di essere non sorpresa, ma sbalordita dalla partenza del Bruges sia all’andata che al ritorno. Delle nostre bocciate è quella che ha più attenuanti, a partire dal rigore fasullo subito in Belgio, ma la classifica del girone diceva Atalanta nona e Bruges 24°. Una differenza sulla quale ci si è impigriti. Altra questione è la preparazione fisica, e quel che è successo alla Juve dall’intervallo in poi ci ha riportato agli anni 70, quando la rivoluzione olandese si sostanziò innanzitutto in una superiorità atletica clamorosa: le squadre italiane in confronto sembravano camminare, e il Supercorso di Coverciano nacque anche per ovviare a quel deficit.
Certo, il Psv ha un gioco ben equilibrato tra orizzontale e verticale, e questo aumenta il percepito della corsa: Perisic ha 36 anni ed è l’uomo che ha spaccato in due la Juve. Ugualmente, la riserva di energie è andata troppo presto in rosso. E una squadra di soli giovani — chi ha già vinto qualcosa nella rosa bianconera? — fatica a uscire dal panico. Sono i primi temi da analizzare il giorno dopo il disastro, perché vanno capiti gli aspetti generali prima di dedicarsi ai destini dei singoli. Ma arriveranno anche quelli".
© RIPRODUZIONE RISERVATA