Sul suo passato da calciatore: "A basso livello, sia in Italia che in Inghilterra nel periodo durante il quale ho vissuto lì. Ho iniziato terzino destro ma era un ruolo che non mi piaceva, così nel tempo sono diventato centrocampista centrale e attaccante con caratteristiche da falso nove. Il primo allenatore mi metteva in difesa, ma non era una posizione che mi piaceva: non ho mai amato correre per recuperare il pallone, non avevo voglia di rincorrere l'avversario. Nella mia fase di crescita ho pensato di fare il calciatore, intorno ai 13/14 anni era uno dei miei più grandi sogni".
Sulla sua esultanza: "Sono sempre stato un tipo un po' introverso, esultavo senza esultare. Dopo ogni gol tornavo semplicemente dall'altra parte del campo".
Sul rapporto con il padre: "Mio padre è inglese e tifoso del Liverpool, così io ho iniziato a simpatizzare per... il Manchester City. Sempre per fare una cosa diversa da quella convenzionale. Diciamo che odiando il Manchester United non ci è rimasto malissimo. Mi aveva anche comprato una coperta del City, che da tifoso dei Reds è stato un po' un sacrificio. Nel mio cuore ho sempre avuto il Milan, ma quando Pato è stato a un passo dai Citizens ho iniziato a seguire anche loro".
Su Alexandre Pato: "Assolutamente sì, il mio gatto nero l'ho chiamato Pato. Ricordo che in quegli anni il Milan aveva anche giocatori come Kakà e Ronaldinho, ma quest'ultimo, per esempio, per i miei gusti faceva dei trick di troppo che non servivano".
Sulla finale di Champions 2005: "Non mi ricordo chi ha vinto alla fine... dopo il primo tempo ho spento la tv. Quella volta è andata bene a lui, due anni dopo abbiamo vinto noi. E poi in bacheca abbiamo più titolo noi no?! Quella è sempre la scusa per ogni cosa".
Sulla prima volta allo stadio: "Ero a San Siro, mi pare fosse un Milan-Torino. Ero piccolino, insieme a mio padre che veniva a trovarmi in Italia una volta al mese. Quando guardi una partita da casa non ci si rende conto quante persone ci sono in un impianto, ma vivendo una partita dallo stadio ci si rende conto di quante persone seguono il calcio e si entra nella testa delle persone". LEGGI ANCHE: Milan, Pavlovic l’unico che si salva. Meno male che doveva partire >>>
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