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Gazidis: “Il razzismo va estirpato dal calcio italiano”

Ivan Gazidis, amministratore delegato AC Milan

L'amministratore delegato del Milan, Gazidis, ha parlato del problema razzismo all'interno del calcio in Italia. Ecco le sue dichiarazioni.

Stefano Bressi

ULTIME MILAN - L'amministratore delegato del Milan, Ivan Gazidis, intervenuto a BBC 5 Radio, ha parlato della campagna anti razzismo lanciata dalla Lega Serie A: "Abbiamo guidato un gruppo di club per riconoscere i problemi che abbiamo qui in Italia e questo non è solo un problema italiano, ma ovviamente un primo passo per cercare di affrontare il razzismo che abbiamo nei nostri stadi, è riconoscere il problema, così abbiamo riunito tutti e venti i club per firmare una lettera aperta con un forte impegno ad intraprendere azioni in materia di istruzione, nuove leggi, politiche antirazziste complete e solide perché noi e gli altri sentiamo che non è stato fatto abbastanza. Ieri sera ero a un incontro e ho visto queste immagini che sono state chiaramente una sorpresa, non solo per noi ma per gli altri club che avevano preso parte a quell'impegno. Le immagini sono state rilasciate dalla Lega e devo dire che l'intenzione dietro quelle immagini era di iniziare a rispondere alle richieste, ma abbiamo immediatamente rilasciato una dichiarazione affermando che siamo stati fortemente in disaccordo con l'uso di queste immagini che ritenevamo insensibili e con una cattiva tempistica. L'artista cercava di stimolare a disarmare un immaginario disumanizzante, ma è abbastanza ovvio che queste sottigliezze si perderebbero nella sabbia della comunicazione, è un modo molto goffo di lanciarsi in quella che in realtà speriamo si rivelerà una campagna efficace per scacciare il razzismo dal calcio italiano. Ci sono molte ragioni per essere pessimisti ed è difficile tagliarlo fino in fondo, ma penso che se guardiamo a ciò che il calcio ha fatto per guidare dei cambiamenti attitudinali positivi nella società la direzione è veramente positiva. Dobbiamo affrontare un nucleo che offende la stragrande maggioranza di persone che seguono il calcio. Si richiedono politiche rigorose, tecnologie di assoluta tolleranza zero per identificare gli autori in modo che le persone possano comprendere che un campionato come la Serie A non possa mostrare cose del genere. Bisogna che anche i tifosi ci aiutino e diventano parte della situazione, non è qualcosa che può essere imposto, ci deve essere un movimento interno che guidi e renda totalmente inaccettabili questo tipo di comportamenti. Mio padre era in prigione quando sono nato, ha trascorso tre anni in prigione come attivista anti-apartheid e quando è stato rilasciato siamo stati esiliati in Inghilterra senza passaporti. Sono cresciuto in Inghilterra e poi ho trascorso del tempo negli Stati Uniti, poi ancora in Inghilterra e ora in Italia. Non è solo un problema italiano, anche se penso che il problema qui sia serio. C'è del lavoro in corso, molto è stato fatto in Inghilterra per cercare di combatterlo, sfortunatamente stiamo vedendo che nelle società di tutto il mondo non sembra che si stiano facendo progressi in questioni come il colore, la razza, l'orientamento sessuale, la religione... Il calcio ovviamente riflette i problemi della società, ma è anche un esempio incredibile, l'esempio di uno sport di squadra in cui è completamente irrilevante il colore, la religione, l'orientamento sessuale. Conosciamo i nostri calciatori come giocatori, e quindi come persone, e tutto il resto è totalmente irrilevante, è un tipo di educazione attraverso il calcio. Il campionato italiano deve ascoltare le vittime di razzismo ed ascoltare gli esperti in questo campo. Ora abbiamo fatto un passo serio che in Italia non era mai stato fatto. Questa lettera, firmata dai 20 club, è il primo riconoscimento verso il problema, è il riconoscimento è veramente il primo passo. Un riconoscimento che ci sarà bisogno di un forte impegno per agire".

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