Accade oggi: Milan-Sao Paulo, la finale della Coppa Intercontinentale del 1993. Non un bel ricordo per i rossoneri. Ecco il racconto di Pianeta Milan (pezzo di Francesco Fredianelli)
Certe date fanno male. Ma sono proprio quelle che ti ricordano perché ami questo club. Il 12 dicembre 1993 non è solo un giorno perso nei libri di storia del calcio. È una ferita. Una di quelle che non sanguinano più, ma ogni tanto pulsano. Perché quella sera, a Tokyo, il Milan si giocò un pezzo di mondo. E lo vide scivolare via dalle mani. Ricordo le immagini, le maglie pesanti, l’aria gelida, quel Milan che sembrava destinato a prendersi tutto. Era un'occasione che quasi ti veniva regalata: il Marsiglia escluso d’ufficio, il Milan chiamato a rappresentare l’Europa, la possibilità di mettere un timbro planetario senza discussioni. E invece…
Una partita che sembrava un romanzo: emozioni, colpi di scena, pugni nello stomaco
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Massaro che rimette tutto in equilibrio. Papin che illude. E quel San Paolo che non voleva mollare mai. Una finale che non puoi dimenticare se ami il Milan, perché non è stata una partita: è stato un viaggio emotivo. Ogni gol era una scossa, ogni errore un boato nel petto. E poi il finale. Quell’uscita sbagliata. Quella palla sporca. Quel tiro di Müller che ancora oggi, se sei milanista, ti dà fastidio allo stomaco. Minuto 86. Fine del sogno. In quell’istante, il silenzio di un continente si è fatto sentire fino a casa nostra. Una sconfitta che ancora parla
Il bello — se così si può dire — è che questa non è stata una caduta qualunque. È stata una sconfitta che ti insegna qualcosa, anche se vorresti non impararla mai.Perché il Milan era forte, fortissimo. E quando perdi una finale mondiale pur essendo più forte, la senti doppiamente. Ma è proprio qui che capisci cos’è il Milan: un club che non si spezza. Neanche quando sbatte contro il destino. Neanche quando una Coppa Intercontinentale ti scivola via all’ultimo respiro.
Perché quel 12 dicembre è ancora importante
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Perché non fu una notte qualunque. Fu il promemoria che le grandi squadre non vivono solo di vittorie. Vivono anche delle ferite. E questa, a distanza di anni, è una di quelle che ti ricordano quanto questo club sappia soffrire… e rialzarsi. Il Milan ne ha perse poche, pochissime, quando contava davvero.