Allora no, non venite a spiegarci cosa vuol dire “sacrificio per il bene comune”. Perché il bene del Como lo teniamo in piedi noi, ogni volta che entriamo in curva, che alziamo una sciarpa, che cantiamo anche quando perdiamo. E non ci sembra molto rispettoso sentirci dire che dovremmo “sacrificarci ancora” per una partita a 14.000 chilometri da casa.
Forse qualcuno si è dimenticato che il calcio nasce dalla gente, non dalle strategie di marketing. Che senza tifosi, senza passione vera, non c’è crescita, non c’è futuro, non c’è nemmeno una “lega” da salvare. La nostra fede non viaggia in business class. Resta qui, sugli spalti, tra la pioggia e il freddo, tra cori e bandiere. Resta a Como, dove batte davvero il cuore di questa squadra. Con rispetto, ma con fermezza, lo diciamo in chiaro: non accettiamo lezioni di sacrificio da chi non ha mai vissuto il nostro.
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Dimostrate un po’ di orgoglio, rispetto e dignità, non accettare questo “invito”. Una passione non può essere comprata, non ha prezzo vedere la tua curva cantare e spingere la squadra verso la vittoria. Esortiamo chiunque a non essere complici di questa pagliacciata, non siate dei burattini”.
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