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Quando vincere è più difficile del previsto: il Milan e la trappola delle “piccole”

Focus sul Milan di Allegri: perché fa fatica con le 'piccole'?
Il Milan di Allegri brilla contro le grandi ma fatica con le "piccole": solo 9 punti su 18 contro squadre di bassa classifica. Problemi tattici, mancanza di un centravanti d’area e limiti mentali rendono complicato vincere con continuità
Redazione

Il Milan di Massimiliano Allegri vive un curioso paradosso: brilla nei big match, ma inciampa spesso contro le "piccole". Sfide che restano un terreno minato, dove i rossoneri faticano a imporsi e a mantenere lucidità. Nonostante il ritorno di Allegri abbia portato maggiore equilibrio, il problema affonda le radici in limiti tattici e mentali che si ripetono stagione dopo stagione. In questo articolo analizziamo il perché di queste difficoltà, prendendo in esame le squadre dall’undicesimo posto in giù. Nelle prime undici giornate di Serie A, il Milan ha raccolto 22 punti su 33, ma solo 9 su 18 contro formazioni della parte bassa della classifica: troppo poco per una squadra con ambizioni da vertice.

I dati delle passate stagioni

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Guardando alle stagioni precedenti, il quadro è chiaro. Nella travagliata annata del duo Fonseca-Conceição, il Milan aveva raccolto 46 punti su 60 contro le "piccole", un bottino discreto vanificato dai soli 17 punti ottenuti su 54 contro le prime dieci. Nell'anno dello scudetto, invece, i rossoneri avevano toccato quota 48 su 60 con le squadre di bassa classifica e 38 su 54 con le grandi, rispettivamente l'80% e il 70% dei punti disponibili.


Oggi la tendenza si è invertita: solo il 50% dei punti contro le "piccole", ma un sorprendente 86% con le "grandi". Un dato destinato a normalizzarsi col passare del campionato, ma che conferma una verità semplice: se il Milan vuole ambire a qualcosa di più della qualificazione Champions, deve imparare a vincere con continuità anche contro chi si chiude e non lascia spazi.

I problemi tattici da risolvere

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I motivi principali sono tattici e psicologici. Contro le "piccole", Allegri si trova spesso davanti a squadre compatte e chiuse, attente a non concedere spazi in profondità. In queste situazioni, la qualità dei singoli e l'intensità non bastano. Il Milan costruisce molto ma concretizza poco: le percentuali realizzative crollano quando l'avversario si difende basso e il ritmo della manovra non riesce a scardinare la densità centrale. È qui che emergono i limiti del sistema di Allegri, solido, pragmatico, ma troppo dipendente dalle invenzioni di Leão o Pulisic.

A pesare è anche l'assenza di un vero centravanti d'area, un numero 9 capace di trasformare la mole di gioco in gol. Leão, spesso adattato come riferimento offensivo, preferisce partire largo o attaccare la profondità, mentre Gimenez è un attaccante diverso da quello che serve al gioco di Allegri, non un finalizzatore puro.

Quando il Milan spinge e riempie l'area, manca qualcuno che "sporca" le azioni, che occupi stabilmente la zona calda e costringa i difensori a difendere bassi. In sostanza, manca un uomo da area, uno capace di sbloccare partite complicate con un tocco o un colpo di testa. Allegri ha provato più soluzioni, ma la sensazione è che serva ancora un riferimento fisso, alla Giroud. Una lacuna che il club potrebbe provare a colmare già nel mercato invernale.

C'è poi un fattore meno visibile ma altrettanto determinante: quello mentale. Contro le "piccole", il Milan sembra spesso mancare di tensione e cattiveria agonistica. L'approccio è più morbido, quasi come se la squadra si aspettasse che la partita si risolva da sola. La concentrazione cala, la gestione dei momenti si fa superficiale e bastano un episodio o una distrazione per compromettere tutto (vedi Parma dove l'errore di Estupinan ha compromesso una vittoria probabile). È un limite di mentalità che Allegri conosce bene: non basta dominare il gioco, serve la ferocia necessaria per chiudere la partita e concedere poco agli avversari, come successo contro le prime squadre della classifica.