Oggi la tendenza si è invertita: solo il 50% dei punti contro le "piccole", ma un sorprendente 86% con le "grandi". Un dato destinato a normalizzarsi col passare del campionato, ma che conferma una verità semplice: se il Milan vuole ambire a qualcosa di più della qualificazione Champions, deve imparare a vincere con continuità anche contro chi si chiude e non lascia spazi.
I problemi tattici da risolvere
—I motivi principali sono tattici e psicologici. Contro le "piccole", Allegri si trova spesso davanti a squadre compatte e chiuse, attente a non concedere spazi in profondità. In queste situazioni, la qualità dei singoli e l'intensità non bastano. Il Milan costruisce molto ma concretizza poco: le percentuali realizzative crollano quando l'avversario si difende basso e il ritmo della manovra non riesce a scardinare la densità centrale. È qui che emergono i limiti del sistema di Allegri, solido, pragmatico, ma troppo dipendente dalle invenzioni di Leão o Pulisic.
A pesare è anche l'assenza di un vero centravanti d'area, un numero 9 capace di trasformare la mole di gioco in gol. Leão, spesso adattato come riferimento offensivo, preferisce partire largo o attaccare la profondità, mentre Gimenez è un attaccante diverso da quello che serve al gioco di Allegri, non un finalizzatore puro.
Quando il Milan spinge e riempie l'area, manca qualcuno che "sporca" le azioni, che occupi stabilmente la zona calda e costringa i difensori a difendere bassi. In sostanza, manca un uomo da area, uno capace di sbloccare partite complicate con un tocco o un colpo di testa. Allegri ha provato più soluzioni, ma la sensazione è che serva ancora un riferimento fisso, alla Giroud. Una lacuna che il club potrebbe provare a colmare già nel mercato invernale.
Aspetto mentale
—LEGGI ANCHE: Milan, Atta un centrocampista giusto per Allegri? Ecco i suoi numeri
C'è poi un fattore meno visibile ma altrettanto determinante: quello mentale. Contro le "piccole", il Milan sembra spesso mancare di tensione e cattiveria agonistica. L'approccio è più morbido, quasi come se la squadra si aspettasse che la partita si risolva da sola. La concentrazione cala, la gestione dei momenti si fa superficiale e bastano un episodio o una distrazione per compromettere tutto (vedi Parma dove l'errore di Estupinan ha compromesso una vittoria probabile). È un limite di mentalità che Allegri conosce bene: non basta dominare il gioco, serve la ferocia necessaria per chiudere la partita e concedere poco agli avversari, come successo contro le prime squadre della classifica.
© RIPRODUZIONE RISERVATA



/www.pianetamilan.it/assets/uploads/202512/a9578c1eebdb5ee4f24c7979a144f412.jpg)