Il bello — se così si può dire — è che questa non è stata una caduta qualunque. È stata una sconfitta che ti insegna qualcosa, anche se vorresti non impararla mai.Perché il Milan era forte, fortissimo. E quando perdi una finale mondiale pur essendo più forte, la senti doppiamente. Ma è proprio qui che capisci cos’è il Milan: un club che non si spezza. Neanche quando sbatte contro il destino. Neanche quando una Coppa Intercontinentale ti scivola via all’ultimo respiro.
Perché quel 12 dicembre è ancora importante
—Perché non fu una notte qualunque. Fu il promemoria che le grandi squadre non vivono solo di vittorie. Vivono anche delle ferite. E questa, a distanza di anni, è una di quelle che ti ricordano quanto questo club sappia soffrire… e rialzarsi. Il Milan ne ha perse poche, pochissime, quando contava davvero.
E forse proprio per questo, quelle poche fanno più male.
Il 12 dicembre 1993 è una di quelle. Una notte che avresti voluto riscrivere cento volte. Una notte che — se sei milanista — non dimentichi.
Le parole di Maldini: la verità detta da chi quella notte l’ha vissuta
—E alla fine, a raccontare meglio di tutti quella serata è proprio lui, Paolo Maldini. Uno che di finali ne ha giocate più di chiunque, uno che sa riconoscere la grandezza — anche quando fa male. «Il San Paolo era una grande squadra, forse una delle migliori che abbiamo affrontato in una Coppa Intercontinentale. È stata una partita tirata, combattuta, inchiodata sui dettagli. Alla fine abbiamo perso… ma quella notte abbiamo sfidato davvero una grande squadra.». A distanza di anni, faranno parte della storia del Milan Cafu e Leonardo. Parole semplici, pulite, ma pesantissime. Perché se lo dice Maldini, allora quella sconfitta non è solo un ricordo: è un pezzo di storia che brucia e insegna.
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Articolo di Francesco Fredianelli.
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