In Liberia, c'è un chiaro problema di libertà. Lo dice chiaramente il Comitato internazionale per la protezione dei giornalisti (Cpj). La stessa cosa dice un rapporto dell'Onu pubblicato da poco: pur di zittire un giornale troppo critico, il Front Page Africa, partito di George Weah, ha sporto causa per diffamazione e chiesto un risarcimento mostruoso di quasi due milioni di dollari (il reddito medio è di 45 dollari al mese). L'Unione della stampa liberiana si è riunita la scorsa settimana, allarmata per l'aumento di minacce e molestie ai cronisti. Anche il giornalista della BBC, Jonathan Paye-Layleh ha dovuto lasciare Monrovia per paura che Weah ordinasse il suo arresto per essersi schierato contro di lui e aver chiesto conto del tribunale speciale per i crimini di guerra, non ancora istituito. Finora da Weah sono arrivati solo attacchi verbali, ma c'è la paura che i suoi sostenitori possano agire diversamente.
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Niente libertà in Liberia con Weah
Weah lottava per i diritti, ora da presidente minaccia la stampa. Con l'ex attaccante del Milan al potere c'è stata una svolta autoritaria.
Certo è, scrive il Corriere della Sera, che da un paese come la Liberia, rifugio degli schiavi liberati nell'Ottocento, l'ultima cosa che ci si sarebbe aspettati sarebbe stato un cartellino rosso ai giornalisti. Soprattutto se a darlo è un ex Pallone d'Oro, il 43esimo miglior giocatore del XX secolo, che ha lottato sempre per i diritti umani, costruendo così una carriera politica che pochi mesi fa l'ha portato a essere Presidente. Weah inizia sempre i suoi discorsi con: "Amandla!" ovvero "Che la forza sia con voi", urlo dei neri liberati. Proprio Weah che grazie al motto "una gente, una nazione, un destino" e alla retorica sudafricana del Rainbow Nation ha convinto il 61% della popolazione a votarlo, ponendosi come liberatore dopo decenni di vita politica tormentata, due guerre civili che hanno causato 250mila morti, l'ebola e diverse piaghe che piazzano la Liberia al 177° posto su 184 nella classifica mondiale di sviluppo.
Weah non è nato in condizioni agiate ed è diventato famoso solo grazie al calcio. Molti lo accusano di non essere un grande oratore e soprattutto di capire molto poco di politica ed economia. Weah però ha sempre avuto il coraggio dei gol impossibili. Nel 1996, quando era al Milan, si schierò contro il dittatore Taylor e chiese l'intervento dell'Onu; nel 2000, ottene da Taylor la liberazione di quattro giornalisti inglesi accusati di spionaggio; nel 2002 prometteva una corte internazionale che punisse i crimini di guerra.
Da presidente, però, Weah sembra essere cambiato un pochino. Come vice ha scelto proprio l'ex moglie di Taylor; sul tribunale speciale ha cambiato totalmente idea e a chi lo fa notare partono processi oppure vengono messi alla porta: "Vi garantisco il 200% di libertà d'espressione e di stampa. Come può dare un giro di vite alla libertà di parola un uomo dal cuore tenero e dalle umili origini come me? Dico solo che i media dovrebbero ricordare anche i risultati raggiunti dal mio governo..."
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