Perché il Milan non le diede fiducia? "L’anno prima era arrivato Alberto Bigon dal Foggia, pagato a peso d’oro e forse più bravo di me. Nel calcio di allora non c’erano le cinque sostituzioni come adesso: se non giocavi, cambiavi aria o rischiavi di guardare gli altri per un anno intero".
In rossonero tornò però nel 1975. Solo una stagione e un gol: indoviniamo a chi? "Sempre al mio amico Bordon - che conoscevo dalle stracittadine in Primavera - in un derby, ma stavolta decisivo: vincemmo 2-1, la nostra prima rete la fece Egidio Calloni, attaccante un po’ sottovalutato e maltrattato dalla critica. Non bastò, comunque, per restare a Milano. A quei tempi i contratti erano annuali e i club potevano darti il benservito, altro che adesso".
Due allenatori al Milan, Rocco e Giovanni Trapattoni: poteva andarle peggio. "Di sicuro. Alla Sampdoria, per esempio, conobbi Heriberto Herrera. Un martello: un anno con lui ne valeva tre con chiunque altro".
E sì che Rocco non aveva la fama del tenero. "Ero molto giovane e in un’intervista mi uscì una frase un po’ sopra le righe, con una parola sbagliata. Nereo non la prese bene e non vi dico la reazione l’indomani… Erano altri tempi, c’era un’altra educazione. Ma anche altre pressioni: i calciatori di oggi sono bombardati, non è facile mantenere equilibrio".
Certe scene, come quella di Leao e Theo lo scorso anno nel cooling break con la Lazio, come le avrebbe prese Rocco? "Semplicemente non si sarebbero viste, perché comandavano le società, non gli agenti dei giocatori. Un calciatore che stava in disparte dalla squadra in modo così plateale, mancando di rispetto all’allenatore e ai compagni, non avrebbe più messo piede in campo e avrebbe fatto fatica anche a trovare un altro club disposto a ingaggiarlo".
Allegri non sarà Rocco o Trapattoni, ma dal suo arrivo il Diavolo pare essere tornato sulla retta via. "A me piace Max e sono convinto possa portare il Milan a lottare subito per lo scudetto, oltre che a tornare in Champions League. Poi certo, il suo calcio non è in linea con il suo mentore Galeone, ma si avvicina più proprio a quello di Rocco e Trapattoni. Oggi si dice tutti sotto-palla e via con le ripartenze, prima lo chiamavamo catenaccio e contropiede. Cambia la terminologia, non la sostanza. Però, mi sembra che Leao con lui renda decisamente meglio".
Rafa è il suo preferito nel Milan attuale? "No, scelgo Pulisic. L’americano mi pare uno dei pochi che avrebbe potuto giocare pure negli anni Settanta, quando i Morini o i Burgnich ti riempivano di botte. Leao, con i difensori e le regole di una volta, non so come se la sarebbe cavata".
E Gimenez? "Si vede che soffre la pressione. Il Milan non è una squadra qualsiasi, se fai il centravanti e non segni la critica ti massacra, anche se magari hai fatto una buona partita. A Gimenez serve pazienza e un po’ di incoscienza, giocare libero di testa. Solamente così torneranno i gol, perché a volte non c’è una logica: nei momenti buoni tiri male dagli spogliatoi e la palla entra, in quelli cattivi colpisci in modo perfetto e il portiere ti fa un miracolo".
Ha parlato di scudetto, non vede l’Inter davanti al Milan? "Difficile dirlo, è ancora presto. Penso che alla fine siano sempre quelle tre o quattro squadre a essere in lizza. Per dire, tutti danno il Napoli in crisi, ma se guardi la classifica è lì a due punti dalla vetta...".
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Siamo all’ultima domanda, può sbilanciarsi: i suoi derby erano quelli di Rivera contro Mazzola, chi era più forte? "Due fuoriclasse, ma Gianni aveva quel tocco di genio in più. Sa qual è la verità? Con i campi e i palloni che ci sono adesso, Rivera avrebbe vinto sette Palloni d’oro".
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