Sul suo rapporto con i milanisti: «Io sono tifoso di Milan e Danimarca, alle altre voglio bene: è diverso. I milanisti lo hanno capito».
Sullo Scudetto vinto nel 2022 con il Milan: «Nel 2022, quando un compagno parcheggiava a Milanello, gli leggevo in faccia la gioia di esserci. La gara con la Lazio diede la spinta decisiva. Ibra creava tensione, in positivo e in negativo. Voleva solo vincere. Pioli è stato molto bravo a capire i momenti e noi a gestire il casino che Ibra creava. A volte dovevi mettergli una mano sulla spalla e dirgli “calma, respira”. Zlatan, però, mi ha insegnato tantissimo».
Sul Milan 2024-2025: «Per me ci sono stati troppi cambi. A tutti i livelli. Non dico di più perché dovrei parlare di cose che so dai miei amici, e sono questioni riservate. Certo, sono stato male come tutti i tifosi e ora sto molto meglio».
Sul Milan 2025-2026 di Massimiliano Allegri: «È tornato a essere il Milan. Se porti Modric e Rabiot, torni ad avere esperienza … e l’esperienza è una delle cose più sottovalutate oggi. Per me può vincere lo Scudetto perché ha un allenatore giusto. Adesso sai chi comanda. Lo scorso anno, non lo so».
"Gabbia il mio erede, Leão impari da lui"
—Su Matteo Gabbia come suo erede: «Sì, gli voglio bene. Difficile trovare un giocatore più professionale: è pronto a sacrificarsi per il Milan».
Sul senso che ha di chiedere a Rafael Leão di essere più continuo: «Sì, ha senso, glielo chiedo anche io. Rafa può essere uno dei migliori al mondo. Se solo imparasse un po’ da Gabbia. Dembélé ha vinto il Pallone d’oro e Rafa può essere allo stesso livello. Deve sviluppare un 1% al giorno. Per me non è capace di farlo da solo, pochi riescono da soli. Ha bisogno di un allenatore e una società che lo aiutino. Ha 26 anni e a 29 sarà troppo tardi: o ora o non ci arriva. Ci sono tante persone sulle sue spalle e non è facile».
Sull'Inter che avrebbe potuto prenderlo nel 2008: «Sì, l’Inter era interessata a prendermi e il Real mandò un’offerta al Midtjylland. Poi mi prese il Palermo».
Sul derby Inter-Milan di domenica 23 novembre e su chi è favorito: «L’Inter gioca in casa, vero? Allora dico 60-40 per l’Inter. In campo c’è equilibrio».
Sull'addio al calcio: «Ho saputo che il Milan non mi avrebbe rinnovato a settembre 2023. Allora ho cominciato a pensare a quali condizioni volessi. Ho avuto un paio di possibilità ma ho capito che avrei dovuto fare compromessi. E con mia moglie ho deciso che, su queste cose, i compromessi non si fanno».
Sulle offerte che gli erano arrivate: «Tante, qualcuna in Champions tra Danimarca, Belgio e Olanda. Ma nessuna è stata vicina al sì».
"In futuro? Magari lavorerò in un club italiano. Al Milan? Non so se ..."
—Sul decidere di smettere e se è stato difficile: «Sì, è stato difficile ma la mia scelta non è stata da un mese all’altro e questo aiuta. Certo, mi mancano gli amici e i compagni».
Sul perché è rimasto a vivere in Italia: «Perché qui stiamo bene. Io ho smesso per i bambini, per portarli a calcio e stare con loro. Finora ho perso più della metà della loro vita».
Sulla famiglia Kjær: «Un casino. Io parlo danese, mia moglie svedese, loro inglese, un po’ di italiano, tutto misto».
Sul suo lavoro al Midtjylland: «Sono nel board. Abbiamo cambiato un allenatore che non perdeva da 18 partite perché volevamo crescere: c’è una grande fame. Ora devo capire se voglio essere ds, dg o altro. Alcuni aspetti del calcio non mi piacciono. Quali? Ci sono troppi interessi. Se io ho un problema con te, te lo dico. Nel calcio spesso non si fa così. E ora capisco il gioco che c’è dietro».
Sul 12 giugno 2021, giorno dell'arresto cardiaco di Christian Eriksen agli Europei: «Cosa è cambiato? Tutto. Se Christian se ne fosse andato, non avrei più giocato. Ho capito che il calcio è il calcio, la vita è la vita. Il calcio è lavoro e passione, la vita è un’altra cosa».
Sul pensiero che torna lì tutti i giorni: «No, non ci ripenso, ma qualche giorno fa mi è successa una cosa. Durante una partita di mio figlio, un ragazzo si è fratturato il polso e l’ambulanza è entrata in campo. Mi sono sentito strano. Però, finché Christian starà bene, io starò bene. Mi hanno spiegato che, in un trauma, alcune cose le ricordi, altre no. Su quel campo eravamo in 40 e tutti insieme abbiamo ricordato quelle ore. Io ora non so quali ricordi siano miei e quali no».
Sul cerchio intorno ad Eriksen come se si fosse sviluppata la memoria di un'unica persona: «Sì. I compagni mi hanno detto che se non fossimo stati abbracciati, alcuni sarebbero corsi via. Qualcuno guardava, altri no. Se ho mai rivisto le immagini? No. Al massimo qualche frammento dai social».
Un flash per ogni emozione della sua carriera. Felicità: «Scudetto con il Milan».
Delusione: «Mondiale 2022. In Danimarca si dibatteva se andare o no in Qatar. Sembrava di non essere lì per giocare».
Spavento: «L’Europeo col malore di Christian, chiaro. In Turchia una volta i tifosi avversari hanno invaso il campo per picchiare giocatori e arbitro. Ho visto gli altri che correvano e ho capito che dovevo correre pure io ...».
Stupore: «Quando Theo contro l’Atalanta ha attraversato il campo ed è arrivato in porta …».
Su dove sarà Kjær tra cinque anni: «Spero qui, lavorando per un club. Magari farò quello che sto facendo col Midtjylland, ma in Italia. Non so se al Milan sia possibile. Farò qualcosa che mi interessa. Proverò col calcio, altrimenti … guarderò altrove».
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