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INTERVISTE

Inter, Manicone: “Maldini il più grande di tutti. Il derby è lo specchio della città di Milano”

Ex Inter, Manicone: 'Ecco chi temo del Milan. Derby specchio di Milano ...'
Le parole di Antonio Manicone a 'La Gazzetta dello Sport' tra derby, ricordi del suo passato all'Inter e nelle giovanili, il Milan di Allegri e il suo presente come vice-allenatore in Iran. Ecco tutte le sue dichiarazioni
Redazione

Antonio Manicone, ex centrocampista dell'Inter e oggi vice-allenatore in Iran è stato intervistato da 'La Gazzetta dello Sport' visto il suo passato in nerazzurro tra giovanili, prima squadra e allenatore di tanti talenti a Interello. Il mediano, a cui fu dedicato anche un coro, racconta al quotidiano milanese la sua esperienza nei derby, tra ricordi di sfide epiche, confronti con campioni del calibro di Maldini e Berti, e aneddoti del vivaio interista.

Inter, ecco le parole di Antonio Manicone

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Di seguito viene riportata l'intervista rilasciata ai microfoni de 'La Gazzetta dello Sport' tra derby, giovanili e il Milan di Allegri. Ecco le sue parole.


Manicone, partiamo da quel motivetto. "Non sono mai stato “un campione”, ma me lo cantano ancora per strada. Mi piace perché significa che ho lasciato qualcosa alla gente. Ho dato il massimo ed è bello essere voluti bene. Resto, però, sempre un ragazzo della Bovisa: sono cresciuto lì, zona piazza Dergano, sempre con i piedi per terra. L’Inter è entrata nella mia vita molto presto, dalle giovanili. Mio fratello è milanista, ma grazie a me in famiglia si sono spostati tutti sul nerazzurro».

Come era il derby da semplice tifoso? "Me ne ricordo uno, purtroppo doloroso. Ero a San Siro, in mezzo ad amici di scuola, molti milanisti, quando Hateley staccò su Collovati. Quel giorno ho imparato che nel derby non bisogna dare per scontato niente, e spesso è meglio essere sfavoriti. Per questo, mi piace dire che domenica i favoriti sono loro... Per me, ragazzo allo stadio, il sogno era giocare un giorno una partita così. Se ti impegni, a volte i desideri si avverano".

Lei c'è riuscito già nella prima stagione tra i grandi. "Nel 1992-93 ero appena tornato dal periodo a Udine. All'andata sapevo che sarei rimasto in panchina, e ricordo pochissimo della partita in sé, se non che fini uno a uno con gol di Lentini e De Agostini. Ho in testa, però, lo spettacolo sugli spalti, il tifo, l'energia: è stata, forse, l'unica volta in cui sono stato felice di non giocare per godermi quella prima volta. Al ritorno, invece, l'ho giocata tutta: stavamo vincendo 1-0, aveva segnato Berti. Provavamo una rincorsa incredibile sul Milan, poi col pari di Gullit finì tutto. In quegli anni i rossoneri erano una macchina da guerra, bastava vederli in allenamento".

Se dovesse isolare un solo episodio in quelle sfide? "L'anno dopo avevo superato Paolo Maldini, il più grande di tutti, che mi fece fallo, in maniera furba, come sanno fare i campioni: era rigore, ma l'arbitro era coperto... Poi presi una "stecca" durissima da Albertini. Il giorno dopo Demetrio mi chiamò a casa per scusarsi: nel derby non si guardava in faccia nessuno, ma ci si rispettava per davvero. La città può essere cambiata tanto, ma non il modo onesto in cui si vive questa partita. Il derby è lo specchio di Milano, ce lo hanno insegnato sin dalle giovanili".

A proposito, come è stato crescere dentro l'Inter? "In Primavera avevamo una bella squadra: io, Minaudo, Mandelli, ci chiamavano la Banda Bassotti perché eravamo piccolini, ma ci facevamo rispetta-re. Una volta, in un derby, compare un ragazzino di due anni sotto età: mi dicono subito che è il figlio di Cesare Maldini. Bastano i primi 5' e capisco: volava già... L'aver fatto il settore giovanile dell'Inter, sia da giocatore che poi da allenatore, mi ha comunque costruito come uomo. Mi ha dato una seconda pelle nerazzurra, che sento ancora addosso".

Anche Chivu è stato allenatore delle giovanili: la sta convincendo? "È primo sia in Italia che in Europa, cosa può fare di più? L’ho conosciuto, è umile, alla mano, come piace a noi interisti. È stato bravo a cambiare poco all’inizio, ora pian piano cerca di dare più intensità e verticalità. In generale, però, c’è continuità: società forte, tecnico forte, giocatori forti".

Lei aveva la fama di leader serio, tanti fatti e poche parole: c’è qualcuno che le assomiglia? "Ogni giocatore ha il suo carattere e va rispettato. Ad esempio, a me piace in campo e fuori Mkhitaryan, un’assenza grande in questa partita. Nel calcio spesso si impara più da ciò che si vede che da ciò che si sente, e avere nello spogliatoio persone come lui conta. L’Inter ha anche una coppia super di attaccanti: Lautaro ritrova Thuram ed è un fatto decisivo. Penso che il derby possa ricaricare anche gli azzurri che arrivano dalla brutta serata in Nazionale con la Norvegia, come Barella e Bastoni".

Del Milan di Allegri, invece, che idea si è fatto? "Mando un saluto a Max: io, lui e anche Gattuso abbiamo giocato insieme a Perugia nella stessa mediana. In pochi sanno sfruttare come Allegri i punti di forza della propria squadra e i punti deboli di quella avversaria. Lui ha subito dato solidità al Milan. Si sa che l’Inter ha sofferto tanto Leao in campo aperto, ma temo di più Pulisic: è ancora più difficile da marcare perché meno “leggibile” del portoghese".

Lo ha appena visto con l’Iran: come sta Taremi? E perché ha fatto così male a Milano? "Colpa solo e soltanto del fisico: aveva una pubalgia che non è riuscito a sistemare, avrebbe dovuto fermarsi tre mesi e non era possibile. Resta un grande professionista: all’Inter poteva fare di più, ma in nazionale è il capitano e sarà la guida al Mondiale".

Lavorando nello staff della Svizzera, invece, ha conosciuto da vicino anche Sommer e Akanji. "Sommer è un orologio: affidabile dentro e fuori dal campo, da 10 nello spogliatoio. Su Akanji posso dire solo questo: se negli ultimi anni lo volevano tutti in Europa, ci sarà pur sempre un motivo...".

Per chiudere, un giorno le piacerebbe rigiocare il derby da "dentro", nello staff nerazzurro? "Le ripeto che sono della Bovisa, dove ho imparato a godermi il presente. Mai dire mai, ma ora penso all’Iran. E al derby dei derby di domenica, chiaro".