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Leao, oggi in uscita il libro ‘Smile’: ecco i passaggi sul razzismo

esultanza gol Rafael Leao AC Milan Milan-Rennes 3-0 Europa League 2023-2024
Questa mattina è uscito in tutte le librerie “Smile”, il primo racconto generazionale di Rafael Leao. Ecco alcuni passaggi sul razzismo
Emiliano Guadagnoli Redattore 

Questa mattina è uscito in tutte le librerie “Smile”, il primo racconto generazionale di Rafael Leao, dove l’attaccante del Milan guida il lettore in un viaggio introspettivo dentro il suo mondo, tra vita privata, calcio e musica. Tra i temi toccati, il portoghese dedica un intero capitolo al problema razzismo (denunciato di nuovo sui social da Leao). Ecco le sue parole.

Leao parla di razzismo

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“… Non ho conosciuto l’esistenza della parola razzismo fino ai miei 8 anni. Nel Bairro da Jamaica tutti avevano lo stesso colore della pelle, non avevo mai percepitol’esistenza di qualcuno o di qualcosa di diverso da me stesso. Ero un bambino e non sapevo neanche cosapotesse essere la diversità. Eravamo una gigantesca famiglia, nessuno trattava qualcun altro con pocorispetto, tutti erano uguali, accomunati da una condizione mediocre che non ti impediva comunque di vivere la tua vita con dignità. Certo, avrei potuto capirlo, e il mio amico Paolo a volte me lo diceva. Ogni volta che andavamo al Carrefour eravamo quasi come invisibili agli occhi del cassiere. «Quello ci ignora, perché siamo piccoli e neri.» Era vero, per riuscire a pagare dovevamo chiedere aiuto a qualcuno più grande


L'episodio in Napoli-Milan: “… Alla nostra uscita dall’albergo per andare allo stadio i tifosi iniziarono a fischiare. Avevo le cuffie ma avevo staccato la musica: volevo sentirli, interiorizzare, utilizzarli per caricarmi e rendere ancora di più in campo. Non ero pronto ad ascoltare però quelli che erano degli ululati razzisti, dei versi di scimmia che per la prima volta sentivo così inesorabilmente, irrimediabilmente rivolgersi a me. Ho reagito nell’unico modo che conosco: ho sorriso, sicuro di indispettire ancora di più" e ancora: “… «Sono solo cori di antipatia, non sono razzisti», è la cosa più cretina che si possa dire. Insultare un giocatore avversario perché forte o antipatico, o magari entrambi, e farlo utilizzando dei modus operandi razzisti ti rende razzista. I gesti sono incredibilmente importanti quando si parla di temi sociali e vanno di pari passi all’educazione che le famiglie devono dare ai loro figli, che poi diventeranno adulti”.

Sul caso Maignan e Ibrahimovic

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"A Udine, il 20 gennaio scorso, hanno insultato con un gergo razzista il mio amico e compagno di squadra Mike. Un fatto assurdo e gravissimo. E anche quando ho visto Lukaku essere ammonito dopo aver festeggiato in faccia ai tifosi razzisti della squadra avversaria mi sono arrabbiato tantissimo. Se un calciatore viene continuamente bersagliato e si permette di esultare in maniera reattiva rispetto a quei tifosi, l’arbitro cosa fa? Lo sanziona? È una cosa che non ha senso, e anzi non fa altro che contribuire ulteriormente a un clima già abbastanza esasperato. Giustifica quei pazzi che pensano che al giorno d’oggi si possa ancora vivere in questo modo. Accadde la stessa cosa a Zlatan, nel 2021, sempre contro la Roma, dopo essere stato insultato per tutta la partita con una parola incredibilmente fastidiosa anche da ripetere. Esultò e l’arbitro lo ammonì. Non credo che l’Italia sia un Paese razzista, in questa nazione sono diventato un uomo, un grande calciatore e un professionista. Ma credo che le istituzioni sportive siano ancora molto indietro, e questo accade anche in tutto il resto dell’Europa. Spostare continuamente la responsabilità sul soggetto, chiedersi: 'Lui cosa ha fatto per provocare?' è il miglior assist possibile che si possa fare a un razzista. È successo al mio amico Mike e a Moise, prima ancora a Balotelli e continuerà a succedere fino a quando non sapremo cosa fare per fermarli. Siamo in una posizione privilegiata, siamo famosi, e anche i razzisti vengono a chiederci le foto. Ma non tutti possono, non tutti hanno la corazza della fama a proteggerli. A quelle persone non basta il sorriso di Rafael Leão. Gli serve qualcosa di più, e gli serve adesso".

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