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INTERVISTE

Weah: “Maldini ha pagato i risultati. Berlusconi ha sempre creduto in me”

intervista Weah AC Milan
George Weah, ex attaccante del Milan e oggi Presidente della Liberia, ha parlato in esclusiva a 'La Gazzetta dello Sport'. Le dichiarazioni
Daniele Triolo Redattore 

George Weah, ex attaccante del Milan per quattro anni e mezzo, dal 1995 al 2000, per un totale di 147 partite e 58 gol, oggi, come noto, è il Presidente della Liberia. Ha aperto un centro sportivo a Monrovia, Capitale del suo Paese e, per l'occasione, ha parlato a 'La Gazzetta dello Sport'. Ecco, dunque, le dichiarazioni di Weah sul calcio.

Ex Milan, Weah a 360° su calcio e non soltanto

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Sull'inaugurazione del centro sportivo: «Volevo che la gente conoscesse un po’ della storia del calcio della Liberia, di certe partite non c’è neppure una foto. E comunque questo non è un museo per celebrare me, è per ispirare i ragazzi, per spingerli a lottare per i loro obiettivi».


Su quanto è importante lo sport nei suoi piani di Presidente che tenta la rielezione: «Lo sport è importante per tenere i ragazzi nei posti giusti, lo sport è educazione e adesso bambini e giovani in Liberia possono studiare gratis. Quando sono cresciuto io ho avuto una unica opportunità: la scuola islamica, perché era gratuita e di soldi a casa mia non ce n’erano. Sono andato anche se ero di religione cristiana e ho imparato tante cose».

Sui risultati che, finora, ha ottenuto da Capo di Stato in Liberia: «Ricorda che cosa dicevano tutti quando sono stato eletto? “E’ un ex calciatore, non può essere in grado di fare niente ...”. Invece di cose per la mia gente ne ho fatte, prenda ad esempio questo campo sportivo. Non è soltanto un campo sportivo: è un punto di aggregazione che prima non c’era. Certo, c’è molto da fare. La mia priorità, soprattutto collaborando con i vicini di casa, come gli amici della Costa d’Avorio, sono le infrastrutture. Senza infrastrutture niente investimenti economici dall’estero, niente turismo, eppure la Liberia ha spiagge bellissime, niente di niente. Ma una cosa è fondamentale, anzi due: la pace e l’unità. Senza la pace l’economia va a rotoli. In questo paese non ci sono guerre da 11 anni e tutto comincia ad andare meglio».

Su quanto è importante, a livello internazionale, avere un nome come il suo: «Come dicevo, ho dimostrato che un ex sportivo può realizzare progetti anche quando assume un altro ruolo. Sa chi ha sempre creduto in me? Silvio Berlusconi: diceva che sarei stato un grande Presidente per il mio paese. Sono molto rattristato dalla sua morte. Lui per me non è mai stato soltanto il Presidente del Milan o il Presidente del Consiglio italiano. Ricordo che quando sono arrivato al Milan dalla Francia ho giocato nel trofeo Berlusconi e ho sbagliato un rigore. Cominciavano a criticare, ma lui disse: “Può capitare di sbagliare un rigore, non conta. George farà la storia con il Milan”. E abbiamo vinto il Pallone d’Oro».

Sul Pallone d'Oro vinto nel 1995 che non figura nel Museo di Monrovia: «No, è nella mia casa di New York. È lì da quando l’altra mia casa di Monrovia è stata bruciata. Ogni tanto me lo chiedono dal Milan per le esposizioni, lo spedisco in Italia, poi me lo rimandano. Con me ho i due Palloni d’Oro africani».

Su quante volte viene in Italia: «Complicato con il mio incarico. Le riunioni sono tutte qui o a Bruxelles. Però l’Italia mi manca e mi piace ancora parlare in italiano con i miei figli».

Sull'eventuale addio al Lille del figlio Timothy Weah: «Sta giocando con la Nazionale americana che ha battuto il Messico. Sono molto orgoglioso di lui, siamo tutti orgogliosi in famiglia, compreso George Junior che ha dovuto abbandonare l’attività per i troppi problemi al ginocchio. Timothy si sta guardando intorno: vediamo, sta parlando con alcuni club. È ancora giovane e troverà la sua strada nel calcio europeo. Ma anche qui ci sono tanti calciatori di qualità e vorrei spingere gli osservatori a venire in Liberia, invece di fermarsi sempre e soltanto in Costa d’Avorio o Nigeria o Camerun. Qui c’è tanto talento, ma non arrivano gli agenti e gli scopritori. Io sono andato in Camerun, poi in Francia, poi in Italia e ho fatto carriera. Adesso Gono, uno dei nostri ragazzi, ha firmato con l’Udinese, magari questo contratto aprirà la strada ad altri talenti. Magari collegando meglio la Liberia con il resto del mondo anche trovare una vetrina nel calcio sarà più facile».

"Maldini ha grandi capacità. Avrà ancora successo come manager"

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Sulla possibilità che la Liberia si qualifichi mai per un Mondiale: «Lo spero. Io con i miei compagni l’ho sfiorata nel 2002 e siamo riusciti a qualificarci a due edizioni della coppa d’Africa. Bei tempi. Ora sono vecchio (ride n.d.r.) e ho la pancia. Però gioco ancora e faccio fare tanti gol. E gioco anche a basket, qui nel nostro playground».

Sul licenziamento di Paolo Maldini dal Milan: «Paolo è un campione. L’ho sentito e glielo ho detto, “Paolo, non devi abbatterti, il lavoro è così, tutti i lavori hanno bisogno di risultati”. Il Milan si è fermato alla semifinale di Champions e ha dato motivo per mandarlo via. Ma il suo lavoro nel club è buono e non andrà distrutto. Ha visto quanto ha impiegato Pep Guardiola a vincere la Champions League con il Manchester City? Eppure Guardiola è bravissimo. Ci vuole tempo, ma Paolo ha grandi capacità e avrà ancora successo anche come manager».

Sulla finale di Champions League tra Manchester City e Inter: «L'ho vista, sì, e devo ammettere che l’Inter è stata sfortunata. Non ho capito perché un giocatore importante come Romelu Lukaku è rimasto in panchina».

Su Lukaku: «Non era pronto per una partita intera? Beh, ma se un campione non sta benissimo gli fai iniziare la partita e poi magari lo sostituisci dopo. A me una volta è capitato con il PSG: ero uscito dall’ospedale, ma c’era una partita di Champions importante. Ho fatto gol e dopo sono andato in panchina. Il PSG ha vinto quella gara».

Sui suoi ricordi più belli con il Milan: «Difficile scegliere. Il mio gol decisivo contro la Roma all’Olimpico forse, la vittoria a Torino contro la Juve nel 1999. Sono stati bellissimi gli Scudetti vinti in rimonta: quando credi in un obiettivo e hai qualità, lo raggiungi sempre. Guardi Lionel Messi: tutti criticavano l’Argentina dopo la sconfitta con l’Arabia Saudita. Ma lui sapeva quanto valeva la squadra e ripeteva che la prima partita non vuol dire niente. Lo ammiro perché è un talento, è intelligente, parla poco e lavora per la squadra. E mi piace Cristiano Ronaldo: un professionista serio. Questi sono esempi giusti per i ragazzi».

Su Messi e Ronaldo a fine carriera: «E allora? Se uno è bravo lo è anche da vecchio. Guardi me (ride ancora, n.d.r.)».

Su quanto gli piace il calcio di oggi: «È veloce, meno violento di prima, c’è meno ostruzionismo. Certo che mi piace. E seguo ancora i campionati: ora le mie squadre sono Atletico Madrid e Juve».

Sulla Juventus: «Sono sempre stato juventino, mi sono innamorato della Juve con Michel Platini e se mi chiede con quale altra squadra avrei voluto giocare dico Juve. Ma il Monaco è la mia prima famiglia calcistica e il Milan la seconda. E spero tanto di vedere Timothy giocare in Italia prima o poi. Perché in Italia sono sempre piaciuto a tutti, i tifosi di tutti i club mi hanno rispettato. E questo mi è rimasto nel cuore». Milan, le idee per rinforzare la mediana >>>

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