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INTERVISTE

Inter-Milan, Shevchenko: “Sono positivo. Dimenticare il primo tempo”

intervista Andriy Shevchenko AC Milan Milano Football Week
Andriy Shevchenko, ex attaccante del Milan, protagonista alla 'Milano Football Week'. Ecco le sue dichiarazioni odierne
Daniele Triolo Redattore 

Andriy Shevchenko è ospite alla 'Milano Football Week'. Ecco tutte le dichiarazioni dell'ex attaccante del Milan, così come riportate da 'MilanNews.it'.

Milan, le parole di Shevchenko tra passato e presente

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Sul suo arrivo in rossonero: “La mia carriera al Milan è stata fantastica. Quando sono arrivato al Milan la prima volta conoscevo i grandi campioni e la società che c’erano …. Io ero un ragazzo giovane, arrivando al Milan ho fatto uno step molto grande. Quello che mi ha impressionato più di tutto è che il Milan sia una famiglia: la grandezza di Paolo Maldini, Alessandro Costacurta, Demetrio Albertini. Mi hanno accolto con un grande abbraccio, mi hanno aperto il cuore aiutandomi ad inserirmi bene in Italia. Costacurta è sempre stato vicino a me”.

Sulle prime emozioni provate: "Mi sono sentito a mio agio esprimendo tutte le qualità al meglio. Io mi ricordo i primi gol, come la tripletta alla Lazio all’Olimpico, mi sentivo benissimo …. Ho giocato contro Alessandro Nesta ed è stato un momento bellissimo. Emozionarmi è parte del mio carattere. Ci tenevo tanto a venire a Milano, era un obiettivo diventare un giocatore forte anche per il mio Paese”.

Sulla telefonata per la vittoria del Pallone d’Oro: “Non ci credevo. È sempre stato un mio sogno. Da bambino guardavo chi aveva vinto il Pallone d’Oro tra gli ucraini, io ero cresciuto guardando loro. Nel Milan guardavo Marco van Basten, attaccante incredibile. Il target era molto alto, è stato un sogno per me vincerlo. Quando l’ho saputo sono stato contento. Grazie ai miei compagni: senza il Milan, senza i miei compagni del Milan e dell’Ucraina non ce l’avrei fatta”.

Shevchenko sulla trattativa per il suo trasferimento al Milan nel 1999: “Sapevo che veniva un dirigente del Milan per incontrarsi con la Dinamo Kiev. Ariedo Braida si presentava molto bene, elegante, con la cravatta. Mi portò una maglia del Milan e mi disse “Tu con questa maglia puoi vincere il Pallone d’Oro”".

Sulla sua prima volta a San Siro: "Quando venni per la prima volta a visitare San Siro mi dissi: io tornerò a giocare qui. C’erano altre squadre su di me, ma il Milan mi ha voluto di più. Quando Adriano Galliani venne a vedermi io non feci una grande partita, ma mi ero già fatto notare in altre gare”.

Sul rigore tirato a Manchester nella finale di Champions League del 2003 contro la Juventus: “Ogni volta che ci penso mi emoziono. È il momento più bello della mia storia. Scrivere il mio nome dentro la storia del Milan è pazzesco. Non fu un anno facile per me. La stagione era cominciata molto male, con un infortunio di 3 mesi. Il rientro era stato molto difficile, Carlo Ancelotti cambiò formazione passando all’albero di Natale. Non mi piaceva tanto, ma funzionava. La squadra giocava bene. Io ero in panchina e soffrivo tanto, ma capivo anche il momento. Aspettavo il mio momento. E quel momento è arrivato contro il Real Madrid. Mi chiamò Ancelotti e mi disse che mi dava l’occasione di giocare. Ancelotti è un grande allenatore, lui crea sempre un feeling incredibile con i giocatori. Riuscì a motivarmi e io ero già molto motivato. Vincemmo 1-0 contro il Real con un mio bellissimo gol e li ripartì la mia stagione. Poi essere protagonista nelle semifinali contro l’Inter, partite difficilissime e molto sofferte, e in finale con la Juve è stata una emozione forte”.

Shevchenko sul suo gol nel derby Inter-Milan 1-1 del 2003: “C’era tensione, qualcuno non riusciva a dormire, c’era tanta pressione. Nessuno voleva perdere. Quando giochi davanti non hai molto spazio e tempo, Iván Cordoba era forte e mi marcava; io chiesi a Clarence Seedorf di passarmi la palla nel momento giusto. Lui mi capì e il mio gol arriva su un suo assist al momento giusto. Lo segnai con istinto, già sapevo come posizionarmi".

Su Fabio Cannavaro: "La Serie A era la più forte del mondo. Il Parma era fortissimo, per esempio, senza citare le big storiche. C’erano grandi nomi e grandi giocatori. Cannavaro aveva personalità, non lasciava mai spazio, veloce, saltava bene, bisognava trovare i mezzi per sbilanciarlo. Ognuno di noi ha i suoi trucchi. Io studiavo sempre bene i difensori. Ho visto tante immagini di Cannavaro e sapevo che era molto bravo sull’anticipo, quindi mi creavo spazio per andare incontro e poi sul lungo”.

Su quanto conta la personalità per giocare nel Milan: “Io non penso che campioni si nasce, ma si diventa. Si nasce con il talento, ma per diventare campione servono sacrificio, lavoro, intelligenza, voglia di migliorare. Trovare nuovi obiettivi un volta raggiunto uno. Bisogna saper gestire i momenti difficili. Ho visto grandi giocatori non saper gestire momenti di grandi pressioni, e quelli con meno talento che si trasformavano nei momenti di pressione, dando messaggio alla squadra di compattezza e di voglia di lavorare per la squadra”.

Su Valery Lobanovski: “Nella mia vita ci sono state persone che mi hanno trasformato, sarò sempre grato a loro. Lobanovski è un esempio di grande allenatore, ha cambiato il calcio mondiale e lavorare con lui mi ha cambiato in disciplina, voglia di sacrificio, anche a livello fisico”.

Su come si gestisce l’attesa del derby tra andata e ritorno: “Racconto la mia esperienza. Eravamo tutti nervosi. Gattuso ci faceva pensare ad essere gruppo, vedendolo. Io cercavo di guardare Maldini: la sua, la sua esperienza, la sua grandezza, la sua tranquillità. Anche Costacurta ci guidava. Ma a me questa pressione mi piaceva tanto, mi eccitava, mi dava forza, mi incuriosiva il momento di grande tensione. Mi preparavo bene psicologicamente”.

Sul come ha visto il derby d’andata Milan-Inter 0-2: “(Sospira, n.d.r.) Io sono positivo. Bisogna dimenticare il primo tempo. Nel secondo tempo c’è stata una giusta reazione, con spirito e atteggiamento giusto, con un piano di gara. Bisogna che il ritorno sia come il secondo tempo: si possono giocare così le proprie chance”.

Su Stefano Pioli: "L’allenatore ha tante pressioni. Ho tanto rispetto per Pioli: il lavoro che ha fatto nel Milan, con Scudetto e semifinale, è positivo. Lui conosce bene la squadra, bisogna fidarsi di lui. Nel ritorno, con lo spirito nel secondo tempo, può succedere di tutto”.

Sul figlio: "Il mio secondo figlio sta provando a diventare calciatore, lui ha ambizione. È difficile, ma ci sta provando. Era al Chelsea, ora gioca nel Watford”.

Shevchenko sulle similitudini del Milan attuale con il suo: "La forza del Milan è il gruppo, la voglia di stare insieme, che si divertono insieme, che hanno obiettivi simili, che guardando la vita nella direzione simile si crea un gruppo vincente. Questa era la forza del Milan del nostro gruppo. Ora è ancora così? Io lo vedo. Le squadre che vincono creano gruppo. Tu puoi avere 10 campioni, ma se non si trovano bene sarà difficili vincere qualcosa. Serve lavoro della società, dell’allenatore, ma la maggior parte deve arrivare dai giocatori. Se tu giochi per una grande squadra capisci gli obiettivi di una grande squadra, tu ti rendi conto che da solo non puoi vincere niente. Il gruppo è la cosa più importante”.

Sull'aneddoto che può raccontare dopo una vittoria: “Mi piace tantissimo la musica. Dopo la vittoria in Supercoppa Europea a Montecarlo ci siamo messi a cantare insieme, cantava Ancelotti e lui è imbattibile in queste cose qua”.

Sulla finale di Champions League a Istanbul? “Queste sono cose da giornalisti che create sempre coincidenze (ride, n.d.r.). Sarebbe bello vedere il Milan che torna a Istanbul. E vince”.

Shevchenko sull'essere il top scorer di sempre nei derby tra Milan e Inter: “Quando sono arrivato ho sentito tanto del derby: la pressione, la città che parla… Non abbiamo avuto tanto tempo per preparare il primo derby. Ci fu un evento organizzato dalla Gazzetta con 3 giocatori del Milan e 3 dell’Inter. C’era il diluvio a Milano. Alle 17 eravamo tutti in orario: c’erano Olivier Bierhoff, io, per l’Inter c’era Ronaldo, Christian Vieri e Iván Zamorano; aspettavamo George Weah che era in ritardo. Arriva lui vestito da militare. E io ho pensato: adesso ho capito cosa vuol dire il derby di Milano”. Milan, scelto il sostituto di Rebic >>>

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