Sull'Empoli: "Sono tra i migliori per lanciare i giovani e farli giocare, non hanno paura di inserirli, tante volte esiste questo timore da altre parti. Ho avuto la fortuna di aggregarmi alla prima squadra quando era in Serie B, dove puoi avere più spazio, abbiamo anche vinto il campionato e sono arrivato in Serie A. Ho fatto un po’ di anni prima di uscire da quella comfort zone. Nelle giovanili ero bravino, ma non ero tutto questo fenomeno da dire… ma piano piano, con il lavoro e restando sempre concentrato, senza farsi distrarre da altre cose, ce l’ho fatta. Ho fatto un percorso lineare, mi hanno anche dato la possibilità di farlo e di mettermi in gioco. È stata la mia fortuna".
Sul primo impatto in Serie A: "Il passaggio dalla Primavera è stato brusco. Non è comparabile neanche con un allenamento con i grandi. Ho avuto un po’ di difficoltà all’inizio, ho notato che vivevo il calcio ancora come un gioco e non del tutto come un lavoro. Questo switch ce l’ho avuto quando sono arrivato al Torino: prima vivevo il calcio come un ragazzo, la chiamata del Toro mi ha fatto dire ‘Si inizia a fare sul serio’. Ho iniziato a curarmi di più, ad andare in palestra, lavorare sui miei deficit. Questo cambiamento è arrivato anche grazie a Jurić. Essere uscito dalla comfort zone ha aiutato: secondo me prima lo fai, meglio è. Io l’ho fatto con i tempi giusti, ma mi sono detto: ‘Adesso o cambio, o non gioco mai’. E da quel momento mi sono ritagliato il mio spazio".
Sul ruolo: "Mi piace molto avere la palla tra i piedi, mi piace andare a cercarmela nei momenti della partita in cui arriva meno. In Serie A è complicato perché c’è molta tattica e le squadre giocano chiuse: è difficile trovare spazi. Anche se ho notato che in B è ancora più complicato per questo punto di vista, è un campionato particolare perché come abbiamo visto anche quest’anno, non serve avere nomi ma più la compattezza del gruppo. In B è molto difficile giocare con la palla perché ti pressano tanto e trovi squadre, soprattutto quando vai in trasferta, molto chiuse, e ne escono partite “brutte” e sporche. È una caratteristica generale del campionato italiano e gli stranieri che arrivano da noi trovano difficoltà in tal senso. Ho avuto modo di parlare con i ragazzi arrivati dalla Premier League, ad esempio, e riscontrano questa difficoltà, magari sono avanti sotto altri aspetti. Adams al Torino me lo ha confermato, poi per gli attaccanti è ancora più difficile perché in Italia le difese sono veramente toste e soprattutto è tosto il modo di difendere".
Su cosa deve migliorare: "Devo migliorare in tante cose. Tecnicamente, certo, ma anche dal punto di vista della presenza in campo. Non parlo tanto della grinta, quanto proprio del riuscire a essere più "dentro" la partita. A volte mi piace abbassarmi a prendere palla, ma magari perdo qualcosa nella fase difensiva, quella più dura. Però rispetto a com’ero prima, anche grazie al lavoro fatto recentemente, sono migliorato tanto, soprattutto fisicamente. Ho lavorato molto sulla forza nei primi anni, e ogni stagione continuo a migliorare. I margini ci sono sempre, sotto tanti aspetti: fisico, mentale, ma anche extra-campo, come l’approccio e la preparazione. A livello tattico quello forse è un po’ più difficile se non hai una predisposizione naturale, ma è comunque un’area in cui cerco di crescere. Poi, tutto ciò che riguarda la parte atletica, la puoi allenare anche al di fuori del campo, ed è lì che puoi fare la differenza".
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