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Rangnick: “Giusto tenere Pioli. Non avrei puntato su Ibra. Su Maldini …”

Ralf Rangnick (credits: GETTY Images)

ULTIME NOTIZIE MILAN NEWS - Ralf Rangnick, per lungo tempo in procinto di approdare al Milan, torna a parlare della squadra rossonera. Le sue dichiarazioni

Daniele Triolo

"ULTIME NOTIZIE MILAN NEWS - Ralf Rangnick, che era stato in procinto di diventare nuovo manager del Milan, ha rilasciato un'intervista in esclusiva ai microfoni de 'La Gazzetta dello Sport' oggi in edicola. Queste tutte le dichiarazioni di Rangnick:

"Sui primi contatti con il Milan: "Fine ottobre, quando la squadra era in situazione complicata: a tre punti dalla zona retrocessione".

"Sui contatti durati per mesi: "Se lo avete scritto è perché qualcuno ve lo ha detto. Io non ne ho mai parlato in pubblico. Ma per mettere in chiaro: nessun contratto o penale, fino a tre settimane fa ero impegnato con la Red Bull".

"Sul colpo di scena della conferma di Stefano Pioli: "La squadra è stata la migliore post coronavirus. Cambiare non sarebbe stato né rispettoso. Pioli ha meritato la conferma, anche per la persona che è: l'ho apprezzato nelle interviste, sempre concentrato sugli obiettivi. Se poi è la scelta giusta nel medio e lungo termine, è un'altra questione".

"Sui toni non positivi di Zvonimir Boban e Paolo Maldini verso di lui: "Nella vita una delle mie regole è: non parlare di chi non conosci personalmente. E da parte mia non è stata mai detta mezza parola sul Milan. Mai. Posso parlare di Maldini, ex giocatore: è stato straordinario, una leggenda vera e propria. Ma non posso dire lo stesso da direttore sportivo: semplicemente, non lo conosco in questo ruolo. Da esterno ci si può chiedere se la proprietà è contenta dei risultati in rapporto al denaro investito negli ultimi anni. Io la causa del divorzio tra Boban ed il Milan? Dovete chiedere a chi rappresenta il club".

"Sul possibile taglio di Zlatan Ibrahimović con lui in panchina: "La domanda da fare è un'altra. Perché il Milan si era rivolto a me? Cosa mi volevano far fare? Se lo ha fatto è perché, magari, cercava una svolta. Lavoro alla crescita ed i giovani imparano molto più in fretta. Non è nel mio stile insistere su giocatori di 38 anni, non perché non siano abbastanza bravi, e Ibra certamente lo è, ma preferisco creare valore e sviluppare il talento. Per me ha poco senso puntare su Ibrahimović o su Simon Kjaer, ma è la mia idea, né giusta né sbagliata, semplicemente diversa. Quando Ibra ha detto di non conoscermi non aveva torto, perché anche io non lo conosco personalmente, non avendoci mai parlato".

"Su cosa deve fare il Milan per tornare ai vertici: "Porsi un obiettivo concreto, in questo caso la Champions League, perché nessuno è felice di giocare in Europa League, magari il giovedì sei a Baku e la domenica sei a Cagliari. Sarà paradossale, ma l'esempio è a 30 chilometri da Milano: l'Atalanta ha un terzo del fatturato del Milan ma arriva davanti. Fanno investimenti intelligenti, ha un settore giovanile tra i migliori d'Europa. Se qualcuno è bravo, io cerco di capire che strada ha seguito. Gian Piero Gasperini è bravissimo, ma non è il solo. Si vince di squadra. Tra gli allenatori italiani cito subito anche Antonio Conte: ha uno stile di calcio sofisticato, attivo e aggressivo".

"Sul suo stile di calcio: "Se si vuole avere successo, una società deve sapere quali sono i suoi valori. Alla Red Bull l'idea di calcio è stata sempre quella di un calcio ad alta velocità, con pressing e contro pressing, in America ora lo chiamano 'Ralfball'. Ogni giovane giocatore è stato formato così".

"Sul segreto del successo delle squadre della Red Bull: "A giugno 2012 Dietrich Mateschitz (co-fondatore di Red Bull, n.d.r.) mi chiamò per allenare il Salisburgo. Ha insistito tanto da arrivare in elicottero a casa mia, a Backnang. Mi chiese come poter avere nel calcio lo stesso successo che aveva con Sebastian Vettel in Formula Uno. La mia risposta fu di puntare sui ragazzi al primo o al secondo anno da professionista, non all'ultimo. Poi suggerì che tutte le squadre del gruppo avessero lo stesso stile di gioco e scouting comune. Mi convinse a fare il direttore sportivo delle sue squadre. Abbiamo preso il Lipsia in quarta serie, siamo arrivati dove sappiamo con giocatori che sono o erano con noi da anni: Lukas Klostermann, Diego Demme, Youssuf Poulsen, Marcel Halstenberg, Péter Gulácsi, Marcel Sabitzer, Emil Forsberg, Timo Werner, Dayot Upamecano. Al Lipsia non abbiamo avuto mai una crisi: nei prossimi 100 anni sarà difficile ripetere quanto fatto. Oggi il club vale 800 milioni. A Mateschitz ho sempre detto: 'Spendo i tuoi soldi come se fossero miei'. Su investimenti sicuri, come Erling Braut Haaland, che vidi tre anni fa per la prima volta al Molde. Tra Hoffenheim, Lipsia e Salisburgo la crescita di valore dei giocatori da noi acquisiti è passata da 120 a 1.200 milioni, 10 volte di più".

"Sul suo futuro da allenatore o da direttore sportivo: "Dipende dal progetto. Negli ultimi 36 anni ho sempre avuto più successo quando potevo essere più di un semplice tecnico, un 'trainager', allenatore e manager. Ma mi considero parte di un ingranaggio con tanti pezzi. Cerco le persone migliori, le personalità più forti, dallo staff ai nutrizionisti, dallo psicologo ai video analyst, fino ovviamente al settore scouting".

"Sul suo modello da applicare nella Serie A italiana: "Funzionerebbe ovunque se ci sono sostegno e condivisione. Jürgen Klopp non porta un giocatore la cui mentalità non si adatta all'idea di gioco che ha. Pep Guardiola lo stesso. Giocatori che non cercano gli ingaggi migliori, ma un allenatore che mostri esattamente cosa vuole fare con loro".

"Sui suoi maestri Arrigo Sacchi e Zdenek Zeman: "Giocai in amichevole, da allenatore-giocatore, contro la Dinamo Kiev di Valerij Lobanovski e mi impressionò: correvano da sembrare 14 in campo. Nel 1991 ero con mia moglie in Trentino e scoprì che vicino si allenava il Foggia di Zeman: feci avanti e indietro tutti i giorni per seguirlo. E poi Sacchi. Di lui ho un ricordo che mi lega proprio a Milano: con lo Schalke 04 vincemmo 5-2 a 'San Siro' contro l'Inter del Triplete, la eliminammo ai quarti di Champions League. La sera prima, in hotel, incontrai Adriano Galliani che aveva letto alcune mie interviste e mi propose di parlare con Sacchi al telefono. Gli dissi che il suo Milan mi aveva impressionato e plasmato più di ogni altra squadra. Oggi la soddisfazione è avere 8 dei 18 tecnici della Bundesliga che hanno lavorato con me. Più altri che sono all'estero: Roger Schmidt, Ralph Hasenhüttl, Gerhard Struber, Joachim Löw, il vice di Thomas Tuchel".

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