Thomas Nordahl, figlio di Gunnar, ex calciatore del Milan, ha rilasciato una lunga ed interessante intervista ai microfoni del quotidiano 'La Gazzetta dello Sport', nella sua edizione online. Ecco, dunque, le sue parole.


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Il figlio di Nordahl: “Papà amava il Milan. Morì con un costume rossonero”
Thomas Nordahl: "Volevo smettere di giocare. Papà mi disse ..."
—Che padre è stato Gunnar Nordahl? "Mai invadente. In Italia da piccolo ho praticato il nuoto, poi mi sono anche dedicato al tennis. Con il calcio ho cominciato a 14 anni, quando siamo tornati in Svezia. Avevo 18 anni e papà mi allenava nel Degerfors. Se non giocavo bene, c’era chi malignava "Quello è lì perché c’è il padre". Se giocavo male: "Bella forza, con il padre che ha…". Piangendo gli dissi: "Smetto, non ce la faccio più". Lui mi abbracciò e mi fissò negli occhi: "Io credo che tu abbia talento, continua a giocare. Ma da oggi ognuno va per la sua strada".
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"E così fu: passai all’Orebro, a 60 chilometri da casa, dove vivo tuttora, con un contrattino, compresa una camera con cucina. E il telefono per sentirci. Ha avuto ragione lui. Quando firmai per la Juve, nel 1967, mi avvertì: "Ripassa la lingua, informati, assorbi la cultura. Guarda cosa si mangia, come si gioca a carte, come si scherza in compagnia, impara le canzoni. E non dire mai: noi in Svezia facciamo così". Anche lì si rivelò prezioso. Poi lo stop agli stranieri fermò tutto: andai in prestito all’Anderlecht. Anch’io, come papà, ho battuto l’Inter: nella Coppa delle Fiere 1969-70, in semifinale perdemmo 1-0 a Bruxelles, ma poi vincemmo 2-0 a San Siro, in finale fummo sconfitti dall’Arsenal".
Thomas Nordahl: "Con il Milan una bellissima storia d'amore"
—Quali ricordi ha di quell’Italia degli anni 50? "Papà è stato il primo svedese in Italia, ha aperto molte porte. Con il Milan per tutti noi è stata una bellissima storia d’amore, da voi abbiamo lasciato un pezzo del nostro cuore. Dal gennaio 1949, papà e mamma Irma sono stati undici anni in Italia. Nel 1946 sono nato io, nel 1953 mia sorella Anna Charlotte, tutti e due in Svezia. Per noi figli era difficile: papà non era mai del tutto nostro. Mi spiego: aveva sempre gente attorno a lui, tutti gli volevano parlare. Lui e mamma venivano dal nord della Svezia, non erano abituati a viaggiare, avevano studiato poco".
"Per arrivare da voi ci volevano due giorni e mezzo di treno. Non sapevano l’italiano e non era come oggi, che se per caso hai due linee di febbre accorrono da te quattro medici. Però per papà tutto ciò che ha vissuto tra Milano e Roma è stato come una favola incredibile: si riteneva molto fortunato. Da adulto ho capito la portata della scelta dei miei: nel Dopoguerra l’Italia non era considerata un Paese sicuro, in Svezia si viveva meglio".
Thomas Nordahl: "Il Milan era la passione di mio padre".
—Attaccante implacabile, allo stesso tempo uomo molto mite: suo padre era davvero così? "Papà era sì un grande giocatore, ma soprattutto una persona molto umile, forse troppo. Pensava tanto agli altri, c’è chi ne ha approfittato. Si accontentava di ciò che gli davano, non chiedeva mai nulla di più di ciò che aveva stabilito. Il Milan era la sua passione. Tornò a San Siro nel 1992 per la gara col Goeteborg: Van Basten segnò quattro gol e lui si alzò per applaudirlo. Al centenario nel 1999, il Milan mi invitò per darmi una medaglia alla memoria".
"Volevo ringraziare Silvio Berlusconi: mio padre era morto nel 1995 in Sardegna, il presidente organizzò il rientro della bara in Svezia. Alla festa mi chiamò al suo tavolo e me ne indicò uno vicino dove c’erano Papin, Savicevic, Gullit e altri ancora. Mi disse: "Thomas, vedi quelli? Hanno preso un sacco di soldi, ma la colpa è mia che li ho viziati. Per fortuna tuo padre non gioca adesso, non ci saremmo potuti permettere di pagarlo".
Thomas Nordahl: "Chi meglio tra papà e Ibrahimovic? Essere secondi dietro a Zlatan ..."
—In Svezia fate mai confronti tra lui e Ibra? "Sì, si discute se sia stato più grande mio padre o lui: papà era più goleador, Zlatan è stato più completo. Comunque non sarebbe male finire secondo dietro Ibra… Zlatan ha un’autostima eccezionale, e ciò non guasta. Spero abbia successo anche da dirigente: ho un motivo in più per tifare Milan".
L’Italia nel destino: suo padre morì ad Alghero: "Quando gli venne l’infarto nella piscina dell’hotel, pare indossasse un costume rosso e nero. Non sono rimasto sorpreso, mi piace pensare che sia vero". LEGGI ANCHE: Calciomercato Milan, incontro per il super talento: i dettagli | ESCLUSIVA PM >>>
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