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INTERVISTE

Ibrahimovic: “Non c’è ego. Conta il Milan. Vogliamo che abbia successo”

Ibrahimovic Moncada AC Milan allenamento Milanello
Zlatan Ibrahimović non è mai stato un calciatore come gli altri, e la sua carriera continua a stupire anche come "dirigente" del Milan
Emiliano Guadagnoli Redattore 

Zlatan Ibrahimović non è mai stato un calciatore come gli altri, e la sua carriera continua a stupire, anche fuori dal campo. Dopo aver dominato per anni i palcoscenici più prestigiosi del calcio mondiale, il fuoriclasse svedese ha intrapreso un nuovo capitolo nella sua vita, questa volta come parte della dirigenza del Milan, rappresentante di RedBird. Un ruolo che lo vede lontano dal campo da gioco, ma non per questo meno cruciale. Zlatan Ibrahimovic ha rilasciato queste parole ai microfoni di GQ Italia: ecco qui le sue parole sul progetto rossonero. 

Ibrahimovic: "Il mio ruolo non conta. Il Milan è il migliore. Conta solo lui"

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"Alla fine, il mio ruolo non conta. Quello che conta è il Milan. Noi vogliamo che il Milan abbia successo. Tutto quello che facciamo qui, lo facciamo per il Milan. Non c’è ego, almeno per me. L’ho detto, non è un one-man show. Preferisco stare nell’ombra, non voglio nemmeno prendermi nessun merito. Credimi, ho detto ai ragazzi: 'non voglio nemmeno essere nelle foto o nei video'. Poi ho capito che devono sfruttare certe dinamiche, e questo lo rispetto. Ma fidati: se fosse per me, non mi vedresti. Lavorerei e basta. Lavoro, lavoro, lavoro. Il Milan è la stella. Non io. Io sono qui oggi, sono qui domani, ok. Ma dopodomani? Magari non ci sono più. Il Milan invece continua a esistere. E io lo faccio per il Milan, non per me. Il Milan mi ha dato felicità la prima volta. E me l’ha data anche la seconda volta. Ma non lo faccio per un interesse personale. Non ho bisogno di questo. Sono famoso, non mi servono soldi, e non mi servono nemmeno follower. Lo faccio per il Milan, e perché voglio imparare cose nuove. Quando giocavo, tutto girava intorno a me. Oggi sono il bodyguard: se devono sparare a qualcuno, che sparino a me. Io voglio proteggere squadra e società. Non mi fa paura, perché io sparo due volte indietro. Quindi posso essere io il bersaglio. Ho passato dieci anni di guerra. E se vivi una guerra nei Balcani, non è che ti chiamano per dirti come va. Sei tu che aspetti la chiamata, per sapere cosa sta succedendo. Per sapere se la tua famiglia sta bene. Ogni giorno qualcuno ti chiama piangendo, e tu non sai se domani saranno ancora vivi. E tu non puoi fare niente. Se qualcuno ha passato dieci anni così, non ha paura di nessuno. Perché quella è un’altra cosa. Quella è la vera paura. E quando i media parlano di me? Non mi tocca. Per 25 anni da calciatore mi hanno attaccato ogni giorno. Perché? Perché ero il migliore. Che parlino bene o male, se parlano di te significa che sei in cima al mondo. E qui è uguale: tutti parlano sempre del Milan. Perché? Perché siamo i più grandi". LEGGI ANCHE: Milan Futuro, confusione, poca esperienza e mercato: tutti gli errori>>>