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Galliani: “Ibrahimovic? Con lui chi non corre finisce appeso al muro”

Adriano Galliani, ex amministratore delegato del Milan (credits: GETTY Images)

Adriano Galliani, ex amministratore delegato del Milan, nell'intervista rilasciata alla "Gazzetta dello Sport", ha parlato del ritorno di Zlatan Ibrahimovic

Salvatore Cantone

CALCIOMERCATO MILAN - Adriano Galliani, ex amministratore delegato del Milan, ha parlato del ritorno di Zlatan Ibrahimovic nell'intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport: "Zlatan ha una tale forza morale, un carisma, una determinazione per cui sarà sempre decisivo. In trentuno anni di storia rossonera non ho mai visto un giocatore appenderne al muro un altro perché non si impegnava abbastanza. Di liti ne ho viste eccome, ma mai qualcuno appeso al muro, nel senso letterale del termine. Ibra è così e lo farà ancora se vedrà un compagno non allenarsi al massimo. Anzi stavolta sentirà ancora di più questa responsabilità: Zlatan porterà aria pura".

Sarà anche un giocatore da 56 gol in 85 partite come nelle prime due stagioni?

"Tecnicamente può fare la differenza. Ha una fisicità devastante, in quindici giorni sarà al meglio della condizione. Sarà determinante in campo e fuori".

Davvero voleva portarlo con lei al Monza?

"Verissimo. L’ho chiamato per proporgli un grande percorso insieme. Si è messo a ridere. Poi ha capito che non scherzavo e si è fatto serio : “Ehm, capo…”. Ha declinato l’invito e scelto il Milan, per cui va bene così. Ha scelto una soluzione che mi fa contento allo stesso modo".

Lo aveva convinto quando era una star nel pieno della carriera. Insieme siete scesi da un jet privato il 29 agosto 2010, al termine di una trattativa lunghissima. Ricordi?

"Parto per Barcellona dove ci sono Zlatan e Raiola ma non Sandro Rosell, il presidente del club. Era a Ibiza in vacanza ma grazie alla nostra grande amicizia lo convinsi a rientrare. Per scaramanzia il rituale fu lo stesso del 2008, quando tornai a Milano con Ronaldinho: partenza dall’aeroporto di Pisa, stesso hotel, stesso ristorante, il Botafumeiro, che ha ancora alla parete la mia foto con Dinho. Ricordo la villa in collina di Ibra dove andai per gli ultimi dettagli. Fu un grande affare: 24 milioni pagabili in 3 anni, l’anno prima il Barça lo aveva acquistato per più del doppio".

Un affare da festeggiare. Che successe?

"Cena al ristorante. Quando vado a pagare nessuna delle mie due carte di credito funziona. Prova e riprova ma niente. Toccò pagare a Ibra, che mi guardava un po’ così. Ma lo rassicurai: stai sereno, i soldi ci sono. Allora rise come un pazzo".

Fu una storia di successi conclusa dopo due anni. Chi scelse di separarsi?

"Certo non Ibra. Non voleva assolutamente andarsene. Fu ceduto per questioni di bilancio. Ha sempre deciso lui il proprio destino, tranne che in quell’occasione. Insieme fu scudetto il primo anno, l’ultimo del Milan prima della Juve dei record, e Supercoppa nel 2011. L’anno dopo arrivammo secondi, fu l’anno del gol di Muntari non dato in Milan-Juve a febbraio. Ma prima, nel mercato di gennaio, era tutto fatto per la cessione di Pato al Psg e l’arrivo di Tevez dal City. Un sogno, la coppia Ibra-Tevez. Saltò tutto e chissà cosa poteva essere. Credo che avremmo continuato a vincere, in quel periodo eravamo ancora davanti alla Juve. Cambiò la storia, Milan secondo. Si arriva all’estate 2012, quella dell’addio dei senatori".

Zlatan andò al Paris Saint Germain, cosa vi diceste?

"Per un po’ di tempo è rimasto in silenzio. Ma qualche tempo dopo fece un’intervista in cui parlò benissimo di me e del nostro rapporto. Raccontò che alla vittoria del campionato entrai nello spogliatoio per scucire lo scudetto dalla maglia dell’Inter e darlo a loro: “Adesso questo è nostro”. Zlatan fu colpito, è uno dei tanti episodi che ci legano".

Ieri Ibra è ufficialmente tornato. Un suo messaggio?

"Solo un saluto: bentornato guerriero!".

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