Insomma, tutto sommato la rivoluzione a tre quarti qualcosa in eredità la lasciò. Ma, seppur in ritardo, giunse comunque l'esonero di Stefano Pioli. In questo preciso momento arriva il secondo, e decisamente più grave, errore, poiché la dirigenza non volle rischiare, economicamente, e puntò su un allenatore "low cost" come Paulo Fonseca. La squadra godeva di ottimi elementi e doveva solo essere ritoccata, dicevano, sottovalutando il fondamentale lavoro di un tecnico. Tuttavia, l'arrivo dell'allenatore portoghese fu subito oscurato, in particolar modo da Zlatan Ibrahimovic, spiegando che le scelte le fa la dirigenza, qualunque esse siano.
Qui si torna alla problematica comunicazione che ha afflitto il Milan negli ultimi anni e l'apice lo otteniamo con il "silenzioso" esonero proprio di Fonseca. Si parla quando c'è qualcosa da comunicare, un mantra tutto americano che, purtroppo, in Italia non funziona. Con l'arrivo di Sergio Conceicao la storia la conosciamo bene e anche in questo caso non sono mica mancati gli errori. Cerchiamo, però, di accelerare per giungere a oggi. Gli ingaggi di Tare e Allegri simboleggiano la grande sconfitta della gestione americana, poiché ci si è accorti troppo tardi che questi profili esperti sono a dir poco vitali per un club italiano che punta in alto.
Nonostante ciò, nella società rossonera permane un certo spirito aziendale, giacché ogni decisione deve prima passare attraverso varie conferme. Si tratta di un piccolo passo avanti nell'arco di due anni in cui sono stati commessi errori ingenui, con la convinzione che in Italia si potesse lavorare diversamente ma buttando via ciò che di buono, effettivamente, c'era. Dallo scudetto all'ottavo posto, il passo sembra lungo ma in realtà, e purtroppo per il Milan, è stato molto breve.
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