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Milan, ci risiamo. Ibrahimovic fa ancora discutere. Tra il dire e il fare…

Zlatan Ibrahimovic, consulente di RedBird 25/02/2025 PianetaMilan.it
Zlatan Ibrahimovic torna a far discutere. Le sue parole sul Milan e sulla dirigenza rossonero fanno sorgere tante domande
Francesco Aliperta Redattore 

Le tempistiche non sono il forte del Milan, lo abbiamo capito. Ai microfoni di GQ Italia, Zlatan Ibrahimovic ha rilasciato una lunga intervista che, ovviamente, ha fatto parecchio discutere. In un momento così delicato per i rossoneri di Sergio Conceicao, lo svedese ha parlato, nuovamente, di mentalità, obiettivi, grandi propositi e "nuova scuola". Insomma, non proprio ciò che vorrebbero leggere e ascoltare i tifosi del Diavolo.

Il lavoro di squadra

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Vogliamo, tuttavia, analizzare e approfondire alcune delle dichiarazioni di Ibrahimovic. Partiamo da un concetto semplice ma, in realtà, complesso. Lo svedese ha parlato, tra le prime risposte, di lavoro di squadra. Ha sottolineato l'importanza del gruppo, ovviamente dirigenziale, e della poca necessità di un "One-Man Show". Poi, però, ha aggiunto: "Sono qui per imparare dagli altri e aiutarli a dare il meglio. Imparare. Aiutare. Teamwork".


Imparare, com'è giusto che sia, e aiutare. Queste dichiarazioni non fanno altro che creare ulteriore confusione sull'effettivo ruolo di Zlatan Ibrahimovic. Più che dirigente, lo svedese appare come un mental coach, un supporto emotivo e morale per una dirigenza frastagliata e senza alcuna gerarchia. Ibra vuole portare risultati, scrivere la storia, ma, come evidenziato da lui stesso, è un uomo di RedBird, lavora per RedBird. La domanda, dunque, sorge spontanea: ma Ibra vuole far vincere il Milan o RedBird?

Oltre il personaggio

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Passiamo alla questione "personaggio". Attorno a Ibrahimovic, nel corso della sua lunga carriera, si è costruito un palcoscenico sul quale, puntualmente, lo svedese sale per far andare avanti un macchietta comica ormai monotona. Lui è il boss, lui è Dio, lui è il re, lui è colui che decide, lui è colui che non deve rispondere alle direttive di nessuno. Dopo aver potuto osservare il primo vero anno da "dirigente", possiamo dirlo: questa storiella può anche chiudersi qui.

Ibrahimovic non è più un calciatore, non fa più la differenza in campo né tantomeno nello spogliatoio. Possiamo dibattere sul suo carattere, sui suoi modi di fare, sulla sua comunicazione, ma ora Zlatan è un rappresentante, non indossa più gli scarpini e deve ragionare attraverso una mentalità e una visione completamente diversa. Alcune sue uscite, di conseguenza, suonano male, vengono apprezzate meno e, soprattutto, creano alte aspettative (basti rivedersi le conferenza con lui presente da agosto a dicembre). Ibrahimovic non è il boss, come lui stesso ha voluto ricordare, e, che tu sia pagato da RedBird o dal Milan, urge un cambiamento d'immagine.

Dove sta la mentalità vincente?

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Concludiamo, ovviamente, con la grande e onnipresente mentalità vincente. Abbiamo perso il conto di quante volte abbia ripetuto questo concetto. Ora, però, i tifosi non ne hanno più e si chiedono dove sia questa tanto conclamata mentalità. Ibrahimovic parla di una nuova mentalità portata da RedBird e Cardinale, della "nuova scuola", di limiti che non esistono e conclude con un assurdo "noi siamo il rock and roll".

Sono parole che, detto francamente, lasciano basiti. Il Milan, in questo preciso momento, è solo un vecchio ricordo di sé stesso. Non sembra esserci programmazione, non sembrano esserci tattiche ben precise, non sembra esserci una chiara scala dirigenziale. La squadra, e i conseguenti risultati, rappresentano lo specchio del club. Magari, Ibrahimovic ha ragione e tra 5/10 anni i rossoneri torneranno sul tetto d'Europa e del mondo ma, ora come ora, il Milan è solo una grande macchina economica che va forte negli Stati Uniti.