E infatti vittoria fu. Un primo tempo da manuale. La doppietta del francese Giroud, simbolo di esperienza e cinismo sotto porta, e il gol di Franck Kessie alla fine, l'ultimo regalo prima della separazione, misero in chiaro le cose.
Il triplice fischio al Mapei Stadium scatenò un'esplosione di gioia incontenibile. Dagli spalti si riversò un'onda umana sul campo, mentre a Milano, in Piazza Duomo, si scatenava un'altra gigantesca festa. Bandiere, commozione e cori. Era lo scudetto di Leao, di Pioli e di tutti i suoi ragazzi.
Un Trionfo costruito sulla resilienza
—Quel successo non fu un caso. Era il frutto di un lavoro meticoloso, di una programmazione attenta e di un forte gruppo, capace di superare tutti i momenti difficili e credere nell'impresa finale. Fu lo scudetto della resilienza, della fame, della crescita costante. Di un Paolo Maldini e un Frederic Massara che avevano saputo costruir una squadra giovane, affamata e talentosa, e di un Pili che aveva saputo plasmare un collettivo unito, molto unito, e vincente.
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A tre anni di distanza, il ricordo di quel 22 maggio 2022 è ancora vivo e nitido. Un giorno che ha riportato il Milan dove meritava di stare. Quel 19esimo scudetto non fu solo un titolo, ma la riscoperta di un'identità, al giorno d'oggi, purtroppo perduta.
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