La prima esperienza in rossonero: "Al Milan arrivai nel 1982 assieme a Canuti e Pasinato, in cambio di Collovati. La squadra era retrocessa per la seconda volta in B, ma la gente mostrava lo stesso un affetto incredibile. L’allenatore, Ilario Castagner, ci diede un gioco spettacolare e tornammo in A, ma i problemi c’erano. Prima giornata, a San Siro contro la Sambenedettese (partita finita peraltro sul 2-2, gol rossoneri di Serena e Verza, ndr). Il sabato ci presentiamo a Milanello per il ritiro e notiamo un trambusto di camion e furgoni".
"Il mister chiede spiegazioni e gli rispondono che stanno montando le strutture per una festa di matrimonio il giorno dopo. Farina, per fare soldi, affittava Milanello per eventi di ogni genere. Da lì in poi andammo in ritiro a Milano, in un hotel di largo Augusto, in centro. A fine stagione, Farina mi rimandò all’Inter e prese Luther Blissett, il centravanti inglese che a Castagner non piaceva perché attaccava solo la profondità in velocità, con tecnica incerta, e non faceva salire la squadra".
Sulla seconda esperienza in rossonero: "Tutto diverso, Milanello era diventato un parco fiorito, bellissimo. Tutte le camere rifatte, tutto nuovo ed efficiente. Un settore medico all’avanguardia: Berlusconi aveva mandato il dottor Tavana a seguire per un mese lo staff clinico dei Chicago Bulls, la squadra di basket all’epoca più famosa. Con Capello, il mister, avevo un buon rapporto. Con Adriano Galliani, l’ad, un po’ meno, tanto è vero che anni dopo chiamò in diretta a Controcampo, dove ero ospite di Sandro Piccinini, per contestare con toni arrabbiati una critica che avevo mosso. Disse che non mi avrebbe più fatto entrare a San Siro, ma io rimasi tranquillo e a San Siro entrai come sempre".
Sulle squadre a cui è rimasto legato: "Sono sempre stato tifoso dell’Inter e in nerazzurro ho vinto lo scudetto dei record con Trapattoni, però l’esperienza alla Juve è stata unica. A Torino ho trovato un ambiente familiare e organizzatissimo allo stesso tempo. C’era una pazzesca cura dei dettagli, ci si parlava per qualunque cosa, anche per un’intervista riuscita male. Alla Juve si migliorava e alla Juve ho lasciato un pezzetto di cuore, anche perché lì ho avuto Gaetano Scirea come compagno e capitano. Venivo dal Toro, mi accolse come un fratello. Era un fuoriclasse dentro e fuori dal campo".
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