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Sacchi: “Peccato Pioli, hai avuto paura. Ora ritrova le tue idee”

intervista Sacchi Pioli AC Milan
Arrigo Sacchi, ex allenatore del Milan, ha parlato dei rossoneri di Stefano Pioli e del momento che vivono a 'La Gazzetta dello Sport'

Daniele Triolo

Arrigo Sacchi, ex allenatore del Milan per quattro stagioni dal 1987 al 1991 e poi nel 1997, ha parlato di Stefano Pioli e del momento dei rossoneri a 'La Gazzetta dello Sport' oggi in edicola. Ecco, dunque, cosa pensa il 'Profeta di Fusignano'.

Sacchi sul Milan e su Pioli: le sue parole alla 'rosea'

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"Premessa necessaria: il Milan, nella passata stagione, ha stupito tutti vincendo con merito lo Scudetto pur avendo investito meno degli altri club. Lo ha fatto con elementi giovani semi-sconosciuti e con altri più “stagionati” che hanno saputo regalare entusiasmo attraverso il gioco, proponendo un calcio divertente e moderno, secondo quelli che sono gli attuali canoni internazionali".

"Poi è successo qualcosa che non era difficile da prevedere: la sindrome del successo ha bloccato la squadra. Non erano abituati a vincere, questi ragazzi - ha sentenziato Sacchi -. E anche Pioli ha cominciato ad aver paura e, per rimediare e fermare l’emorragia, si è affidato alla tattica. Così si è vista la difesa a tre, che in realtà è a cinque, perché i due laterali rientrano sempre a fare i terzini. In questo modo si concede un uomo, quando non sono due, agli avversari e si fatica a proporre gioco".

"Il tatticismo, in Italia, paga ancora - ha proseguito l'ex tecnico rossonero -, ma ci si ricordi sempre che, di fronte a uno stratega, un tattico perde sempre. Pioli era diventato uno stratega, ora mi dispiacerebbe ritrovarlo nella schiera dei tattici. Poniamoci una semplice domanda: qual è la squadra italiana che ha vinto più Champions League? Il Milan, perché quasi sempre ha praticato un calcio strategico".

"C’è inoltre un altro discorso da affrontare - ha incalzato Sacchi su Pioli e il momento del Milan -: l’allenatore stratega mette il gioco al centro del progetto. Il gioco non solo non s’infortuna mai, ma è pure gratis. Il tattico, invece, ha bisogno di comprare grandi campioni, che con le loro giocate devono sopperire alla mancanza di organizzazione generale, però i grandi campioni costano parecchio e così i bilanci dei club vanno in rosso".

"Il Milan era sulla strada giusta - il rammarico di Sacchi -, perseguiva l’obiettivo del dominio del campo, dell’aggressione dell’avversario attraverso il pressing, e poi è tornato al passato. Intendo dire al passato del calcio italiano. I padri fondatori avevano pensato a uno sport offensivo e di squadra. Qui da noi abbiamo perso queste caratteristiche originarie, trasformandolo in uno sport difensivo e individuale. Ma non è questo il percorso da seguire se si vuole continuare a stupire il pubblico".

"Pioli è stato l’architetto che ha disegnato la splendida creatura della passata stagione - la convinzione di Sacchi -. Ha saputo vincere attraverso l’intelligenza e le idee, la generosità e il coraggio. Il suo Milan giocava con undici uomini sempre in posizione attiva, come fa adesso il Napoli. Ecco, mi auguro che si ritorni su quella via e lo si può fare soltanto se si crede fermamente nelle proprie idee".

"Pioli, non ti snaturare: i facili tatticismi alla lunga non pagano mai"

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Quindi un appello di Sacchi a Pioli: "Stefano, non dimenticare mai che hai saputo costruire una squadra dal nulla, che molti dei tuoi giocatori erano fischiati dal pubblico, che altri erano sconosciuti e c’era diffidenza. Eppure con il lavoro, la dedizione, l’impegno e le idee sei riuscito a compiere un capolavoro. Ora non ti snaturare, non lasciarti tentare dai facili tatticismi perché alla lunga non pagano mai. Le conoscenze non ti mancano, e al Milan hai avuto la possibilità di accrescerle perché è un ambiente che le trasmette, adesso non resta che metterle in pratica: in questo modo si potrà avere innovazione e coraggio".

"Lo ripeto: giocare con la difesa a tre, e dunque a cinque, è come partire con l’handicap - ha spiegato il 'Profeta di Fusignano' -. E lasciare il gioco agli avversari, specialmente se questi hanno notevoli qualità individuali, è una specie di suicidio. Magari in Italia te la puoi cavare, ma a livello internazionale è difficile. Ricordo una frase che, appena arrivato a Milanello, mi è entrata nelle orecchie e nella mente: «Siamo il Milan!». Significava, e significa ancora, che dovevamo dominare l’avversario, fare la partita, avere sempre il possesso del pallone".

"Ora ci sono due partite toste - ha chiosato l'ex allenatore del Milan -: contro l’Atalanta a 'San Siro' e contro il Tottenham in trasferta. La prima non è impossibile, perché l’Atalanta sta dimostrando di non avere ancora equilibrio. Contro il Tottenham, invece, che gioca anch’esso con la difesa a cinque, vedremo se ci sarà la svolta. Io lo auguro al mio caro vecchio Milan e a quel bravissimo allenatore che è Pioli". Milan, Gullit 'sponsor' di De Ketelaere: la sua convinzione >>>

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