La storia ha un peso, ma non scende in campo.
"Non è vero. I giocatori, se adeguatamente educati, sanno di rappresentare una delle nazionali più vincenti del pianeta, e questo in campo si dovrebbe vedere. Questo atteggiamento ci potrebbe dare quel surplus di autostima fondamentale".
Qual è, oggi, il principale problema dell’Italia?
"La mancanza di uno stile nel calcio italiano e, di conseguenza, la mancanza di uno stile di gioco della Nazionale. Spalletti, che è bravissimo, fa i salti mortali. Ma cosa può inventarsi se alcuni elementi giocano con la difesa a quattro, altri sono abituati a un centrocampo che non fa pressing, altri ancora conoscono solo i principi di catenaccio e contropiede? Il ruolo del ct, credetemi, è davvero complicato, e ve lo dice uno che lo ha provato sulla propria pelle".
Del caso Acerbi che idea si è fatto?
"Brutto episodio. Non si può rifiutare la convocazione in Nazionale. Tu, quando vesti la maglia azzurra, rappresenti una nazione intera, un popolo. Questo rifiuto vuol dire che Acerbi considera la chiamata in Nazionale come una questione personale, e mette la sua persona davanti agli interessi del collettivo. Una situazione che mi ha dato un forte dispiacere".
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