Smentisce Carraro: “Allora... giusto per fare ordine. Nel 2004, noi e il Milan eravamo in lotta per lo scudetto e Carraro cercava di favorire i rossoneri di cui, in passato, era stato presidente: “Mi raccomando, gli dica di non aiutare la Juventus...”, la sua telefonata a Bergamo. Il destinatario di quel “gli dica” era Rodomonti, arbitro della nostra partita a Milano contro l’Inter: ovviamente non intendeva aiutare i nerazzurri, ma il Milan in caso di un passo falso della Juve”.
Sul fatto che Carraro disse che i due scudetti dovevano non essere assegnati: “Ma non dice di cosa sono colpevoli i dirigenti bianconeri. Non lo dice per non continuare con le sue bugie. Non è stato lui ad ammettere di aver cercato di aiutare qualche squadra a non retrocedere danneggiando le altre? E, invece, parla dei designatori che vennero da me in cerca di protezione. Come la spiega questa? Nella settimana che precedeva Milan-Juve dell’8 maggio 2005, facemmo ricorso per recuperare Ibrahimovic, fermato da tre giornate di squalifica: richiedemmo la prova tv con l’assistente Griselli di Livorno che doveva dire se avesse visto o meno il fallo che allo stadio nessuno aveva visto fatta eccezione per una telecamera di Mediaset. Il tempo di presentare ricorso alla Commissione ed ecco la telefonata tra l’addetto agli arbitri del Milan Meani e Bergamo. “Griselli è di Livorno come me, la Juve troverà la porta chiusa... ”, la voce del designatore”.
Su chi è Moggi oggi: “Un nonno a cui il nipote più piccolo chiede se può portare a casa gli amici dell’università per conoscermi. Un nonno che passa gran parte della giornata a dare consigli sui giocatori da prendere: consigli a tutti, anche a dirigenti o tecnici più di moda”.
E' un nonno pentito?: “Sono passato per arrogante, non ho capito che un certo modo di essere, soprattutto in una realtà come quella torinese, non paga, anzi: ho sempre amato scherzare o provocare”.
Se aveva pensato di lasciare prima: “Eravamo diventati ingombranti, vincevamo sul campo e non solo: gli azionisti aumentavano i loro dividenti. Quando facemmo firmare il contratto a Capello, dissi a Giraudo di chiamare Umberto (Agnelli, ndr): non c’era più, se ne era andato. Antonio, alla guida, si girò verso di me: “Per noi è finita...”. Il significato di quelle parole lo capii due anni dopo”.
Un ricordo sui giocatori o squadre da ricordare: “Zola. Lo presi a Napoli come vice Maradona: nessuno voleva scommettere su di lui, lo vidi a Campobasso, giocava per la Turris e non fece bene, ma si capiva che aveva tecnica da vendere e personalità. “La maglia di Diego? Una come tante altre”, rispose dopo aver sostituito l’argentino e aver segnato con il Lecce. Maradona si arrabbiò”.
Su Maradona: “A Mosca si presentò il giorno dopo: troppo facile mandarlo in tribuna, al caldo, lo misi in panchina sotto la neve. Mai trattare i campioni in modo diverso, perdi credibilità agli occhi del gruppo”.
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L'aneddoto legato a Trezeguet (bastone e carota): “Diciamo così. Diciamolo a David (Trezeguet, ndr): in discoteca si poteva andare solo quando non c’erano le coppe a metà settimana, mi trovò all’ingresso dell’Hollywood, non ci ha più messo piede”
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