Le tappe della sua carriera: "Ho studiato, quindi ho fatto il campo: ho fatto il preparatore atletico negli anni '90, occupandomi nelle categorie inferiori di Lega Pro, poi Serie B e della preparazione fisico atletica di tanti calciatori, di tante squadre insieme a uno dei più grandi maestri di questo settore che che Pantaleo Corvino. Con lui ho fatto un’esperienza che mi ha formato e mi ha forgiato, facendomi capire l’importanza di curare piccoli dettagli. Poi sono approdato alla Fiorentina, dove questo percorso si è allargato abbracciando tutta la gestione dell’atleta in tutte le sue sfaccettature tecniche, tattiche, organizzative e la gestione del tempo libero, perché avevamo capito in tempi non sospetti che non puoi occuparti solo delle 8-10 ore che passano sul campo, ma devi organizzare un lavoro che abbracci tutte le 168 ore. Facemmo un progetto insieme con l’aiuto all’epoca della proprietà e del presidente, un progetto che si chiamava Promessa Viola, che aveva proprio esattamente quel taglio: occuparsi con tanti collaboratori dell’area educativa psicologica di formazione a riempire le giornate di questi calciatori con contenuti che anche spaziassero in varie discipline. Quel progetto ebbe tanto successo, come poi dimostrano i fatti, perché il vero successo, ripeto, è quello di portare calciatori nella prima squadra o comunque nelle massime competizioni, perché diventi un valore tecnico e di conseguenza economico finanziario. Ebbe tanto successo, appunto, che poi dopo l’esperienza da responsabile a Firenze sono andato e sono approdato in un altro grande club che è la Roma, con una visione anche la Roma abbastanza importante. Perché è una proprietà americana, ha come base il voler valorizzare il calciatore partendo dalle radici, quindi dal vivaio, e fu applicato sempre lì con successo un modello. Sul più bello poi è stato interrotto perché il Milan di forza è venuto a strapparmi e portarmi a Milano per cercare adesso di ricreare qui le condizioni giuste affinché la mia esperienza, la mia formazione e le mie competenze le possa mettere a disposizione di questo grande club e sono sicuro che insieme ci sono tutte le condizioni per fare qualcosa di straordinario. Il primo grande obiettivo è quello di diventare protagonisti nel nostro Paese, perché il Milan non può che essere leader e protagonista. E nel giro di non dico quanto tempo, ma io nella mia testa ce l’ho, in pochissimo tempo, diventare leader anche a livello internazionale".
Se è più importante il risultato o è più importante altro in quello che fa un responsabile giovanile: "È un tema molto complesso, cioè: i risultati, i veri risultati di un grande vivaio, di un grande settore giovanile, sono quanti calciatori tu hai portato nella prima squadra o nelle prime squadre, cioè che sono diventati valore economico oltre che tecnico ovviamente; questo è il vero grande risultato di un grande settore giovanile, ma ovviamente i risultati che si ottengono in campo da parte dei ragazzi con le varie squadre, con le varie categorie, sono degli strumenti anche importanti, perché per fare grande un calciatore a 19-20 anni, di grande potenzialità, come diciamo noi un top player, deve per forza essere un vincente. Se un vincente, deve sicuramente far parte di gruppi che sono abituati a vincere. Come spesso io ripeto, formare un calciatore di un certo livello significa che lui deve sempre pensare a superare l’avversario: a vincere, a vincere. Che è diverso da fare un calciatore che deve pensare a non perdere. Quindi in questo c’è una sottile linea che demarca e il risultato che può diventare fuorviante, fine a se stesso che non serve a nulla nel vivaio, da quel risultato invece che se inserito e incastrato in un progetto, una visione più ampia e funzionale, puòfar capire che si è sulla buona strada È quello che cercherò di fare. Cioè tutto deve funzionare affinché il calciatore migliori in ogni skill delle sue abilità, ma avendo chiaro che il Milan non può che giocare per vincere, quindi non può che avere una mentalità con il dominio del gioco e con la forza e la voglia di crescere per cercare di superare qualunque ostacolo e qualunque avversario. Se tutte le componenti lavorano in questa direzione, allora facciamo il modello al quale io poi cerco di lavorare dalla mattina alla sera, da presentare. Perché mi piacerà a breve che tutti vengano a dirmi che hanno visto giocare la squadra. Cioè, indipendentemente dalle diversità, che ci possono essere per caratteristiche tattiche, si deve intravedere un modellino unico, perché il calciatore del Milan deve essere facilmente identificabile. Ci deve essere un calciatore che onora la maglia, che è attaccato al club che lo sta mettendo nelle condizioni di esprimersi ai massimi livelli, ma con una personalità e con una competitività che lo devono contraddistinguere. Poi il talento ovviamente farà la differenza e sarà quello che lo porterà tra i grandi".
Sul senso di appartenenza: "Ti aiuta e ti consente di recuperare tanto di quel percorso che serve per far sentire quella maglia cucita addosso. Perché a volte si dice che un ragazzo si vede che la maglia ce l’ha cucita addosso. Ovvio, se quando noi reclutiamo i calciatori bravi loro con le loro famiglie sono tifosi del Milan siamo a vantaggiati, ma questo non sempre avviene, perché ovviamente la nostra rete scout può andare a reclutare calciatori - in tutta la Lombardia, Italia o Europa - che sappiano giocare bene a calcio o che abbiano potenzialità con dei parametri da poter lavorare per portarli in prima squadra. Quindi a volte possono non essere tifosi di quella maglia. Allora il compito mio, di tutti i miei collaboratori, è rapidamente farli entrare in quel contesto in cui tutte le componenti del club mi devono aiutare affinché quel calciatore, in tutte le componenti, possa vivere, respirare rossonero dalla mattina alla sera. Possiamo far capire loro la storia del Milan quanto pesa, quanto è importante indossare quella maglia. Deve essere un orgoglio che costantemente lo deve rendere all’altezza di quella maglia. Quindi il club deve essere sempre a un livello più alto, dove ognuno di noi ogni giorno deve dimostrare di poter essere all’altezza. Se il calciatore cresce con questi valori, quando arriva a vent’anni quella maglia è sicuramente cucito addosso".
Sull'importanza di uno staff che lavora bene e che sia aggiornato: "Esattamente quello che deve fare un grande club, cioè investire costantemente nella formazione del personale. I nostri ragazzi sono la nostra materia prima sulla quale dobbiamo fare tutti gli sforzi e proiettare tutti i nostri sforzi. E le persone che operano, dai tecnici, al personale di supporto, a tutte le attività che vengono proposte che abbiano come attori i nostri calciatori, devono essere formate costantemente dal club e essere all’altezza di ciò che devono poi proporre ai nostri calciatori. Ripeto il concetto: non è importante solo quanto siano bravi i nostri tecnici, i nostri preparatori in campo, perché loro passano otto giorni a settimana in quell’area di comfort, ma sarà importante anche formare tutto quel personale che deve imparare a gestire le altre 160 di ore. Quindi l’investimento invisibile, come io lo chiamo, deve essere la mia forza da far capire al club. Ma devo dire che qui, apro una parentesi, ho trovato un club molto attento a queste dinamiche, ho trovato un amministratore come Giorgio Furlani molto sensibile a tutti questi temi e molto ambizioso, perché vuole che il Milan sia leader indiscusso. Ho condiviso questi temi con la direzione della prima squadra con Geoffrey Moncada, con Antonio D'Ottavio, con cui costantemente ci confrontiamo per come poi deve essere connessa questa visione. Perché questa visione deve essere unica, che comincia dalla base e finisce a San Siro. E affinché questo possa avvenire senza ostacoli, o con quanti meno ostacoli possibile, ci deve essere da parte di tutto il management, tutti i dirigenti, una visione univoca. Discussioni costanti e continue. E devo dire che da questo punto di vista noi siamo avanti, perché ho trovato un feeling importante per la mia esperienza. Dico che questo accelera il processo".
Se è anche un approccio scientifico culturale, non solo sportivo, quello che vuole portare all’interno del Milan: "Sì assolutamente, noi non possiamo che avere un approccio scientifico. Culturale lo diventa in senso lato, ma deve essere scientifico perché oggi abbiamo tutta una serie di strumenti, tutta una serie di parametri, ai quali noi possiamo riferirci per cercare di ridurre ai minimi termini le variabili che incidono nella formazione del calciatore. Quindi conoscere quelle variabili, quelle infinite variabili che sono alla base della formazione del calciatore top level, significa studiare, significa formarsi e avere un approccio accademico. Che non significa, come spesso dico per prendere in giro qualche mio collaboratore che poi esagera con i numeri, essere scienziati. Cioè, il calcio non è una scienza, ma di sicuro utilizza tutte le scienze affinché possa poi avere come risultato ultimo un calciatore migliore".
Sulle strutture e sul programma ambizioso per un restyling del centro sportivo Vismara: "A Milanello è stato appena finito uno Sport Center della Primavera eccellente, quindi siamo veramente all’avanguardia perché abbiamo tutto quello che serve per quella squadra di finalizzazione, che è l’attuale seconda squadra del Milan. Tutte le altre squadre formazione, sia le agonistiche che di base, si allenano al Vismara, che è un ottimo centro nel cuore di Milano. Che però necessita di tutta una serie di interventi mirati a porre attenzione al calciatore e a rendere ovviamente anche quel centro sempre in linea con quello che dicevamo prima: un centro di appartenenza dove il ragazzo, le famiglie e tutti lavoratori possano vivere il Milan, il rossonero, dalla mattina alla sera. Per questo abbiamo già avviato un progetto di restyling che a breve, entro la fine di questa stagione, vedrà il Vismara completamente rinnovato. Adeguato al blasone del Milan".
Se si allenano abbastanza questi ragazzi come monte ore: "No, sia a livello scolastico sia a livello nazionale nessuno fa niente per i nostri ragazzi, quindi parto dalla base. Noi quando puntiamo calciatori bravi, vengono da un background dove fanno poca attività motoria. Questa è una delle cause del depauperamento del talento sportivo, quindi anche noi quando li prendiamo dal territorio o dalle altre parti d'Italia e d’Europa, li portiamo in un regime di allenamento dove c’è poco, però più di quello non possiamo fare, per motivi scolastici e organizzativi. Anzi, io ho fatto partire un programma di performance individuale su ognuno di loro. Questo è un grande sforzo, un grande lavoro da parte del club. Però bisogna allenarsi di più e meglio. È compito di ogni club cercare di sforzarsi in questa direzione. Noi lo stiamo facendo, abbiamo già avviato questo programma. Colgo l’occasione per ringraziare tutti i miei collaboratori che stanno profondendo grandi sforzi di tutti i tipi per cercare di accontentare le mie richieste, di allargare le ore di allenamento di una stagione e questo è necessario. Perché senza questo tipo di intervento rischiamo di non mettere quel pezzettino importante nella nella formazione dell’atleta che si deve incastrare nell’altro grande sforzo che stiamo cercando di fare: di occuparci del loro tempo libero e di tutte le altre ore della giornata. Quindi gli altri vuoti si possono colmare solo se il club mette in piedi attività, iniziative dove li vede sempre impegnati e sempre protagonisti".
Se c’è spazio per un direttore giovanile nuovo per un sogno: "Come sogno bisogna tenerlo nel cassetto. Mi piacerebbe nella prossima intervista poter dire che abbiamo realizzato questo sogno. Quindi l’impegno che con tutta la struttura metteremo in piedi sarà quello che quel sogno che tutti noi abbiamo prima o poi lo renderemo realizzabile. Perché lavorare nel Milan è un sogno, essere all’altezza del Milan è un sogno e quello che cerco di trasferire costantemente a tutti i miei collaboratori: facciamo in modo che i nostri ragazzi siano sempre consapevoli che vivono in una realtà dove il privilegio di farne parte non deve mai essere dato per scontato".
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