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Milan, il figlio di Costacurta si racconta: “La mia rinascita è stata in Svizzera, ho visto la luce”

Alessia Scataglini
Alessia Scataglini
Una vita difficile per il figlio di Martina Colombari e Alessandro 'Billy' Costacurta, ex leggenda del Milan: le parole di Achille Costacurta sul suo passato tra sostanze e cliniche riabilitative

Una vita difficile per il figlio di Martina Colombari e Alessandro 'Billy' Costacurta, ex leggenda del Milan. Suo figlio, Achille Costacurta, ha avuto un'adolescenza piuttosto complicata: dalla scoperta delle droghe al liceo fino al percorso di disintossicazione in una clinica in svizzera, avvenuto dopo esser stato in diverse comunità. Il giovane si è voluto raccontare in una lunga intervista rilasciata ai microfoni del 'Corriere della Sera'. Ecco, di seguito, le sue dichiarazioni:

Milan, Achille Costacurta, figlio di Billy, si racconta

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Sulle sostanze: "Non faccio più uso di sostanze da quando ho preso consapevolezza della necessità di iniziare un percorso per guardare avanti. La mia rinascita risale a maggio del 2024: è avvenuta nella clinica Santa Croce, in Svizzera, dove ho incontrato medici che mi hanno aperto gli occhi su tante cose. Psichiatri che definirei 'giganti'. Hanno conquistato la mia fiducia e hanno diagnosticato il disturbo da deficit di attenzione e iperattività, l’Adhd di cui soffro. In Svizzera ho visto la luce".

Sui suoi errori e sul tentato suicidio:  "Se non avessi commesso quegli errori non avrei capito tante cose, anzi per certi versi penso 'meno male che mi è successo tutto questo a 20 anni e non a 50 quando avrò moglie e figli'. Vale anche per la mia famiglia: se fossi stato il principino della situazione, i miei genitori non sarebbero oggi così forti nel fronteggiare situazioni anche spiacevoli che la vita a tutti riserva. Il tentativo di suicidio? Ho preso sette boccette di metadone, non so come non sia morto. Volevo farla finita, era un gesto disperato: l’unico modo per far capire che volevo uscire dalla comunità a Parma. Di questo mi pento. Al primo anno di liceo, fumavo hashish tutti i giorni". 

Sul confronto con i genitori:  "Da piccolo poteva essere stimolante, col tempo è diventato pesante. Ero un ragazzino con tanta gente attorno, molti ragazzi - e lo capisci dopo - si avvicinavano perché ero nato in quel contesto. Oggi, mi rendo conto che quel mondo non era normale. E meno male che non ho fatto il calciatore altrimenti il paragone sarebbe stato ancora più schiacciante"


Sui Tso: "Ho 21 anni ma è come se avessi vissuto tre vite: non ricordo più quante volte sono finito in comunità, quanti tentativi di scappare. Non mi rendevo conto che quando cerchi di fuggire poi gli infermieri ti prendono sempre. Ma è il passato e per me ora è chiuso come un ricordo in una scatoletta. Ciò che è successo non si può più cambiare. Ciò che abbiamo davanti dipende da noi".

Sugli amici scomparsi:  "Jonis, 55 anni, uomo di famiglia benestante, che però aveva scelto di vivere da barbone e aveva fatto anche rapine in Germania, era con me a Parma. Mi ha insegnato le regole. Ho saputo che il giorno prima di uscire è morto: abuso di sostanze alla sua festa di compleanno. Ma anche Tatiana, la fidanzata di un mio amico in Svizzera, non c’è più. Aveva ricominciato col crack. Io che in passato ho assunto dosi cento volte superiori sono vivo".

A che punto è del suo percorso? "Non lo so. Ogni volta è come se chiudessi un cerchio. Fumo ancora sigarette e dovrò smettere prima o poi. Il percorso finisce quando finisce il tempo, quando muori"

Sul suo futuro: "Sono iscritto all’ultimo anno di liceo per la maturità, poi sogno di aprire un centro per ragazzi disabili". Dove vivrebbe? "In Australia, lavorare lì quattro cinque mesi all’anno nei campi e frequentare l’università. Ti pagano sa? Cinquemila euro al mese".