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Milan, Bennacer: “Troppi gialli? Vi spiego perchè. Sul nuovo allenatore…”

Ismaël Bennacer, centrocampista del Milan (credits: GETTY Images)

MILAN NEWS - Ismael Bennacer, centrocampista del Milan, ha rilasciato un'intervista a SportWeek, settimanale della Gazzetta dello Sport

Salvatore Cantone

MILAN NEWS - Ismael Bennacer, centrocampista del Milan, ha rilasciato un'intervista a Sportweek, settimanale dalla Gazzetta dello Sport: "Se il calcio mi ha forgiato il carattere? Un po' e un po'. Sono fatto di mio in una certa maniera, da bambino mi paiceva prendere rischi, ero un kamikaze. l calcio ha contributo nel farmi guadagnare sempre maggiore fiducia in me stesso. Però nel privato resto una persona discreta, riservata".

In campo non hai paura di niente: e fuori dal campo?

"Di mio papà, quando ero piccolo".

Hai imparato bene la nostra lingua, l'hai studiata tanto?

"L'ho imparata nello spogliatoio, per strada... Ho fatto una lezione, una sola, quando ero a Empoli. Faccio ancora un po' di fatica solo quando devo usare i tempi dei derby al passato o al futuro".

Tuo padre cosa ti ha detto quando hai smesso di studiare per il calcio?

"All'Arles, dove ho iniziato, non c'era un centro di formazione vero e proprio. Avevamo solo due campi sui facevano allenamento la prima squadra e le Giovanili. Un giorno il presidente mi chiama e mi dice: "Isma, tu passi con la prima squadra. Devi allenarti tutti i giorni, perciò devi lasciare la scuola. Puoi continuare a studiare su Internet". Mia madre non vuole, mio padre dice: "Vediamo come va". Io stesso non ero sicuro di accettare. Sapevo che altre squadre mi volevano, squadre che mi offrivano più soldi che avrei potuto portare a casa. Rispondo no al contratto da professionista che mi proponeva l'Arles e non mi curo delle parole del presidente, che mi minaccia di farmi tornare in seconda squadra. Ormai avevo scelto l'Arsenal".

Perchè non ha funzionato all'Arsenal?

"Arrivo in Inghilterra a luglio. I primi due mesi resto in albergo perchè non volevo andare a vivere in una famiglia che non conoscevo. Avevo 17 anni, non ero maggiorenne e non potevo vivere da solo, così mia sorella viene a stare con me. Poi mi raggiunge Chaines, con cui ero fidanzato dai tempi della scuola e che in Inghilterra sarebbe diventata mia moglie. A settembre, finalmente, vedo il campo. In Coppa di Lega contro lo Sheffield: si fa male Chamberlain, Walcott entra al suo posto e dopo due minuti si fa male pure lui, cosi Wenger mi butta dentro. Il problema è che mi mette largo a sinistra nei tre davanti: è un ruolo che non ho mai fatto. Sento addosso una pressione pazzesca. Perdo pochi palloni, ma ne prendo pure di meno. Dopo di allora non ho più giocato, però non ho rimpianti: mi sono allenato con giocatori importanti come Ozil e Santi Cazorla. Resta il fatto che fu dura lasciare casa mia e la Francia".

Dall'Arsenal all'Empoli fu un bel salto all'indietro

"Con gli inglesi avevo ancora quattro anni di contratto, ma io vado dove mi vogliono davvero. Non conoscevo Empoli, ma ho accettato di scendere dalla Premier alla Serie B italiana perchè quello è stato il club che mi ha voluto più di tutti. Allo stesso modo ho fatto col Milan: l'ho scelto per la sua storia, ma più ancora perchè il suo progetto era migliore per me".

Preghi cinque volte al giorno, quindi capiterà anche mentre sei a Milanello: hai uno spazio tutto per te?

"Sì, io e Calhanoglu abbiamo una camera a disposizione. Hakan e io siamo amici, ma non abbiamo ancora parlato di fede e perciò preghiamo ognuno per conto proprio".

Sei il giocatore più ammonito nei principali campionati europei con 12 gialli in 20 partite

"Mamma mia... Questo è un aspetto da migliorare del mio gioco. Sono, come si dice, irruento. Troppo aggressivo. Certe ammonizioni le ho prese davvero per niente".

Ma è possibile che in una piccola come l'Empoli ti ammonissero di meno? Non è che al Milan subisci l'ansia da prestazione?

"No, è che sento l'importanza di questa maglia, a San Siro i tifosi spingono e tu vuoi aiutare di più la squadra, sempre di più. Voglio dare tutto, e quando vuoi dare tutto finisci che non pensi. Invece un calciatore deve sempre pensare, prima di fare"

Conta il fatto di giocare davanti alla difesa? Nella nazionale algerina fai la mezzala

"Vero. In Algeria gioco un po' più libero, ma per me la posizione non conta. Di più: a me piace giocare davanti alla difesa, mi assegna delle responsabilità che mi piace prendere".

Oltre che nell'evitare ammonizioni, in cosa devi diventare più bravo?

"Devo essere più lucido quando ho la palla nella metà campo avversario. Devo capire in ogni occasione qual è la scelta migliore da fare ad essere più lucido nell'ultimo passaggio. E sapere già quale porzione di campo occupare quando perdiamo la palla. E' in questo che consiste l'intelligenza di un giocatore. Il calcio si gioca con la testa. Da solo, il talento non basta. E' tutta una questione di testa. Vedi Pirlo: lui non era veloce, ma il suo calcio era tutto nella testa. Con il tempo e con l'esperienza imparerò a essere più decisivo".

Cosa è mancato quest'anno al Milan per il salto di qualità?

"Cosa ci è mancato quest’anno? La vittoria contro una grande. Siamo una squadra giovane, stiamo lavorando per crescere. In campo dobbiamo essere uniti, ancora più compatti, dobbiamo morire uno per l’altro"

C'è la possibilità che il prossimo anno si riparta ancora da zero con un nuovo allenatore

"Non ci penso. Penso a finire bene questa stagione, mancano ancora 12 partite alla fine del campionato. Io mi sento pronto, il calcio mi manca tanto".

Ti conceresti ancora come all'atto della firma con il Milan, calzettoni bianchi al ginocchio e vestito a fiori?

"Uno potrebbe dire: guarda quello, vuole fare il fenomeno. No, a me piace vestire così". INTANTO IL MILAN OGGI RICORDA UNA DATA SPECIALE, CONTINUA A LEGGERE >>>

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