
Franco Baresi, vice presidente onorario del Milan, ha presentato il suo libro 'Liberi di sognare' agli studenti dell’IIS Lagrange di Milano. Queste le risposte alle domande degli studenti riportate da 'Gazzetta.it'.
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Franco Baresi, vice presidente onorario del Milan, ha presentato il suo libro 'Liberi di sognare' agli studenti dell’IIS Lagrange di Milano. Queste le risposte alle domande degli studenti riportate da 'Gazzetta.it'.
Sul libro: “Mi fa piacere raccontare i motivi per cui l’ho scritto. Il messaggio che deve trasmettere è di ispirazione per i giovani. Il filo conduttore è la finale del Mondiale 1994, un episodio difficile da ripetere perché venivo da un’operazione dopo un infortunio alla seconda partita, e forse feci la mia migliore prestazione. È importante la comprensione di certi valori che mi sono sempre portato dietro con uomo e sportivo, tutto è possibile con determinazione, coraggio e immaginazione”.
Sulla sua carriera: “Sono felice di aver lasciato qualcosa, al di là dei trofei, in termini di comportamento dentro e fuori dal campo. È stato tutto un saliscendi, negli anni Ottanta ho dovuto affrontare una malattia. Sono diventato capitano a 22 anni, forse non ero nemmeno pronto. Ho cercato di avere un coraggio gentile per essere un esempio. Sarò sempre grato al Milan e non ho voluto lasciarlo nemmeno quando siamo andati in Serie B. La riconoscenza è sempre stato il mio credo, per questo qualcuno porta ancora la bandiera col mio nome allo stadio e la gente si ricorda di quello che ho dato e non solo di quello che ho vinto. La vittoria più emozionante è stata la mia prima Champions League nel 1989, ricordo che la guardavo in tv e sognavo di alzarla”
Su 'Ronaldo il Fenomeno': “È venuto in Italia quando ha saputo che smettevo (ride, ndr). La Serie A negli anni Ottanta e Novanta era il riferimento nel mondo. Maradona, Platini, Careca, Baggio, Zico: le serate prima di incontrarli non dormivo molto. Diego forse è stato il più grande che abbia mai affrontato, in campo era un leader e non si lamentava mai, lo stimavano tutti: dai compagni agli avversari. Lo ricordo con grande affetto, ci siamo sempre scambiati parole di elogio.
Sul Pallone d’Oro: "Non è mai stato un rimpianto, arrivare secondi dietro Van Basten è un risultato enorme di cui vado fiero”.
Sull’esclusione dell’Italia al Mondiale: “Non abbiamo la pazienza di aspettare i giovani, vogliamo vincere e puntiamo sul giocatore già pronto. Anche per questo ci sono tanti stranieri. Quando Milan, Inter e Juventus avevano 5-6 italiani nell’undici titolare, era un bel serbatoio per la Nazionale. È molto triste non esserci di nuovo”. Higuain e il raptus isterico contro la Juventus: la crisi e l'addio al Milan
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