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INTERVISTE

Milan, Abate: “Da Pioli ho imparato molto. De Zerbi il top”

Ignazio Abate allenatore Milan Primavera
Dalla sua carriera da calciatore, passando per il Milan e la panchina della Primavera: Ignazio Abate si racconta a Sportitalia

Emiliano Guadagnoli

Ignazio Abate, ex calciatore e ora allenatore del Milan Primavera, ha parlato ai microfoni di Sportitalia. Ecco le sue parole.

Su quando ha deciso di diventare calciatore: "L'ho vissuta con molta spensieratezza sin da bambino. Poi, entrando nel settore giovanile del Milan, ho iniziato a pensare che potesse diventare la mia professione. Ma l'ho sempre vissuta serenamente, come una passione. Poi, fortunatamente, è diventata la mia professione, la più bella del mondo. Gli hobby sono innati, li devi sentire dentro. Mio fratello, ad esempio, era appassionato di calcio ma non aveva quel fuoco dentro".

Sul ricordo di Galliani: "I miei ricordi di lui risalgono quando mi fece i complimenti durante una finale scudetto Primavera. Con il dottor Galliani ho un rapporto di grande stima e di grande affetto. Quel Milan era una squadra incredibile ed un gruppo di giocatori top. Lui mi ha sempre accompagnato nel corso della mia carriera, anche quando andai a giocare in prestito. Tutto è stato molto veloce. L'esordio è stato emozionante. Sono ricordi che resteranno indelebili. Dopo pochi giorni ci fu anche il debutto in Champions. Fu un'annata molto importante".

Sulle esperienze all'Empoli e al Torino: "Sono molto affezionato alla prima esperienza, al Napoli. Per la prima volta andavo via di casa, dai miei affetti, Peccato che si concluse con una sconfitta ai play-off, ma fu un'esperienza bellissima. poi ho iniziato a girare un po' l'Italia. L'esperienza di Empoli è la prima esperienza in Serie A, dove eravamo una squadra molto giovane. Peccato per la retrocessione. Forse ci mancava un po' di esperienza. A Torino sentivo di poter fare il salto in una grande squadra. Quello era un gruppo molto maturo. La società era di ottimo livello. Anche quell'anno ci fu una retrocessione che mi fece tanto male, ma poi arrivò il riscatto da parte di Galliani".

Sul periodo con il Milan: "Il Milan era la squadra più forte al mondo. Era un sogno indossare quella maglia. Era un gruppo di un altro pianeta. Il salto era tanto grande. Era giusto fare il mio percorso di crescita per maturare. Ora i giovani pretendono tutto e subito. Ma ci vuole sempre tanto sacrificio, ed il passaggio in categorie inferiori serve a farti le ossa. C'è sempre qualche eccezione, ma non è una vergogna fare la gavetta e giocare in campionati inferiori".

Su Ibrahimovic e Gattuso: "Quando tornai in pianta stabile al Milan, mi avevano preso in simpatia. Mi hanno accolto benissimo. Hanno visto la mia bontà, la mia umiltà. Sono stati grandi campioni specialmente nella vita, oltre che nel calcio. Rino è stato il mio esempio da seguire per come interpretava questa professione. Quel gruppo viveva per questo lavoro.e per ottenere risultati la domenica. Era un gruppo unito. Poi ovviamente qualche schiaffone da Rino l'ho preso, ma è stata una fortuna averlo nel mio percorso, anche come allenatore. Con Ibra è nata un'amicizia molto semplice, molto naturale, che è cresciuta col tempo. I momenti più belli erano quando, in ritiro, restavamo a tavola a prenderci in giro. Era bello perché eravamo un gruppo affiatato con tanta voglia di restare insieme".

Sul giocare insieme a Nesta: "Sandro è stato fondamentale nel mio percorso di crescita. Giocando insieme a lui ho avuto tanta consapevolezza. Ho avuto bisogno di lui per crescere. E' stato un punto di riferimento".

Sull'allenatore a cui è legato: "Ancelotti mi ha fatto maturare. Reja mi ha aiutato tantissimo. Con Allegri ho vinto lo scudetto. Sinisa (Mihajlovic) mi ha fatto crescere dal punto di vista umano. Non posso sceglierne uno...sono tanti".

Se si aspettava il saluto di San Siro: "No non me lo sarei aspettato. Sapevo di dover lasciare il Milan, anche se speravo fino all'ultimo di far ricredere la società. Fu Rino che lo comunicò nella conferenza pre partita. Soffrivo di pubalgia, e le ultime settimane mi allenavo solo il sabato. Quella settimana, fino a venerdì, stavo malissimo. Il sabato pensavo di non rimanere in ritiro perché stavo molto male. Verso mezzogiorno pensavo di dover andare a casa. Ma Rino mi ha detto 'cambiati che domani giochi'. Se ho vissuto quella giornata è merito suo".

Sul periodo post ritiro: "E' stato un periodo stranissimo. Avevo sottovalutato il problema fisico. Ero convito che stando fermo sarei risucito a mettermi a posto. Erano arrivate tante offerte per me. Sono stato vicino ad una società in Premier e ad un club spagnolo. Volevo andare in Inghilterra ma, all'ultimo, non me la sono sentita. mi sono operato ed ho fatto cinque mesi ad allenarmi, ma non mi sentivo benissimo. Sono arrivate tante offerte, da campionati inferiori, ma ho deciso di smettere. Per un anno non lo accettavo. Poi ho pensato di intraprendere la carriera dirigienziale, volevo scoprire nuovi talenti. Poi è arrivato il corso di allenetore, ed è stato un colpo di fulmine".

Sul primo anno da allenatore: "Ho avuto l'opportunità di ripartire. Ed è stato un anno bellissmo, che mi ha legato dal punto di vista umano ai ragazzi. Penso che con quel gruppo resteremo legati per sempre. Loro sono un libro aperto. E' stato bello accompagnarli tutto l'anno e magari, in futuro, li ritroverò".

Sull'ispirazione: "Non mi ispiro a nessuno perché tutti mi hanno lasciato qualcosa. Spero di poter prendere il meglio da tutti. Poi, ovviamente, dal punto di vista calcistico ho la mia idea di calcio che piace a me. Credo che De Zerbi sia il top in Europa. Anche vedendo Pioli ho imparato molto. Sono propenso ad un calcio di qualità, un calcio intenso". Milan, Florenzi: “Contro il Napoli serve la stessa partita di San Siro”

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