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Menez: “Ero come Kaka, ma potevo fare molto di più. Su Ibrahimovic…”

Jérémy Ménez Milan
Jemery Menez, ex attaccante di Roma e Milan, ha rilasciato un'intervista alla "Gazzetta dello Sport" in cui ha parlato della sua carriera

Salvatore Cantone

NEWS MILAN - Jemery Menez, ex giocatore di Roma e Milan, con cui ha totalizzato 47 presenze e realizzato 20 gol, ha concesso un'intervista molto interessante alla Gazzetta dello Sport: "Potevo fare molto di più, ma non ho lavorato abbastanza. Pensavo bastasse il talento".

Un’infanzia difficile la sua.

"Ho visto di tutto, alcuni amici hanno fatto una brutta fine. Nessun soldo in tasca, tanti sogni. Il mio stile di gioco è nato per strada, in mezzo a vicoli stretti e a partitelle che finivano a botte. Grazie alla periferia sono ciò che sono".

Pensa di aver reso al 100%?

"Negli allenamenti dicevano che ero forte come Kakà, poi in partita avevo qualche pausa. Ero giovane, ma non ho mai sentito la pressione. Questa parola non mi rappresenta".

Proviamo con «fiducia».

"Ne ho bisogno. Se la percepisco, rendo al massimo. È accaduto al Psg con Ancelotti, il numero uno. Veniva con noi al ristorante, non urlava mai. Giocare a Parigi era il mio sogno, per questo scelsi di andar via da Roma. Dissi no anche alla Juve; ricordo le chiamate di Conte per convincermi a firmare".

Dove si è visto il miglior Menez?

"Al Psg e al Milan, stagione 2014-15. Segnai 16 gol da centravanti, un ruolo che non avevo mai fatto. Solo da ragazzino, dribblando criminalità e pistole. Fu un’idea di Inzaghi. Peccato per l’annata storta, ma la colpa non fu solo di Pippo".

Oggi c’è Ibrahimovic: lo confermerebbe?

"Certo, gli avversari lo temono. Resta un fenomeno anche a 38 anni".

Segue ancora la Serie A?

"Soprattutto Milan e Roma. Pastore è un amico. Talento puro. Peccato per gli infortuni, ma se sta bene è una garanzia. Poi voglio Mandare un abbraccio a Mihajlovic, tornerà più forte di prima".

Menez ancora in Italia: utopia?

"Sarebbe bello, perché no? Qualche contatto c’è stato...".

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