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Matri: “L’esordio, il ritorno e le lacrime. Vi racconto l’esperienza al Milan”

Alessandro Matri, qui con la maglia del Milan nella stagione 2013-2014 (credits: GETTY Images)

Alessandro Matri ha raccontato la sua carriera al Milan tra settore giovanile e ritorno nel 2013. Ecco le sue dichiarazioni nel corso di una diretta social

Giacomo Giuffrida

NEWS MILAN - Verità senza particolari filtri. Grazie alle dirette sui social, molti calciatori, dirigenti e allenatori stanno ricordando e raccontando retroscena storici e spesso curiosi e divertenti, oltre che discutere della propria quotidianità. Oggi 'intervista' per Alessandro Matri, in una diretta Instagram con il giornalista Mauro Suma.

Sulla sua carriera: "Non ho niente da recriminare, ci sono alti e bassi e purtroppo i bassi sono arrivati al Milan. Quando si è tifosi ci si sente sempre in dovere di dare qualcosa in più ma spesso non ce la fai. Il Milan è croce e delizia. Il Milan è la mia mamma calcistica. Mi ha cresciuto, mi ha insegnato come stare in questo mondo e quindi io al Milan sono solo grato. Quest’anno per il 120esimo del club ho fatto un post dicendo che il mio più grande dispiacere è non aver ripagato la fiducia riposta in me, l’aver mancato quell’appuntamento è il mio più grande rammarico".

L'esordio con il Milan nel 2003: "Il 24 maggio 2003 faccio l'esordio a Piacenza, misero in campo una decina di ragazzi della primavera. Esordire nel Milan a Piacenza, con i miei parenti vicini, fu bellissimo. Sandro Nesta dopo la rifinitura mi chiese se me la stessi facendo sotto (ride, ndr). C’era grande attesa e anche tanta paura. Avevo il pensiero di dover far gol per forza, non ho neanche tirato in porta (ride, ndr). La sera prima credo di aver dormito poco per l’ansia. All’inizio ero un po’ più piccolino degli altri e giocavo poco, ma al Milan ogni anno rientravo sempre nella selezione dei confermati. Il Milan ha sempre creduto in me. L’ultimo anno in Primavera è stato fondamentale, se fai bene in quell’anno lì ti permette di entrare nei campionati professionistici. Nella partita contro l’Atalanta c’era anche il direttore Braida, feci due gol e decise di farmi il primo contratto da professionista. Mi chiamò il lunedì per dirmi che credevano in me. Quando ero in prestito mi chiamava sempre per sapere come stavo e come giocavo".

Poi l'addio al Milan nel 2008: "In quell'anno il Milan era all’apice, non c’era la cultura del giovane. Per vincere c’è bisogno dei fenomeni e quindi per arrivare a questi giocatori (tra questi Ronaldinho, ndr) la società ha fatto le sue valutazioni. E penso che non abbia sbagliato perché poi ha vinto”.

Il ritorno nel 2013, acquistato dalla Juventus: “Marotta e Paratici mi avvisarono della possibilità di farmi partire. C’era il Napoli ma anche il Milan. Dissi alla società che sarei andato via solo per il Milan, anche in prestito. Il Milan passò il preliminare di Champions, andò via Boateng e così presero me. Andare al Milan con Allegri per me era l’ideale".

I ricordi di quel ritorno al Milan: "Io sono arrivato con la curva che aveva appeso uno striscione contro di me. Mi sono auto caricato di responsabilità e non ho sopportato la pressione. La colpa è solo mia, sono arrivato con tante aspettative e la voglia di dimostrare. Sono uno abbastanza sensibile e le soffro queste cose, sentirmi male a casa mia è stata una pugnalata. Il crocevia fu un Bologna Milan 3-3 in cui sbagliai un sacco di gol, lì persi tutta la fiducia.

I sogni di Matri e Davide Astori: "Il sogno mio e di Astori era sempre quello di tornare al Milan. Alla nostra epoca Milanello era come Hollywood, era il calcio che sognavi. La gente di Milanello che ti coccola, i magazzinieri che non ti facevano mancare nulla, c’erano Maldini, Sheva… Tornare è il sogno di tutti i ragazzi cresciuti nel Milan. Alle prime difficoltà non riuscii a reagire, la colpa è soprattutto mia. L’ambiente di certo aiuta e il Milan a quel tempo aveva qualche difficoltà, però la colpa me la prendo io. Se un giocatore non riesce a reagire è un punto a suo sfavore. Alla Juventus invece l'ambiente, i tifosi, la società mi hanno fatto sentire a casa".

Il prestito alla Fiorentina: "Quando sono andato via a gennaio ho pianto come non ho mai pianto in vita mia. Dissi a Galliani che dovevo andare via perché non stavo bene, non la vivevo bene. Ero diventato negativo in tutto. Galliani fu di una sensibilità fuori dal comune e mi disse che voleva il mio bene e che avrebbe cercato di accontentarmi. Fui una spesa importante per la società ma mi accontentarono. Poi con Sinisa fui subito chiaro, lui mi disse che voleva che rimanessi con loro. Invece eravamo ancora troppi in attacco col ritorno di Balotelli e quindi andai via. Ma con Mario non ho nessun problema, siamo amici e ne abbiamo anche parlato".

Su Sandro Tonali, recentemente accostato al Milan: "Penso che sia molto forte per l’età che ha e per quello che ha dimostrato. Ha dimostrato di essere da Serie A, ha una personalità e una forza fisica fuori dalla norma. Ha anche una visione di gioco che non tutti hanno. Non è quel giocatore che tutti accostano a Pirlo e lui lo riconosce, lui è un altro giocatore. Può ricoprire più ruoli a centrocampo e fa anche gol. Il mercato non sempre però va nella direzione del tifo. Io posso consigliargli solo di ponderare bene le sue scelte, se ci fosse un’offerta del Milan sono sicuro che ci penserà più di una volta".

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