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Lo scopritore di Brahim Díaz: “Già da piccolo era super. Sul Milan …”

L'intervista su Brahim Díaz (attaccante AC Milan) a 'Tuttosport' | Calciomercato Milan News (Getty Images)

José Andrés Jaime Marín, scopritore di Brahim Díaz, ha parlato del suo pupillo ai microfoni di 'Tuttosport': le sue dichiarazioni

Daniele Triolo

José Andrés Jaime Marín, ex calciatore ed allenatore, è lo scopritore di Brahim Díaz, il funambolo andaluso classe 1999 che il Milan sta riprendendo dal Real Madrid dopo una prima stagione di prestito. Marín ha parlato in esclusiva, ai microfoni di 'Tuttosport', del passato di Brahim Díaz. Queste le sue dichiarazioni integrali.

Sulla prima volta che ha visto il ragazzo: "Da bravo papà, portai mio figlio ad una prova al Club Deportivo Tiro Pichon. Dato il mio passato da professionista, mi chiesero di dare una mano per l'organizzazione delle giovanili. Era il 2006. Mi misi al lavoro e notai immediatamente Brahim Díaz, questo ragazzino che era arrivato da 2-3 giorni. Al primo pallone che tocca fa cose che non sono normali per un bambino di 6 anni. Si capiva subito avesse qualcosa di speciale".

Sul suo arrivo nelle giovanili del Málaga: "Sono stato un loro tesserato ed esiste un rapporto privilegiato. Proposi ad Antonio Benitez, allora responsabile delle giovanili, di visionare Brahim Díaz. Inizialmente disse che era ancora troppo piccolo, ma io insistetti: 'Non troverete nessuno bravo come lui, dovete fare presto'. Così organizzai una partita contro una squadra composta da bambini di due anni più grandi. Brahim Díaz fu una meraviglia. Benitez mi diede ragione: 'Martedì fallo venire ad allenare da noi'. Il resto è storia".

Sul talento del fantasista fatto vedere sin dalla più tenera età: "Brahim Díaz era abituato a giocare con ragazzini sempre più grandi. Con i suoi coetanei non c'era partita. Spesso giocava dieci minuti e faceva 5 gol. Gli allenatori avversari mi chiedevano di toglierlo. Era troppo superiore agli altri. Non mi sento un mago, vivo di calcio, ma in lui c'è sempre stato qualcosa di differente rispetto a tutti gli altri".

Sul mancato approdo del giocatore al Barcellona: "Lo presentarono a tutti i calciatori dell'epoca, parlò con Andrés Iniesta, io ho ancora il contratto firmato a casa mia. Ma non se ne fece nulla perché all'epoca Brahim Díaz non poteva restare da solo in una grande città. Sarebbe stato un disastro, era troppo legato alla famiglia. Infatti, quando successivamente si trasferì al Manchester City, tutti i suoi cari lo seguirono in Inghilterra".

Sulle sue qualità migliori: "La capacità di apprendere. Ti fissava fino all'ultima parola, voleva comprendere tutto e ricevere ogni informazione. Ascoltava i consigli e in cinque minuti era capace di replicare in campo quanto appena detto. E poi è un ragazzo ammirevole, di cuore, uno che aiuta gli altri. Viveva in un quartiere umile. Adesso ha regalato ad alcuni giovani del suo vecchio quartiere scarpette e magliette, dato che loro non possono permettersele".

Sulla prima volta del giovane Brahim a 'San Siro': "Con mio figlio e la famiglia di Brahim Díaz decidemmo di andare a vedere Milan-Málaga di Champions League, una decina di anni fa, circa. Lui era ancora un ragazzino, ma già allora pensava che gli sarebbe piaciuto giocare per i rossoneri. È passato un po' di tempo, ma quelle parole si sono trasformate in realtà".

Sulla felicità della sua permanenza in rossonero: "Assolutamente. I rossoneri sono un club storico, con ambizione. Brahim Díaz cerca questo. Come dico sempre, ora ha bisogno di crescere, mettere insieme minuti, fare esperienza. A lui serve solo giocare. Da quando ha 11-12 anni vive da professionista e non si pone limiti. Non gli basta essere un giocatore di prima divisione: vuole arrivare lontanissimo". Milan, ecco quanto costa prendere Isco >>>

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