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Kjaer: “Sogno? Chiudere la carriera al Milan. Siamo da scudetto” | News

Simon Kjær (difensore AC Milan) qui durante Milan-Bodø/Glimt dei preliminari di Europa League a San Siro (Getty Images)

ULTIME NOTIZIE MILAN NEWS - Simon Kjaer, difensore centrale rossonero, ha rilasciato un'intervista ai microfoni della Gazzetta dello Sport

Salvatore Cantone

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Ultime Notizie Milan News: l'intervista a Kjaer

MILAN NEWS KJAER - Simon Kjaer, difensore centrale rossonero, ha rilasciato un'intervista alla Gazzetta dello Sport. Ecco le parole di Kjaer: "La forza di questo Milan è di saper soffrire aiutandoci a vicenda. Con lo spirito di gruppo si va lontano. In campo ho esperienza, con Instagram meno... Ho deciso di aprire un profilo per i tifosi, se posso dare loro qualcosa anche fuori dalle partite sono felice. Ma lo ammetto, faccio ancora fatica".

Kjaer, a gennaio era una scommessa, oggi è un insostituibile. Che cosa è successo?

«La mia storia parla chiaro, ho bisogno di sentire fiducia: ho sempre ripagato i tecnici che mi hanno dato continuità».

Merito di Pioli, quindi?

«Quando ho dei dubbi o penso che ci siano aspetti tattici che si possono cambiare per migliorare il rendimento individuale e collettivo, mi ascolta: vuole trovare la situazione ideale per i suoi giocatori. Alla fine ovviamente decide lui, ma c’è dialogo. È l’allenatore perfetto per me».

Si sente un leader?

«Sì, in campo e in allenamento. Osservo gli altri e do una mano. Cerco sempre di dare l’esempio, mi faccio sentire. E provo a trasmettere un messaggio ai più giovani, perché negli anni ho imparato che non bisogna mai accontentarsi: ora siamo primi ma non possiamo adagiarci sulle soddisfazioni del momento, dobbiamo lavorare per crescere ancora».

Lei è tra i più ascoltati nello spogliatoio. Che effetto le fa?

«Maldini e Massara mi hanno portato al Milan per avere una voce nello spogliatoio e per dare una mano con i più giovani. Sono arrivato in un momento complicato, ma nonostante le critiche che piombavano addosso ai giocatori sapevo che qui c’era qualità. Ora siamo all’opposto: i risultati arrivano, c’è entusiasmo. Ma ricordiamoci che non ci vuole molto a tornare indietro».

Come si fa a non perdere la bussola?

«Sfruttiamo l’esperienza accumulata negli ultimi sei mesi, ci ha fatto maturare tanto e velocemente. Ormai siamo giovani solo sulla carta di identità, perché abbiamo dimostrato di essere una grande squadra, raggiungendo un livello molto alto. Proviamo a riportare il Milan dove deve stare».

In alto ci siete già: primi e imbattuti. Siete da scudetto?

«Siamo in testa, per cui certo, possiamo vincere. La stagione però è ancora lunga, occorre continuare a vivere partita dopo partita come stiamo facendo. Lo scudetto non deve diventare un’ossessione: deve essere un obiettivo perché siamo il Milan e la storia del Milan è fatta di titoli. Dopo tanti anni lontano dal vertice siamo lì, faremo il massimo per tornare in Champions e proveremo a lottare per il campionato, abbiamo il dovere di crederci».

Con Ibra sembra tutto più semplice.

«Per capacità di abbinare tecnica e fisicità Zlatan è unico al mondo, non ho mai visto attaccanti dominanti come lui».

Com’è il vostro rapporto?

«Ottimo, come con gli altri».

Al suo fianco è tornato Romagnoli. Come lo ha ritrovato?

«È un grande difensore, non si può discutere come fa qualcuno: dopo un lungo infortunio è normale soffrire un po’. Ale tira dritto e si allena bene: presto lo rivedrete al top».

La stagione si è aperta in coppia con Gabbia: sarà un punto di riferimento per il Milan del futuro?

«Senza dubbio. Io e Matteo parliamo tanto, mi ricorda me da giovane: ha voglia di imparare, ascolta».

Vediamo spesso Kjaer lanciare per Ibra: asse nato in allenamento?

«Lanciare mi piace fin da quando ero ragazzino. Poi ovvio, se davanti hai Ibra hai più possibilità di riuscita. Se giochi sempre corto diventi prevedibile, con la verticalità induci i marcatori avversari all’errore, crei spazio per chi si inserisce: essendo un difensore lo so bene, e quando ho la palla provo a leggere le situazioni e a servire Ibra».

Come si gestisce fisicamente?

«È una linea sottile, non puoi permetterti di sbagliare: il tempo tra un match e l’altro è per lo più recupero. Il che non significa che non ti alleni, ci sono sempre piccole cose da curare. Lavorare con Pioli mi aiuta: a volte gli dico “Oggi farei solo una parte in gruppo, preferisco lavorare con il preparatore”. Lui si fida, sa che tutto è finalizzato alla partita».

Essere un titolare nel Milan capolista è una rivincita sulla parentesi all’Atalanta?

«A Bergamo ho giocato 6 partite, non abbiamo mai perso. Gasperini non mi ha mai detto “sei troppo in là con gli anni” o “giochi male”, lasciarmi fuori è stata una decisione tattica. Ma non ho nulla contro di lui: non ha funzionato. Ho accettato le sue scelte, e quando non giocavo ne approfittavo per allenarmi. Volevo farmi trovare al top per la chiamata successiva, è arrivato il Milan. È andata bene, no?».

L’attaccante più ostico?

«Dipende dalla partita. L’Inter ad esempio ha due grandi punte ma per caratteristiche Lautaro mi ha messo più in difficoltà di Lukaku, più mobile, più imprevedibile. E poi c’è sempre Ronaldo: in area è quasi immarcabile».

Anche al Milan non scherzano: segnano tutti, manca solo lei.

«Abbiamo molti modi di attaccare e di far gol. Io posso aspettare, per me conta di più arrivare al 90’ senza gol subiti».

Kjaer, dica la verità: c’è stato un momento in cui ha temuto che il Milan non la riscattasse?

«Ho sempre pensato che avevo fatto tutto il possibile, ma sapevo che a decidere sarebbe stata la società. Quando ho firmato ho vissuto un sogno, e continuo a viverlo ora che siamo primi».

Il prossimo da realizzare?

«Tra sogni e obiettivi il confine è strettissimo: iniziamo tornando in Champions da milanista. Poi mi piacerebbe chiudere qui la carriera. Sono ancora giovane, no?». Intanto dalla Spagna danno per chiusa la trattativa per Szoboszlai. VAI ALLA NOTIZIA>>>

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