Sull'idea di lasciare quel Milan: «Mi ha sfiorato due volte. La prima pensavo di meritare di più e Lucia Morselli, l’ad di Stream tv, mi propose un incarico importante. Galliani si oppose. “Resti con noi”. Poi telefonò alla Morselli: “Lucia, c’è qui uno che le deve dire una cosa”».
Sul rapporto con Galliani: «Perché mi dà del lei? È così da 28 anni. Lei, Umberto … Lei, signor Galliani… Un “lei” affettuoso. Non mi ha mai chiesto di passare al tu. Anche con il dottor Berlusconi: amici da una vita, lui lo chiamava dottore o presidente, ricambiato con Adriano. Ma nessuno conosceva Berlusconi come Galliani. Una mattina mi chiamò alle 8 dicendomi che Berlusconi gli aveva appena dato l’ok per Nesta. “So quando mi dice no e vuole dire sì, e quando dice sì ma in cuor suo è no”…».
Sulle trattative di mercato nel Milan di Berlusconi e Galliani: «Una delle più dure? Ibra dal Barça. Trovammo l’accordo con il presidente Rosell. C’era da convincere lui. “Torni a casa, ci penso io”, mi fece Galliani. La moglie lo vide e disse a Zlatan: “Ma che vuole quel signore seduto in salotto?”. Fu convincente».
Sulla trattativa più strana condotta per il Milan: «Beckham. Per il primo prestito, i Galaxy pretesero un assegno circolare in mano al loro avvocato. Niente bonifici. L’avvocato telefonò negli Usa e allora diedero l’ok … Galliani non si capacitava».
"Berlusconi suggerì ad Ancelotti come posizionarsi in attacco sui calci d'angolo"
—Su dove ha conosciuto Berlusconi: «A RTI, dove entrai nel 1988. Una volta a settimana voleva incontrare i manager. Un master con Berlusconi e Galliani e grandi uomini di sport che mi insegnarono tutto, Dan Peterson, Rino Tommasi, Massimo De Luca, Marco e Bruno Bogarelli …. Berlusconi era un visionario, anche da presidente».
Su Berlusconi: «Era competente e voleva dare le sue idee. Una volta suggerì ad Ancelotti di tenere tutti i giocatori fuori dall’area sull’angolo, e farli entrare di corsa quando partiva la palla, così che i difensori non sapessero chi marcare. E Ancelotti: “Presidente, abbiamo provato, ma non funziona”. Però ha visto lui Sacchi e Capello. E non solo».
Su Capello: «Lo conoscevo da Mediaset Sport. Arrivai nel ’93, era già l’allenatore: concentrato, esigente, attento ai dettagli. Vinciamo la Champions con il Barcellona 4-0, ma per stare in panchina con lui serviva attenzione, non dovevi esultare. Dopo il 2-0 fu difficile trattenersi, ma ti fulminava con lo sguardo. Dopo il 4-0 lo abbracciai: “Non ci prendono più!”. Aveva ancora mani in tasca e sguardo burbero. E poi c’era Berlusconi al telefono. Era in senato per la fiducia, ma ad Atene ci avevano dato i primi telefonini, Galliani lo sentì mille volte».
Su Capello il duro: «Si scioglie, ma in altri momenti. Quando tornò la seconda volta era diverso, ancora più duro, quasi col piglio del vendicatore. All’inizio, qualche problema, poi tra noi è tornato tutto come prima».
Su Ancelotti: «Il giorno dopo l’esonero di Terim. Galliani mi disse: “Vado a Parma a prendere il nostro amico Carletto”. Era contento anche per ragioni culinarie. Terim è rimasto legato al Milan, ma non si era calato nella famiglia, aveva suoi ritmi anche a tavola. Con Carletto tornarono culatello, salame, vino, i pezzi di pane spostati per parlare di tattica …».
"Boban, uomo di cultura. Ronaldinho? Una volta lo trovammo che ..."
—Sugli anni in cui venne concepita la SuperLega: «La Champions esiste perché i club forzavano la mano, ottenendo in cambio qualcosa. Berlusconi non voleva che una grande potesse essere eliminata al primo turno. Nel 2000 nacque l’Eurolega di basket e la seguimmo con interesse, preparando il progetto Gandalf, alternativo alla Champions. Dietro c’eravamo noi, il Real Madrid e altri».
Sul finimondo scoppiato quando la notizia uscì fuori: «Però così negoziammo da una posizione di forza. E in realtà non c’era la voglia di uscire dal sistema. Anche nel 2016: incontro segreto all’aeroporto di Zurigo, poi trattativa con l’Uefa e fu Champions 4x4. Tutto diverso dalla SuperLega di oggi, un progetto più finanziario, con banche che vogliono un ritorno. Non ne sapevo niente. Pensavo che avessero tutto pronto, arbitri, calendario, strutture».
Su Andrea Agnelli e Florentino Pérez dietro questa idea attuale della SuperLega: «Con Andrea per un po’ non ci siamo parlati. Ma resta un amico. Ci siamo riavvicinati dopo la sua intervista al “Foglio”. Gli ho scritto che sono d’accordo su tutto quello che dice, ma che non è la SuperLega la risposta».
Sulla UEFA senza Platini: «Totalmente affascinato da Andrea perché era un Agnelli. Con Michel è stato bello lavorare, anche se ci sono stati scontri sul fair play. Guascone, simpatico, juventino fino al midollo. Quando parlavamo di Juve-Milan erano sempre imprese fantastiche, come se non avesse mai perso o giocato male».
Su Boban e Ronaldinho avuti al Milan: «Boban un uomo di cultura, andò a vivere a Castiglione Olona in un palazzo d’epoca con una biblioteca storica. Appassionato di storia. Ha dimostrato di essere un dirigente senza compromessi. Ronaldinho? Viveva in una villa e organizzava sempre feste con la comunità brasiliana di Milano. Faceva notte, si svegliava, si fa per dire, e andava a Milanello. Un giorno si presentò con la divisa dell’anno prima. Lo mandammo a farsi un po’ di massaggi e lo trovammo che dormiva nella vasca del ghiaccio». LEGGI ANCHE: Milan, scopriamo Sottil. Il suo ruolo, la sua fede e i suoi idoli di sempre >>>
© RIPRODUZIONE RISERVATA



/www.pianetamilan.it/assets/uploads/202512/376d09bfcf0be6a048c234cd29637c33.jpg)