Su Capello: “Non era come adesso che i giovani arrivano in prima squadra spavaldi, noi quando arrivavamo era un casino, dovevi sistemare il campo prima e dopo l’allenamento, era una gavetta bella. Lui metteva un po’ di agitazione, era un condottiero bello tosto, io ero molto giovane. Io ho avuto sempre un buonissimo rapporto, mi massacrava ma sapevo che era per darmi direzione e farmi crescere. Ho avuto un rapporto di amore-ansia, però gli devo tutto perché mi fece esordire molto giovane”.
Sulla pressione: “Ero sicuro di me ma la sentivo, San Siro era uno stadio pesante e la maglia del Milan era importante”.
Coco: "Non volevo giocare altrove, il Milan era il top. Sono andato via per alcune situazioni"
—Sull’addio ai rossoneri: “Partiamo dal presupposto che sono sempre stato istintivo, alcune scelte le ho fatte senza pensare troppo e quella è stata così. Io ero cresciuto al Milan, per me era l’unica maglia, ero figlio del Milan, avevo un buonissimo rapporto con tutti. Poi arrivò Terim e ci litigai fin da subito, arrivò con grande presunzione. Io le cose le dicevo in faccia, non mi piaceva. Io ho avuto la fortuna di crescere nel primo Milan di Berlusconi, c’era grande programmazione e tutti erano sempre sul pezzo. Io poi a gennaio decisi di accettare il Barcellona, che mi voleva già a giugno. Per il Milan ero incedibile, poi a luglio con Terim si era rotto qualcosa. Poi arrivò Ancelotti che mi disse che mi rivoleva al Milan, ma avevo preso la decisione e non tornai più. E’ stata una scelta istintiva, sono milanista e continuerò ad esserlo. Sono orgoglioso di aver indossato questa maglia”.
Sul gol contro il Barcellona nel 2000: “Fu una partita bellissima perché noi italiani anche se siamo più forti non siamo mai i favoriti. Andammo lì da sfavoriti e poi vincemmo 2-0 con un mio gol e un mio assist. Nessuno se lo aspettava, per me fu un orgoglio. Poi il Barcellona l’anno dopo bussò alle porte del Milan”.
Sull’arrivo all’Inter in scambio con Seedorf: “A maggio Ancelotti voleva che tornassi, lo ringraziai ma ormai si erano rotte troppe cose. I 6 mesi precedenti Moratti mi chiamava spesso, sentivo la loro fiducia e volevo tornare a Milano, la Serie A era il campionato più importante. Ci fu l’occasione e tornai, non pensai ad altro, il lavoro è lavoro, la mia fede milanista rimane quella. Esperienza positiva? Tutto quello che ho fatto è positivo perché l’ho fatto per fare bene alla mia carriera”.
Sul suo rapporto con Berlusconi: “Bellissimo, tutti conoscete l’amore che aveva per i suoi giocatori e soprattutto per chi era prodotto del Milan come me. Il rapporto era bello”.
Sul compagno con cui ha giocato più partite: “Maldini, che per me è stato un punto di riferimento. Aveva uno status talmente grande che era impossibile non andargli dietro, io non l’ho mai detto ma era difficile essere accostato a lui, io cercavo di allontanarmi perché non volevo dare troppa importanza alle aspettative, comunque l’ho sempre guardato con ammirazione perché è stato un giocatore e un professionista incredibile. Parlava poco ma aveva un’aura pazzesca”.
Sui 3 compagni più forti con cui ha giocato: “Maldini, Baresi e Baggio”.
Sui 3 terzini più forti oggi: “Hakimi, Alexander-Arnold e ci metto anche Dimarco”.
Sulla squadra dove avrebbe voluto giocare: “Io non volevo giocare da nessuna parte, sinceramente. Io ho avuto la grande fortuna di nascere in quel Milan, la società numero 1 e la squadra più forte al mondo. Non ho mai pensato di andare via perché ero già al top, sono andato via per situazioni ma non perché volessi andare via. Io ho rifiutato tante squadre, avevo 0 voglia di andare da altre parti perché ero dove volevo essere”.
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