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Brocchi: “Ecco perché abbiamo perso a Istanbul. Sul mio periodo da allenatore…”

Cristian Brocchi, allenatore del Monza (credits: GETTY Images)

Cristian Brocchi, ex allenatore e giocatore del Milan attualmente al Monza, ha parlato in diretta Instagram con Mauro Suma. Ecco le sue dichiarazioni

Renato Panno

ULTIME NEWS MILAN - Cristian Brocchi, ex allenatore e giocatore del Milan attualmente al Monza, ha parlato in diretta Instagram con Mauro Suma. Ecco le sue dichiarazioni:

Sui suoi primi anni al Milan: "Avevo fatto 10 anni di settore giovanile nel Millan, che è stata sempre per me una grande famiglia che mi ha indirizzato ad andare nella parte giusta della vita. Quando sono andato via dopo le giovanili il mio sogno era quello di rientrare. Quando l'ho fatto ho provato un'emozione indescrivibile. Quando sono arrivato di nuovo a Milanello ho capito che il sogno si era avverato. A mio esordio ho fatto poi subito gol, perdevamo 2-0, io ho fatto il 2-1 prima del pareggio di rigore di Sheva. Nelle difficoltà c'è bisogno di giocatori che diano il segnale, io ho dato sempre carattere ovunque sono andato. Quando ero lì avevo dei top player che avevano qualcosa di superiore a me, ma bisogna sapere integrare tutti i giocatori all'interno di una squadra. C'è bisogno di qualità ma anche di temperamento. Solo in due stagioni sono stato titolare, nelle altre sono sempre stato il primo o secondo cambio. Quando hai davanti Pirlo-Gattuso-Seedorf non ti devi vergognare di essere il primo cambio. Negli anni ci sono state partite dove ho fatto errori, ma tutti ne fanno. Però penso che quando ricordi delle partite chiave in quegli anni lì, per me era una grande soddisfazione. Ancelotti poteva fare affidamento su di me, alcune volte mi ha messo anche al posto di Pirlo".

Sul Derby di Champions League: "Io ero esaltato sia perché venivo da un quarto di finale con l'Ajax giocato da titolare, sia perché l'euro derby dà emozioni incredibili. Ho provato tantissime emozioni, non passavano mai i minuti prima della partita. Era una tensione positiva, non era paura. Quando con il pullman siamo arrivati allo stadio è stato qualcosa di meraviglioso, percepivi nell'aria un clima diverso. E' indimenticabile non solo per la partita ma per l'adrenalina provata".

Sull'importanza dei suoi nonni: "Se ho giocato a calcio lo devo tutto ai miei nonni. Mio nonno mi portava sempre agli allenamenti e quindi è un qualcosa di grande che hanno fatto per me. Dare la soddisfazioni a loro è stato bellissimo, mi dispiace per nonno che non c'è più per vedermi come allenatore, ma mia nonna ancora si arrabbia se parlano male di me".

Sulla partita a Piacenza: "Per me anche un'amichevole era importante. Ci sono delle persone che vivono per la propria squadra, persone che sperano di essere al tuo posto. Ogni volta che indosso una maglia cerco di dare il 110% per questo. Ho fatto partite sia belle che brutte, ma la cosa che non è mai mancata è la volontà di far bene. In quella partita Ancelotti aveva tutelato gli 11 titolari e qualcuno non stava bene e volevo guadagnarmi almeno la panchina di Manchester. Ho giocato quella partita con rispetto anche per i ragazzi della Primavera, che avrebbero vissuto un sogno così come lo avevo vissuto io in precedenza. Poi siamo andati a Manchester. Il mio rimpianto è stato quello di non aver fatto nemmeno un minuto nelle due finali di Champions. In tutte le finali l'ho fatto, ma in quelle di Champions no. Ero in panchina. Nel 2003 e nel 2007 ho giocato di più di persone che erano considerati migliori di me".

Sulla stagione 2006/2007: "L'umiltà è fondamentale in ogni giocatore. Ho sempre saputo che per stare al Milan potevo non essere un titolare, ma io nella mia carriera lo sono sempre stato. Ma devi avere l'umiltà di capire chi avevi davanti. In quel momento lì si doveva puntare su di me e io ero pronto. Penso che per essere titolare in tutte le squadre dove ho giocato qualche qualità l'ho dimostrata, ma in quel Milan là avevo dei mostri davanti. Ricordo una partita a Udine che eravamo in difficoltà. Mi alzai nel spogliatoio e parlai, poi feci un assist. A volte un po' sono stato offuscato dai grandissimi campioni, ma mi sono ritagliato un ruolo molto importante".

Sulla sconfitta a Istanbul: "La cosa che dava fastidio erano stato i commenti che stavamo festeggiando a fine primo tempo. Noi non eravamo così. Nel calcio a volte succedono cose inspiegabili, cose che non hanno risposta. Sicuramente non è stato un fattore legato all'aver pensato di aver vinto la partita. Penso che sia capitato di aver un momento di blackout generale che ha inciso su tanti giocatori nello stesso momento. I gol del 3-1 ha forse condizionato e bloccato forse 7 giocatori su 11, è stato un momento così. Poi il 3-2 ha cambiato ancora di più. Quando siamo andati ai rigori lo abbiamo fatto dopo una parata assurda su Sheva. Lì chiunque ha pensato che non potevamo vincere. Lì anche i grandi campioni sono stati presi dalla negatività un momento primo, lì abbiamo avuto dei demeriti. Gli errori capitano".

Sul suo inserimento in spogliatoio: "Penso sia qualcosa di naturale. Ci sono delle persone che fingono e delle persone vere. Io penso di essere sempre stato vero. Sono sempre stato me stesso. Onesto, sincero, ho sempre lavorato. La mia famiglia e il Milan mi hanno insegnato l'educazione, non serve urlare e fare sceneggiate. Se le cose si dicono con educazione si apprezzano anche di più. I miei compagni lo hanno percepito, non ero finto. Il mio miglior amico era Gattuso e lui giocava sempre al posto mio. Era più forte ed era giusto così".

Sul prestito alla Fiorentina: "Quando sono andato alla Fiorentina cullavo il sogno di poter essere un giocatore che poteva giocare titolare. Mi ha chiamato Prandelli e mi ha detto di volermi lì. Quando mi ha detto così ho pensato di andare per giocare un anno da protagonista. Ho fatto un anno meraviglioso in prestito a Firenze, dove sono quasi riuscito a conquistarmi nell'anno dei Mondiali. Torno al Milan e si avvera un altro sogno: conquistare la Nazionale con la maglia del Milan. Mi ha fatto bene andare lì, Firenze è una piazza che ti fa sentire importante".

Sul ritorno al Milan da allenatore delle giovanili: "Sia con gli Allievi regionali che nei due anni di Primavera abbiamo vinto tanto. Quando mi feci male con la Lazio Galliani mi disse che sarei tornato al Milan come allenatore delle giovanili. Io ancora non pensavo di fare l'allenatore, ma non potevo più tornare a giocare perché il piede non reggeva più. Ho la fortuna di trovare persone meravigliose nel settore giovanile del Milan e mi sono messo a studiare. Abbiamo fatto questo percorso insieme. Mi piaceva tantissimo. Ci siamo tolti belle soddisfazioni, al Milan c'era un'idea molto chiaro. Non c'era l'idea di spendere soldi per i settori giovanili, ma voleva portarli su da quando era piccolini".

Sulla finale di Coppa Italia persa da allenatore: "Quella partita è un po' croce e delizia della mia esperienza all Milan. Non è facile per uno che ha il Milan dentro come me, sentire sempre gente che ti massacra sminuendoti come persona e come allenatore. Io sono entrato in un momento più che difficile, non dirò mai niente che momento era, ma non esiste allenatore con la bacchetta magica che riesce a ribaltare tutte le cose. Non potevo dire di no, Berlusconi mi ha detto 'da domani sei l'allenatore del Milan'. La cosa peggiore è stata essere considerato il lecchino di Berlusconi e Galliani. Non lo sono, hanno visto cos'ho fatto nel settore giovanile. Non ho mai fatto il lecchino di nessuno. Tutti dobbiamo avere un presidente che deve credere in te, vedi Mirabelli con Gattuso o Lotito con Simone Inzaghi".

Infine un consiglio al Milan: "Spero che nel Milan succeda quello che succede al Monza: programmazione, persone serie, voglia di arrivare ad un obiettivo dichiarato. Non è solo un problema di allenatore, bisogna ritornare a fare quello che si è fatto per tantissimi anni".

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