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INTERVISTE

Ambrosini: “Il gol di Kaká al Celtic e gli aneddoti su Shevchenko e Weah”

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L'ex centrocampista del Milan Massimo Ambrosini ha espresso il proprio parere sulla rete che Kakà segnò al Celtic nel 2007. Ma non solo

Fabio Barera

Il sogno di qualsiasi calciatore è quello di arrivare a segnare una rete in una competizione importante come la Champions League. Sicuramente Ricardo Kakà non si dimenticherà quel fantastico gol messo a segno nel 2007 contro il Celtic, quando vestiva la maglia del Milan.

In quel 7 marzo 2007, di fronte a un San Siro gremito per l'occasione, Kakà segnava uno dei gol più belli della sua carriera dopo un coast to coast e partendo praticamente dal centrocampo. In quell'occasione il passaggio decisivo glielo fece Massimo Ambrosini, oggi commentatore sportivo ma al tempo colonna di quel Milan.

E lo stesso Ambrosini, nel corso del format On The Pitch mandato in onda da Milan Tv, ha parlato di quel gol di Kakà, ma non solo. L'ex centrocampista del Milan si è anche soffermato su Shevchenko, Weah e due reti iconiche messe a segno da questi ultimi. Di seguito la sua intervista completa.

Milan, le parole di Massimo Ambrosini

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Sulla rete di Kakà: "Quella partita era molto chiusa, molto fisica. Il compito di chi giocava dietro di lui era dargli palla, poi ci pensava lui. Il mio non era un assist, era un semplice passaggio: il 98% di quel gol è suo. I campioni sono fatti per quello. Il campione ti risolve la partita in un momento così, senza tanti schemi o tante cose. Il campione è quello che si prende quella responsabilità lì e ti svolta la partita".

Su Weah: "Non era arrivato giovanissimo lui al Milan, era arrivato quindi nel pieno della maturità fisica e mentale. Poi ha trovato un ambiente giusto per la sua personalità e aveva trovato Marco Simone che lo aveva accolto sia in squadra sia in casa, perchè nel primo periodo è stato da lui a vivere. Un giocatore straordinario".

Sul goal di Weah contro il Verona: "C'era anche incredulità in quel momento. Poi abbracciò un signore che era lì che lavorava e lo intervistarono il giorno dopo. Non sapeva chi abbracciare, era sfinito e abbracciò quel signore".

"Qualcuno stava andando, la partita era quasi finita. Un giocatore clamoroso, era in grado di segnare in area di rigore come prendere palla e fare gol. In quel momento era realmente ad un livello di onnipotenza clamoroso".

Su Shevchenko: "A differenza di Weah, lui era arrivato in un momento di vita diverso. George era un uomo, arrivava in un club con una forza fisica e mentale diversa. Sheva era un ragazzino, aveva fatto esperienza nel suo Paese. Entrava in una nuova realtà, in una nuova città".

"George arrivava da Parigi, Sheva da Kiev. Era un ragazzo molto timido che si approcciava anche alla lingua italiana con tutte le difficoltà del caso. Arrivava con grandi aspettative. Forse Sheva aveva in maniera marcata l'ambizione: aveva una tenacia e una forza mentale  straordinaria nonostante fosse un giovane. Il fuoco lui ce l'ha dentro".

"Aveva abitudini di vita e di educazione, è un ragazzo composto ed è difficile che esterni completamente quello che ha dentro, ma quello che ha dentro gli ha permesso di essere quello che poi è stato. Nella singola giocata, se tu hai qualcosa dentro la fai con una cattiveria e una determinazione che ti fa segnare dei gol, ti fa fare quello che ha fatto lui per anni".

Sul gol di Shevchenko al Bari: "Lui si è costruito strada facendo al Milan. Arrivava con poco calcio di alto livello, quindi quello che lui ha fatto se l'è costruito strada facendo. Le qualità che lo hanno portato al Milan le ha aumentate costantemente".

"Quello che tutti dicevamo di Sheva era che lui come tirava faceva gol. Oltre a quel gol lì che è la rappresentazione della sua forza fisica, lui in realtà era uno che anche in area di rigore se si girava e calciava, la porta la prendeva. Era uno che se intuiva ci fosse la possibilità di segnare, in un modo o nell'altro riusciva a trovare come farlo". Riserve nel Milan, titolari ai Mondiali: due rossoneri cercano gloria >>>

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