La sua carriera, infatti, era stata un'eterna lotta contro un nemico invisibile: un difetto congenito alla cartilagine della caviglia. Quattro interventi chirurgici, dolori costanti e una battaglia estenuante che alla fine, a soli 30 anni, lo aveva costretto ad alzare bandiera bianca. La sua ultima partita, giocata a 28 anni, era stata la finale di Coppa dei Campioni persa contro l'Olympique Marsiglia, in cui aveva stretto i denti per resistere fino alla fine.
Un saluto senza lacrime, ma con tanta emozione
—Il 18 agosto, Van Basten si presenta a San Siro con un abbigliamento iconico: jeans, camicia rosa e una giacca di renna. Scende in campo e lo stadio intero si alza in piedi, omaggiandolo con un'ovazione che gli spezza il cuore e gli fa scendere quelle lacrime che aveva tanto cercato di trattenere.
Nonostante il ritiro, le sue parole di quel giorno restano un testamento di umiltà e saggezza. Van Basten rassicura tutti sul futuro del Milan e sulla grandezza dei suoi compagni, da Baggio a Weah, rifiutando persino l'idea di ritirare la maglia numero 9. Un gesto che dimostra la sua modestia e il suo profondo rispetto per il calcio e per il club che lo ha accolto come un figlio.
L'addio di Van Basten non fu solo un momento di tristezza, ma la celebrazione di una carriera straordinaria, segnata dal genio, dall'eleganza e da una forza d'animo incredibile. Quella sera, in mezzo al prato di San Siro, una giacca di renna divenne il simbolo immortale di un campione che ha vinto tutto, tranne la sua lotta più importante.
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