E ora? Ibra sembra essere scomparso. Si vede sempre al seguito della squadra, a 'San Siro' e in trasferta, come l'anno passato, vero. Ma è sempre meno presente sulla stampa. Sembra defilato, quasi avulso da ciò che succede realmente intorno al Milan. In realtà non è così. Zlatan è semplicemente tornato a fare ciò che Gerry Cardinale gli aveva promesso sin dall'inizio: imprimere il proprio marchio in ogni settore del club (dal campo al mercato, dal marketing al settore giovanile, passando per l'espansione del brand AC Milan nel mondo) in maniera netta, decisa. Ma senza doversi per forza assumersi responsabilità che non gli sarebbero mai spettate.
Zlatan ha indicato Tare come DS e ha avallato l'arrivo di Allegri
—Poca azione (più che altro nel progetto Milan Futuro, che gestisce con l'amico dirigente Jovan Kirovski, ma chissà fino a quando resterà lo statunitense ...), poco show davanti ai riflettori. Ma tanto, tantissimo lavoro oscuro. E scelte, di campo e mercato, ben definite. Non va dimenticato come sia stato Ibrahimovic il primo a suggerire a Cardinale di rimpiazzare la coppia Maldini-Massara con l'ingaggio di Igli Tare. L'amministratore delegato Giorgio Furlani, dopo averci provato con Fabio Paratici prima e Tony D'Amico poi, alla fine è tornato su quanto aveva indicato Zlatan.
Ed è vero che è stato Tare, successivamente, ad indicare ai dirigenti di assumere Allegri come allenatore. Ma è altrettanto vero come Ibra, che con Allegri, dopo un Arsenal-Milan 3-0 del 6 marzo 2012 in Champions League, aveva avuto un fortissimo litigio, abbia accantonato vecchie ruggini e optato per la scelta del livornese. Il tutto per amore del Milan. Perché a Zlatan gli si può imputare tutto, anche i peggiori sbagli. Ma non quello di non amare i colori rossoneri. Le lacrime, copiose, versate in campo, davanti a 80mila spettatori, dallo scandinavo più famoso al mondo dopo Odino e Thor nel giorno dell'addio al calcio e al Milan chi le dimenticherà mai.
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